lunedì 12 aprile 2010

Finiani

E i finiani si mettono al Lavoro per fare il contropiede al Pdl di Antonio Signorini

Roma - Prima delle riforme istituzionali c’è l’economia. E, soprattutto, il lavoro. Lo aveva detto nei giorni scorsi il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Ma tra venerdì e ieri lo hanno ribadito con ancora più forza quelli di Generazione Italia, organizzazione vicina al presidente della Camera Gianfranco Fini. Nei giorni scorsi sul sito di Gi era comparso l’auspicio che nel dibattito sulle riforme trovi spazio, accanto a leggi elettorali e forme di governo, anche il fisco. Venerdì è stata la volta di un’analisi del presidente della commissione Lavoro della Camera Silvano Moffa, dove si auspica la revisione dello Statuto dei lavoratori. La ricetta di Moffa è la stessa del governo. «Già questo è tanto», ironizzavano ieri esponenti del Pdl, che temevano un nuovo fronte con i finiani. Che è stato puntualmente aperto. Il sospetto è che la «corrente finiana» voglia mettere il cappello su una riforma che il governo ha quasi completato. O, peggio, che voglia far saltare il banco delle riforme istituzionali. Come a dire: parliamo di lavoro e non di chiacchiere elettorali. Ieri sera l’affondo di Generazione Italia, che ha chiarito una volta per tutte la posizione di un pezzo di Pdl sulle riforme. «Siamo convinti - ha scritto Gianmario Mariniello - che prima di tutto per il nostro Paese e per il nostro futuro siano necessarie le riforme economiche e sociali. Siamo in buona compagnia: secondo un Sondaggio Crespi Ricerche in esclusiva per Generazione Italia, 85 italiani su 100 non sanno cosa sia il semipresidenzialismo, il modello francese e via dicendo. Il 75% degli italiani ritiene lavoro e disoccupazione le priorità. La seconda priorità degli italiani è la ripresa economica, necessaria per reagire alla crisi internazionale. Solo un italiano su dieci ritiene prioritarie le riforme istituzionali. E addirittura un misero 6% chiede la riforma della Giustizia». Il primo a esprimersi in questi termini era stato Pier Luigi Bersani. Venerdì, mentre tutti si interrogavano su maggioritario, proporzionale e presidenzialismo, il segretario del Pd chiedeva di rimettere al centro proprio l’occupazione: «Se Berlusconi fosse disponibile a discutere di come facciamo a dare lavoro anche ai giovani sarei disposto ad andare ad Arcore a piedi». Con tutta probabilità un tentativo di distrarre l’attenzione e dichiarare la propria indisponibilità a parlare di riforme istituzionali. Lo scetticismo di Bersani ha quindi trovato una eco in Generazione Italia. Anche se su questi temi Gi sembra pensarla come il governo. Moffa ha citato il Libro bianco di Marco Biagi e lo Statuto dei lavori, auspicando una revisione dello Statuto dei lavoratori. Peccato che la riforma sia già in cantiere da tempo al ministero guidato da Maurizio Sacconi. E peccato che i governi cerchino sempre di sottrarre questi temi al dibattito politico per affidarlo al confronto con i diretti interessati: sindacati e associazioni delle imprese. Nell’agenda del governo il tema non è mai tramontato. Il completamento della riforma ispirata alle idee di Marco Biagi - ha annunciato proprio ieri il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - resta l’impegno prioritario e si concretizzerà entro maggio in un piano triennale che comprende il nuovo Statuto dei lavori, che sostituirà quello dei lavoratori del 1970. E non è un mistero che Sacconi voglia legare il suo nome alla riforma economica più attesa, quella degli ammortizzatori sociali. Il Pd è intenzionato a dare battaglia. Ieri Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, ha annunciato che il partito ripresenterà tutti gli emendamenti alla delega sul lavoro che contiene le norme sull’arbitrato. E già si dichiara indisponibile a discutere del piano triennale annunciato da Sacconi: «I titoli già ci preoccupano». Sindacati e aziende si dicono comunque ottimisti. Pensano che il confronto sulla riforma non potrà risentire più di tanto del clima che grava su altri temi, dalla giustizia alle regole della democrazia.

2 commenti:

Massimo ha detto...

Le parole di Bondi su Fini, pur estremamente ovattate, indicano che ormai si è giunti ad un passo dalla rottura tra Berlusconi e Fini ... e facciamolo quel passo !

Eleonora ha detto...

Noi senza dubbio ce ne faremo una ragione... ma Fini avrà il coraggio di andarsene e chiudersi la porta alle spalle? Io dico di no.