mercoledì 21 aprile 2010

Generazione italia


“Poche idee ma ben confuse”: così verrebbe da commentare la posizione assunta da Generazione Italia, l'embrione di partito in via di costituzione per iniziativa di Gianfranco Fini, leggendo l'articolo di qualche giorno fa di Gianmario Mariniello, uno dei principali animatori di GI che, riportando i dati di un sondaggio effettuato da Crespi Ricerche,- esaltava l'importanza delle riforme economiche, sottolineando al tempo stesso come ben 85 italiani su 100 non conoscerebbero il significato del termine semi-presidenzialismo e solo un misero 6% chiederebbe la riforma della Giustizia.

Senonché; appena l'altro ieri lo stesso Gianfranco Fini ha dichiarato che "la politica deve saper costruire un consenso vero, effettivo, profondo, che non venga solo dall'inseguimento incessante dei mutevoli orientamenti dell'opinione pubblica e che il consenso si deve basare su un progetto di crescita capace di coinvolgere tutti''. Dalle parti di Generazione Italia farebbero bene dunque a mettersi d'accordo. Si può decidere di costruire una proposta politica affidandosi a Crespi Ricerche (o a qualsiasi altro sondaggista) e di soddisfare gli umori degli italiani, quali che siano.

Diversamente, come sembra intendere il Presidente della Camera, una proposta politica – che certamente non può prescindere dalle necessità e dagli umori degli amministrati ma nemmeno può appiattirsi su questi – deve assumersi un ruolo più grande: quello di disegnare uno Stato, un sistema, intendendo il termine nella sua accezione più ampia.

Perché, diciamo la verità: la proverbiale casalinga di Voghera sarà pure esperta riguardo il prezzo al chilo del radicchio trevigiano piuttosto che sulle oscillazioni di prezzo dei pomodori san Marzano ma di sistemi istituzionali, di forme di stato e di governo, di sistemi elettorali, di separazione delle carriere e di obbligatorietà dell'azione penale, non si occupa né si interessa. Ma questo non può significare che la politica debba o possa disinteressarsi dei temi che, al contrario, costituiscono l'ossatura del sistema Stato.

E, infine, proprio a proposito di giustizia. Con il dovuto rispetto per l'istituto di Crespi, pare davvero misero quel 6% che chiederebbe la riforma della giustizia. In altre parole, il 94% dei nostri concittadini sarebbe sostanzialmente soddisfatto dello svolgimento di come vanno le cose nelle nostre aule di giustizia. Cinque milioni di cause pendenti, la personale esperienza di venti anni di esercizio della professione forense, dieci anni di durata media del processo civile e mille altre cose, sembrano parlare di un'altra realtà. Che certamente non sarà quella di Voghera ma che, non per questo, può essere ignorata.

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