Le parole possono fare la differenza. Un vecchio detto recitava: "Ferisce più la penna che la spada" e il Presidente Obama sembra essere dello stesso avviso. Nei giorni scorsi è stato annunciato l'intento di operare una sostituzione di alcuni termini all'interno del National Security Strategy, un documento modificato l'ultima volta dal Presidente Bush nel 2006 e che delinea i temi caldi della sicurezza e presenta le tecniche per affrontarli. Parliamo di espressioni come "radicalismo islamico" o frasi ancora presenti nel documento come "La lotta contro il radicalismo islamico militante è il grande conflitto ideologico dei primi anni del XXI secolo". Questa attenzione del Presidente Obama nei confronti delle parole sembra far parte di una più ampia volontà da parte della sua amministrazione di mostrare al mondo musulmano che gli Stati Uniti non intendono collegarlo al terrorismo. Già nel 2008 ai funzionari statunitensi era stato consigliato di evitare l'uso di termini "islamico" e "musulmano", come anche "jihad" e "mujaheddin" per riferirsi a gruppi come al-Qaeda. La guida che era stata pubblicata "Words that Work and Words that Don't: A Guide for Counter-Terrorism Communication" suggeriva espressioni alternative come "terroristi" o "estremisti violenti" per evitare di dare ancora più credito a una visione di "Islam contro Occidente" che è proprio quella supportata dai gruppi estremisti, oltre a legittimare involontariamente il carattere islamico che questi gruppi vogliono arrogarsi. A due anni di distanza i consiglieri di Barack Obama si trovano nuovamente a insistere su questo punto. Sarà il correggere qualche parola a fare la differenza nei rapporti con il mondo musulmano? Sicuramente no. Ma una maggiore sensibilità e attenzione da parte di tutti, mass media per primi, nel trattare queste tematiche può certamente aiutare a cambiare la percezione che gli "occidentali" hanno di questo fenomeno dell'estremismo che si autoproclama islamico. Il direttore esecutivo nazionale del Cair (Consiglio per le relazioni americano-islamiche) Nihad Awad ha dichiarato ieri in un comunicato stampa: "Accogliamo il cambiamento di linguaggio da parte dell'amministrazione Obama come un nuovo passo di avvicinamento rispettoso e efficace verso i musulmani qui [negli Stati Uniti] e all'estero". La speranza è quella che anche i giornalisti e commentatori adottino questo tipo di linguaggio neutro, ma anche che vengano affrontate le questioni politiche che stanno maggiormente a cuore alla comunità musulmana mondiale, come la presenza delle truppe in Iraq e Afghanistan e il conflitto israelo-palestinese.
domenica 18 aprile 2010
United states of america
Non si parlerà più di radicalismo islamico nei documenti ufficiali. Il Presidente Barack Obama opta per non far comparire più l'espressione "radicalismo islamico" nel National Security Strategy per evitare collegamenti generalizzati fra Islam e terrorismo. Questo cambiamento arriverà a influenzare anche i mass media? di Elena Dini
Le parole possono fare la differenza. Un vecchio detto recitava: "Ferisce più la penna che la spada" e il Presidente Obama sembra essere dello stesso avviso. Nei giorni scorsi è stato annunciato l'intento di operare una sostituzione di alcuni termini all'interno del National Security Strategy, un documento modificato l'ultima volta dal Presidente Bush nel 2006 e che delinea i temi caldi della sicurezza e presenta le tecniche per affrontarli. Parliamo di espressioni come "radicalismo islamico" o frasi ancora presenti nel documento come "La lotta contro il radicalismo islamico militante è il grande conflitto ideologico dei primi anni del XXI secolo". Questa attenzione del Presidente Obama nei confronti delle parole sembra far parte di una più ampia volontà da parte della sua amministrazione di mostrare al mondo musulmano che gli Stati Uniti non intendono collegarlo al terrorismo. Già nel 2008 ai funzionari statunitensi era stato consigliato di evitare l'uso di termini "islamico" e "musulmano", come anche "jihad" e "mujaheddin" per riferirsi a gruppi come al-Qaeda. La guida che era stata pubblicata "Words that Work and Words that Don't: A Guide for Counter-Terrorism Communication" suggeriva espressioni alternative come "terroristi" o "estremisti violenti" per evitare di dare ancora più credito a una visione di "Islam contro Occidente" che è proprio quella supportata dai gruppi estremisti, oltre a legittimare involontariamente il carattere islamico che questi gruppi vogliono arrogarsi. A due anni di distanza i consiglieri di Barack Obama si trovano nuovamente a insistere su questo punto. Sarà il correggere qualche parola a fare la differenza nei rapporti con il mondo musulmano? Sicuramente no. Ma una maggiore sensibilità e attenzione da parte di tutti, mass media per primi, nel trattare queste tematiche può certamente aiutare a cambiare la percezione che gli "occidentali" hanno di questo fenomeno dell'estremismo che si autoproclama islamico. Il direttore esecutivo nazionale del Cair (Consiglio per le relazioni americano-islamiche) Nihad Awad ha dichiarato ieri in un comunicato stampa: "Accogliamo il cambiamento di linguaggio da parte dell'amministrazione Obama come un nuovo passo di avvicinamento rispettoso e efficace verso i musulmani qui [negli Stati Uniti] e all'estero". La speranza è quella che anche i giornalisti e commentatori adottino questo tipo di linguaggio neutro, ma anche che vengano affrontate le questioni politiche che stanno maggiormente a cuore alla comunità musulmana mondiale, come la presenza delle truppe in Iraq e Afghanistan e il conflitto israelo-palestinese.
Le parole possono fare la differenza. Un vecchio detto recitava: "Ferisce più la penna che la spada" e il Presidente Obama sembra essere dello stesso avviso. Nei giorni scorsi è stato annunciato l'intento di operare una sostituzione di alcuni termini all'interno del National Security Strategy, un documento modificato l'ultima volta dal Presidente Bush nel 2006 e che delinea i temi caldi della sicurezza e presenta le tecniche per affrontarli. Parliamo di espressioni come "radicalismo islamico" o frasi ancora presenti nel documento come "La lotta contro il radicalismo islamico militante è il grande conflitto ideologico dei primi anni del XXI secolo". Questa attenzione del Presidente Obama nei confronti delle parole sembra far parte di una più ampia volontà da parte della sua amministrazione di mostrare al mondo musulmano che gli Stati Uniti non intendono collegarlo al terrorismo. Già nel 2008 ai funzionari statunitensi era stato consigliato di evitare l'uso di termini "islamico" e "musulmano", come anche "jihad" e "mujaheddin" per riferirsi a gruppi come al-Qaeda. La guida che era stata pubblicata "Words that Work and Words that Don't: A Guide for Counter-Terrorism Communication" suggeriva espressioni alternative come "terroristi" o "estremisti violenti" per evitare di dare ancora più credito a una visione di "Islam contro Occidente" che è proprio quella supportata dai gruppi estremisti, oltre a legittimare involontariamente il carattere islamico che questi gruppi vogliono arrogarsi. A due anni di distanza i consiglieri di Barack Obama si trovano nuovamente a insistere su questo punto. Sarà il correggere qualche parola a fare la differenza nei rapporti con il mondo musulmano? Sicuramente no. Ma una maggiore sensibilità e attenzione da parte di tutti, mass media per primi, nel trattare queste tematiche può certamente aiutare a cambiare la percezione che gli "occidentali" hanno di questo fenomeno dell'estremismo che si autoproclama islamico. Il direttore esecutivo nazionale del Cair (Consiglio per le relazioni americano-islamiche) Nihad Awad ha dichiarato ieri in un comunicato stampa: "Accogliamo il cambiamento di linguaggio da parte dell'amministrazione Obama come un nuovo passo di avvicinamento rispettoso e efficace verso i musulmani qui [negli Stati Uniti] e all'estero". La speranza è quella che anche i giornalisti e commentatori adottino questo tipo di linguaggio neutro, ma anche che vengano affrontate le questioni politiche che stanno maggiormente a cuore alla comunità musulmana mondiale, come la presenza delle truppe in Iraq e Afghanistan e il conflitto israelo-palestinese.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento