mercoledì 21 aprile 2010
La svizzera e i convertiti
Il Consiglio centrale islamico è una minaccia per la sicurezza del Paese. Lo ha affermato di recente il direttore dell’Ufficio federale della migrazione (UFM). I diretti interessati respingono le accuse. Fra gli svizzeri convertiti all’islam ci sono delle persone che intendono creare una «società completamente diversa», ha detto di recente al domenicale NZZ am Sonntag il direttore dell’Ufficio federale della migrazione (UFM) Alard du Bois-Reymond. Secondo quest’ultimo, questa idea avrebbe già fornito «terreno fertile per potenziali terroristi» in Germania e in Gran Bretagna.
Anche la rivista settimanale svizzero tedesca Weltwoche ha criticato aspramente Nicolas Blancho, convertito all’islam e presidente del Consiglio centrale islamico svizzero (CCIS), definendolo «il radicale islamico più pericoloso in Svizzera». Uno degli obiettivi a lungo termine del CCIS (Islamischen Zentralrat Schweiz, IZRS) è la creazione di scuole coraniche grazie alle quali sarebbe possibile risolvere alcuni problemi cui i bambini musulmani sono confrontati nelle scuole pubbliche, come - per esempio - le lezioni di nuoto miste.
Alla luce del sole
Le accuse di fomentare il terrorismo sono state rimandate al mittente da parte del portavoce del CCIS, Qaasim Illi, anch’egli un convertito. Infatti non esisterebbero analogie fra ciò che avviene in Svizzera e i convertiti all’islam, coinvolti in attività terroristiche, degli altri Stati.
«Questi convertiti hanno mai parlato in pubblico, si sono mai impegnati per qualche ideale o fine politico? Certo che no!», ha sottolineato Illi. «Il Consiglio centrale islamico svizzero ha agito sempre alla luce del sole e le nostre attività rispettano la legge».
Il CCIS, con sede a Berna, è stato creato in ottobre, prima che il popolo elvetico si esprimesse sulla votazione contro l’edificazione di minareti in Svizzera. La nuova organizzazione intende continuare la campagna di informazione sulla religione musulmana e diventare il rappresentante riconosciuto dell’islam tradizionale nella Confederazione.
Illi respinge pure le altre accuse espresse ancora sulla Weltwoche secondo cui il CCIS vorrebbe introdurre la sharia. Questa legge, afferma Illi, «può essere applicata soltanto in uno Stato islamico». «Noi chiediamo il rispetto dei nostri diritti, ma rispettiamo anche quelli degli altri. In Svizzera, una donna musulmana non deve portare il velo, se non vuole. Può convertirsi al cristianesimo, se lo desidera».
Un forte ascendente sui giovani
Ma il CCIS è un’organizzazione controversa sia all’interno che all’esterno della comunità islamica elvetica. Saïda Keller-Massahli, presidente del Forum per un islam progressista, ha infatti affermato sulla Weltwoche che Illi e Blancho, malgrado trasmettano un’immagine amica e tollerante in pubblico, sono pericolosi.
«Stanno adescando giovani musulmani e no che sono alla ricerca di una dottrina chiara», ha affermato Keller-Massahli, descrivendoli come persone che desiderano vedere un mondo in bianco e nero. La presidente del forum ha inoltre dichiarato che il «consiglio sta diffondendo un’ideologia pericolosa, che è in disaccordo con la costituzione elvetica». Un altro importante esponente della comunità islamica in Svizzera, Hisham Maizar della Federazione delle organizzazioni islamiche svizzere (Fois) ha affermato al quotidiano zurighese Tages Anzeiger che il CCIS «attira giovani senza prospettive», ma avverte che un divieto renderebbe il consiglio maggiormente attrattivo.
Il rovescio della medaglia
Larbi Guesmi, che conduce spesso le preghiere per la comunità musulmana di Neuchâtel, ha una visione più sfumata. «Io giudico le idee di Blancho insolite, non estremiste - spiega a swissinfo.ch. Rimangono comunque idee, sulle quali si può discutere, così come avviene in una società pluralista». Anche la ricercatrice della Università di Berna Susanne Leuenberger, che sta scrivendo in questo momento una tesi di dottorato sugli svizzeri convertiti all’islam, è incline a credere che non ci sia nulla dietro a quanto afferma in pubblico il CCIS. «Possiamo sospettare di tutti, anche del governo. È ciò che fa la gente con le minoranze quando vuole tenerle d’occhio», sostiene Leuenberger che ha partecipato a vari incontri del consiglio.
La studiosa dell’islam crede inoltre che i giovani siano attratti dal CCIS, poiché questa organizzazione sta facendo qualcosa per loro, si avvale di un sito internet ben concepito e invita spesso dei validi oratori. Sono specialmente i musulmani di lunga data a rimproverare il CCIS di voler attirare a sé gli adolescenti in difficoltà. Il punto di vista del portavoce del consiglio è diametralmente diverso: «Siamo attrattivi per i giovani, perché prendiamo sul serio i loro problemi».
Julia Slater, swissinfo.ch (Traduzione e adattamento dall’inglese, Luca Beti)
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