lunedì 13 aprile 2009

Turchia

Qual è il prezzo della Turchia in Europa? di Maurizio de Santis

La Turchia è dunque il grimaldello con il quale la Casa Bianca punta ad inserirsi nello scacchiere euro-mediterraneo. Barak Obama crede fermamente che gli Stati Uniti possano svolgere, in modo efficace, quel ruolo di mediazione fra mondo islamico ed Unione Europea, alla stregua di quanto già tentato da Ankara tra Israele e Siria. Parlando dinanzi al Parlamento, Obama è stato artefice di un vero miracolo politico. Nell’aula, difatti, erano riuniti per l'occasione, in rigorosa pompa magna, i più alti gradi dell'esercito. Gente, per capirci, che si rifiutava di presenziare l’aula legislativa, causa la presenza dei deputati curdi. L’arrivo di Obama era stato preceduto da una malcelata diffidenza, dovuta a sempiterni timori legati al genocidio armeno. Ma, quando il presidente statunitense ha evitato di menzionare la cancrena armena, proponendo anzi un dialogo alla stregua di quello (invero piuttosto fallimentare) arabo-israeliano, l'entusiasmo ha rapidamente prevalso. Ahmet Davutoglu, consigliere del primo ministro (conservatore-islamista), Recep Tayyip Erdogan, non ha esitato coniare il termine di “nuova età d'oro” nelle relazioni turco-americane. Tutto vero? In verità, in Europa sanno bene che accogliere in famiglia uno Stato (islamico fino al midollo), come la Turchia che, per la determinazione con la quale ha azzerato ogni minoranza religiosa nell’ultimo mezzo secolo, parrebbe quasi islamista, comporta delle problematiche serie. Uno Stato di oltre 80 milioni di abitanti, che rappresenterebbe pressoché il 15% della popolazione europea. Con tutte le conseguenze immaginabili a livello di impatto nel parlamento europeo. Esagerazioni? Un’interessante anteprima ce la offre la freschissima diatriba per la successione del segretario generale della NATO. La Turchia, quale membro fortemente strategico dell’alleanza atlantica, ha il suo peso politico. Rapportare quanto successo ad una probabile futura presenza di Ankara nel parlamento europeo, vien da sé. Lo scorso week end, si riuniscono a Strasburgo, i ventotto capi di Stato e di governo della NATO. Cercano l’unanimità per il successore dell'attuale segretario uscente, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, il cui mandato termina il 31 luglio. La stragrande maggioranza dei consensi si coagula attorno al nome di Anders Fogh Rasmussen, 56 anni, primo ministro danese. A facilitare la scelta concorrono i ritiri delle candidature (invero piuttosto deboli) del capo della diplomazia polacca, Radoslaw Sikorski, dell' ex ministro britannico della difesa britannica Brown e del ministro norvegese degli affari esteri, Jonas Gahr Stoere. Ma succede qualcosa. Ankara lascia aleggiare la minaccia di un veto alla candidatura del primo ministro danese, colpevole, in nome della libertà di stampa e d'opinione, di non avere condannato la pubblicazione delle stramaledettissime vignette su Maometto. Gesto, aggiungo io, altamente coraggioso in un momento storico nel quale l’Europa si “appecoronava” alle violenze di piazza islamo-marxiste. Ma il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, che non dimentichiamolo ha formazione più clericale d’un democristiano d’epoca, comunica che, a parer suo, l’elezione di Rasmussen mal sarebbe percepita dai musulmani. Scendendo nel dettaglio, Ankara rimprovererebbe a Rasmussen soprattutto il fatto non aver oscurato la rete televisiva curda (ma che trasmette dalla Danimarca) ROJ TV, vicina al PKK. Nel bailamme, un diplomatico statunitense dichiara a Le Monde: “l'equilibrio tra la libertà d'espressione ed il rispetto per la diversità è un valore che dovremmo proiettare nel mondo”. Di che tipo di equilibrio si tratti ne abbiamo notizia nel pomeriggio del 7 aprile, quando il Consiglio NATO elegge Rasmussen. Il veto turco dissolto come neve al sole. Ma in politica i miracoli non esistono, dunque la spiegazione è meno eterea. Grazie alla mediazione USA (chiamiamola così) la Turchia ottiene garanzie che la Danimarca chiuda l'emittente curda Roj tv. E la promessa che il numero due di Rasmussen alla Nato sia un turco. Obama dovrebbe rammentare un proverbio dei vicini canadesi: Se sei amico dell'orso tieni vicina una scure.

Erdoğan ai turchi in Germania: «Non assimilatevi». «Avremo presidenti turchi in tutti i paesi europei». «I nostri minareti sono le nostre bajonette, le nostre cupole sono i nostri elmi, le nostre moschee sono le nostre caserme e i nostri fedeli sono i nostri soldati»

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