Siamo maledettamente in ritardo. A Londra hanno fatto quello che hanno fatto, in Francia stanno giocando una grande partita alle porte di Strasburgo. In mezza Europa sequestrano odiosi manager, picchettano consigli d’amministrazione, impongono umiliazioni al padronato. Diamine, ma è possibile che soltanto in Italia il movimento sia così pigro, fiacco, pantofolaio? Ma quanto dobbiamo ancora aspettare, perché finalmente la vendetta del proletariato e l’ondata No Global investano anche questo benedetto Paese? Ma cosa deve ancora succedere, perché anche qui si aprano le danze e crollino le prime vetrine? Ma chi siamo noi, figli di nessuno? Con il fiuto che ha, è finalmente Santoro a farsi carico di stimolare i suoi ragazzi. L’ultimo Annozero, prodotto comunque sempre ad alto coefficiente qualitativo, si presenta come un primissimo rito propiziatorio, come una danza della pioggia, perché finalmente anche l’Italia abbia il suo bel sussulto d’orgoglio. «Lacrime e rabbia», il titolo. Anche questa volta c’è il giusto spazio al malessere pesante di disoccupati e cassintegrati, cioè alle lacrime, ma a renderla diversa da tutte le altre volte c’è l’aggiunta della ribellione violenta che dilaga in Europa, cioè della rabbia. Accanto alle donne che perdono il posto, i fatti e i volti di Londra. Ma è quando si passa agli interventi dal pubblico che l’atmosfera e le intenzioni del programma si fanno nettamente più esplicite. Formalmente, è il primo raduno No Global che si tenga in Italia. Almeno in questo periodo. Almeno nelle intenzioni di Santoro. Sempre in attesa che s’inventino qualcosa di più serio e di più operativo, se si svegliano. Adesso che ci siamo persi di vista il popolare Agnoletto (ma dov’è: non sarà che pure lui è finito a dirigere qualche giornale della Confindustria?), Santoro lancia il suo volto nuovo. A molti viene subito spontaneo un collegamento: questo volto non mi è nuovo. Difatti, nuovissimo non è. L’uomo che dalla balaustra sotterra il bieco capitalismo sotto una catasta di feroci condanne è Massimiliano Murgo, sindacalista - poi espulso - della Fiom, a suo tempo finito nell’inchiesta sulle ultime Brigate Rosse, posizione ancora oggi in attesa di epilogo. Ovviamente, nessuno lo dice. Tanto meno lo spiega l’apposita valletta d’alto bordo incaricata delle presentazioni, quella famosa schermitrice prestata - abbastanza inutilmente, diciamolo - al giornalismo. Così, la Rai del servizio pubblico si trova a proporre in pieno dibattito le tesi di una persona sospettata di terrorismo, naturalmente messa lì come voce dell’Italia che lavora. Inutile dire che lui fa benissimo il suo mestiere. È Santoro che ancora una volta fa il suo nel modo più acrobatico, sempre per la serie «diamo voce al popolo sovrano». Anche Murgo ne fa parte, come no: però, vecchio Michele, vediamo di non ciurlare nel manico con le omissioni e con le ambiguità. Dillo, quando giochi pesante. Basta saperlo.Il resto della puntata, peraltro, dimostra chiaramente quale sia la vera idea-guida. Gli interventi esterni, nonché l’assolo di un altro giovane in tribuna, rappresentano tutti la nube plumbea di questa rabbia dilagante, montante, incombente. Santoro cerca di arginare, recita la parte del bravo moderatore, ma ad un certo punto si scoccia e va giù piatto: «Insomma, perché il movimento No Global che anni fa ha messo a nudo i limiti dello sviluppo mondiale, e che adesso Obama sembra fare suo, allora ne è uscito come un movimento di pazzi?». Bella domanda. Domanda giusta. Casini prova a rispondere evocando gli sbocchi di quel movimento, come le memorabili giornate del G8 a Genova, ma è chiaramente ininfluente. Nell’aria c’è attesa. Santoro tradisce quasi impazienza. Il messaggio subliminale della puntata è ormai lanciato: attenzione, anche in Italia qualcosa deve muoversi. Prima o poi. Del resto, è lo stesso presentimento di Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione che ha appena sfilato a Londra con i No Global. Dall’eccitante esperienza è tornato con questa bellissima sensazione: «La rivolta arriverà presto anche in Italia». Sono quelli che aspettano. Sono quelli impazienti. Scrutano i confini come il tenente Drogo (Buzzati, Il deserto dei Tartari), nella speranza che qualcosa succeda. Diamine, non possiamo stare qui con le mani in mano mentre mezza Europa mena le mani. Ovviamente bisogna stare tranquilli: non sarà mai Santoro a lanciare il primo sampietrino. Per quanto fazioso e partigiano, è un uomo che comunque lavora sulle idee. Il suo è solo un auspicio democratico, uno stimolo alla riflessione. Ma come altre volte, nella storia d’Italia, è serio il rischio che qualcuno finisca per fraintendere. Siamo all’Annozero. Tra poco si ricomincia.
sabato 4 aprile 2009
Anno Zero
Il caso L’operaio tipo di Santoro: un sospetto br di Cristiano Gatti
Siamo maledettamente in ritardo. A Londra hanno fatto quello che hanno fatto, in Francia stanno giocando una grande partita alle porte di Strasburgo. In mezza Europa sequestrano odiosi manager, picchettano consigli d’amministrazione, impongono umiliazioni al padronato. Diamine, ma è possibile che soltanto in Italia il movimento sia così pigro, fiacco, pantofolaio? Ma quanto dobbiamo ancora aspettare, perché finalmente la vendetta del proletariato e l’ondata No Global investano anche questo benedetto Paese? Ma cosa deve ancora succedere, perché anche qui si aprano le danze e crollino le prime vetrine? Ma chi siamo noi, figli di nessuno? Con il fiuto che ha, è finalmente Santoro a farsi carico di stimolare i suoi ragazzi. L’ultimo Annozero, prodotto comunque sempre ad alto coefficiente qualitativo, si presenta come un primissimo rito propiziatorio, come una danza della pioggia, perché finalmente anche l’Italia abbia il suo bel sussulto d’orgoglio. «Lacrime e rabbia», il titolo. Anche questa volta c’è il giusto spazio al malessere pesante di disoccupati e cassintegrati, cioè alle lacrime, ma a renderla diversa da tutte le altre volte c’è l’aggiunta della ribellione violenta che dilaga in Europa, cioè della rabbia. Accanto alle donne che perdono il posto, i fatti e i volti di Londra. Ma è quando si passa agli interventi dal pubblico che l’atmosfera e le intenzioni del programma si fanno nettamente più esplicite. Formalmente, è il primo raduno No Global che si tenga in Italia. Almeno in questo periodo. Almeno nelle intenzioni di Santoro. Sempre in attesa che s’inventino qualcosa di più serio e di più operativo, se si svegliano. Adesso che ci siamo persi di vista il popolare Agnoletto (ma dov’è: non sarà che pure lui è finito a dirigere qualche giornale della Confindustria?), Santoro lancia il suo volto nuovo. A molti viene subito spontaneo un collegamento: questo volto non mi è nuovo. Difatti, nuovissimo non è. L’uomo che dalla balaustra sotterra il bieco capitalismo sotto una catasta di feroci condanne è Massimiliano Murgo, sindacalista - poi espulso - della Fiom, a suo tempo finito nell’inchiesta sulle ultime Brigate Rosse, posizione ancora oggi in attesa di epilogo. Ovviamente, nessuno lo dice. Tanto meno lo spiega l’apposita valletta d’alto bordo incaricata delle presentazioni, quella famosa schermitrice prestata - abbastanza inutilmente, diciamolo - al giornalismo. Così, la Rai del servizio pubblico si trova a proporre in pieno dibattito le tesi di una persona sospettata di terrorismo, naturalmente messa lì come voce dell’Italia che lavora. Inutile dire che lui fa benissimo il suo mestiere. È Santoro che ancora una volta fa il suo nel modo più acrobatico, sempre per la serie «diamo voce al popolo sovrano». Anche Murgo ne fa parte, come no: però, vecchio Michele, vediamo di non ciurlare nel manico con le omissioni e con le ambiguità. Dillo, quando giochi pesante. Basta saperlo.Il resto della puntata, peraltro, dimostra chiaramente quale sia la vera idea-guida. Gli interventi esterni, nonché l’assolo di un altro giovane in tribuna, rappresentano tutti la nube plumbea di questa rabbia dilagante, montante, incombente. Santoro cerca di arginare, recita la parte del bravo moderatore, ma ad un certo punto si scoccia e va giù piatto: «Insomma, perché il movimento No Global che anni fa ha messo a nudo i limiti dello sviluppo mondiale, e che adesso Obama sembra fare suo, allora ne è uscito come un movimento di pazzi?». Bella domanda. Domanda giusta. Casini prova a rispondere evocando gli sbocchi di quel movimento, come le memorabili giornate del G8 a Genova, ma è chiaramente ininfluente. Nell’aria c’è attesa. Santoro tradisce quasi impazienza. Il messaggio subliminale della puntata è ormai lanciato: attenzione, anche in Italia qualcosa deve muoversi. Prima o poi. Del resto, è lo stesso presentimento di Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione che ha appena sfilato a Londra con i No Global. Dall’eccitante esperienza è tornato con questa bellissima sensazione: «La rivolta arriverà presto anche in Italia». Sono quelli che aspettano. Sono quelli impazienti. Scrutano i confini come il tenente Drogo (Buzzati, Il deserto dei Tartari), nella speranza che qualcosa succeda. Diamine, non possiamo stare qui con le mani in mano mentre mezza Europa mena le mani. Ovviamente bisogna stare tranquilli: non sarà mai Santoro a lanciare il primo sampietrino. Per quanto fazioso e partigiano, è un uomo che comunque lavora sulle idee. Il suo è solo un auspicio democratico, uno stimolo alla riflessione. Ma come altre volte, nella storia d’Italia, è serio il rischio che qualcuno finisca per fraintendere. Siamo all’Annozero. Tra poco si ricomincia.
Siamo maledettamente in ritardo. A Londra hanno fatto quello che hanno fatto, in Francia stanno giocando una grande partita alle porte di Strasburgo. In mezza Europa sequestrano odiosi manager, picchettano consigli d’amministrazione, impongono umiliazioni al padronato. Diamine, ma è possibile che soltanto in Italia il movimento sia così pigro, fiacco, pantofolaio? Ma quanto dobbiamo ancora aspettare, perché finalmente la vendetta del proletariato e l’ondata No Global investano anche questo benedetto Paese? Ma cosa deve ancora succedere, perché anche qui si aprano le danze e crollino le prime vetrine? Ma chi siamo noi, figli di nessuno? Con il fiuto che ha, è finalmente Santoro a farsi carico di stimolare i suoi ragazzi. L’ultimo Annozero, prodotto comunque sempre ad alto coefficiente qualitativo, si presenta come un primissimo rito propiziatorio, come una danza della pioggia, perché finalmente anche l’Italia abbia il suo bel sussulto d’orgoglio. «Lacrime e rabbia», il titolo. Anche questa volta c’è il giusto spazio al malessere pesante di disoccupati e cassintegrati, cioè alle lacrime, ma a renderla diversa da tutte le altre volte c’è l’aggiunta della ribellione violenta che dilaga in Europa, cioè della rabbia. Accanto alle donne che perdono il posto, i fatti e i volti di Londra. Ma è quando si passa agli interventi dal pubblico che l’atmosfera e le intenzioni del programma si fanno nettamente più esplicite. Formalmente, è il primo raduno No Global che si tenga in Italia. Almeno in questo periodo. Almeno nelle intenzioni di Santoro. Sempre in attesa che s’inventino qualcosa di più serio e di più operativo, se si svegliano. Adesso che ci siamo persi di vista il popolare Agnoletto (ma dov’è: non sarà che pure lui è finito a dirigere qualche giornale della Confindustria?), Santoro lancia il suo volto nuovo. A molti viene subito spontaneo un collegamento: questo volto non mi è nuovo. Difatti, nuovissimo non è. L’uomo che dalla balaustra sotterra il bieco capitalismo sotto una catasta di feroci condanne è Massimiliano Murgo, sindacalista - poi espulso - della Fiom, a suo tempo finito nell’inchiesta sulle ultime Brigate Rosse, posizione ancora oggi in attesa di epilogo. Ovviamente, nessuno lo dice. Tanto meno lo spiega l’apposita valletta d’alto bordo incaricata delle presentazioni, quella famosa schermitrice prestata - abbastanza inutilmente, diciamolo - al giornalismo. Così, la Rai del servizio pubblico si trova a proporre in pieno dibattito le tesi di una persona sospettata di terrorismo, naturalmente messa lì come voce dell’Italia che lavora. Inutile dire che lui fa benissimo il suo mestiere. È Santoro che ancora una volta fa il suo nel modo più acrobatico, sempre per la serie «diamo voce al popolo sovrano». Anche Murgo ne fa parte, come no: però, vecchio Michele, vediamo di non ciurlare nel manico con le omissioni e con le ambiguità. Dillo, quando giochi pesante. Basta saperlo.Il resto della puntata, peraltro, dimostra chiaramente quale sia la vera idea-guida. Gli interventi esterni, nonché l’assolo di un altro giovane in tribuna, rappresentano tutti la nube plumbea di questa rabbia dilagante, montante, incombente. Santoro cerca di arginare, recita la parte del bravo moderatore, ma ad un certo punto si scoccia e va giù piatto: «Insomma, perché il movimento No Global che anni fa ha messo a nudo i limiti dello sviluppo mondiale, e che adesso Obama sembra fare suo, allora ne è uscito come un movimento di pazzi?». Bella domanda. Domanda giusta. Casini prova a rispondere evocando gli sbocchi di quel movimento, come le memorabili giornate del G8 a Genova, ma è chiaramente ininfluente. Nell’aria c’è attesa. Santoro tradisce quasi impazienza. Il messaggio subliminale della puntata è ormai lanciato: attenzione, anche in Italia qualcosa deve muoversi. Prima o poi. Del resto, è lo stesso presentimento di Paolo Ferrero, il segretario di Rifondazione che ha appena sfilato a Londra con i No Global. Dall’eccitante esperienza è tornato con questa bellissima sensazione: «La rivolta arriverà presto anche in Italia». Sono quelli che aspettano. Sono quelli impazienti. Scrutano i confini come il tenente Drogo (Buzzati, Il deserto dei Tartari), nella speranza che qualcosa succeda. Diamine, non possiamo stare qui con le mani in mano mentre mezza Europa mena le mani. Ovviamente bisogna stare tranquilli: non sarà mai Santoro a lanciare il primo sampietrino. Per quanto fazioso e partigiano, è un uomo che comunque lavora sulle idee. Il suo è solo un auspicio democratico, uno stimolo alla riflessione. Ma come altre volte, nella storia d’Italia, è serio il rischio che qualcuno finisca per fraintendere. Siamo all’Annozero. Tra poco si ricomincia.
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