Non avevano ancora le mani nel sacco, ma non bisogna mai fidarsi delle apparenze. Era quasi l’alba, faceva freddo, alle quattro di notte del quindici marzo scorso, e quei due tipi non passavano mai per caso da nessuna parte. Parcheggiata davanti al cancello di quella casa, sotto le mentite spoglie di una berlinetta da travet, c’era nascosta la banda bassotti, il capo, un quarantenne con una lista di precedenti lunga così, e il bocia, ventinove, sulla buona strada per arrivare dov’è arrivato il capo. Quando i carabinieri di Rivalta, provincia torinese, hanno puntato i fari, la banda bassotti armeggiava con una specie di catalogo euronova, una scala, due cacciaviti, una pinza e un paio di walkie talkie. I militari li hanno invitati a scendere dal muretto con le mani a cerchio, che più o meno vuol dire vieni giù di lì o te lo faccio così. Sfiga. Presi in flagranza di reato e processati in un amen. Condannati? Eh, già. Ma in che paese credete di vivere? Liberi invece e subito. E non perché le carceri scoppiano, perché l’indulto perdona l’imperdonabile, perché non ci sono più certezze al mondo, tantomeno della pena. Ma perché la banda bassotti è stata riconosciuta responsabile di un insignificante peccato veniale: aver sbagliato casa da rapinare. Lo hanno confessato goffi e pure un po’ vergognosi, come postini qualsiasi che hanno recapitato un pacco a un indirizzo che non c’è. Certo che sì Vostro Onore, volevamo rubare, ma mica nella casa dove ci hanno beccati, ma nella villa accanto, quella settecentesca, ha presente? quella si che è la grotta di Alì Babà, mica quella villettina da pezzenti. Ah, be’, se è così scusate tanto, ma non potevate dirlo prima? Il Tribunale del Riesame di Torino, paterno, ha così accolto la richiesta della difesa dei due imputati, motivandola così: «A fronte dell’ammissione delle intenzioni delittuose era evidentemente in preparazione un delitto mediante predisposizione di mezzi idonei a forzare, scavalcare e comunicare, tuttavia nonostante l’apparente banalità la vicenda non è così inequivoca come sembrerebbe». Ci avete capito qualche cosa? Noi no. Ma la morale è semplice: se sbagli, soprattutto dimora da svaligiare, non paghi. Sentite come la spiegano i giudici. Roba che sembra scritta dall’ispettore Closeau: «I carabinieri che li hanno visti armeggiare vicino al cancello non hanno meglio precisato il significato concreto della condotta del “con fare sospetto”». Anche perché «la scala a pioli non è chiaro se doveva servire a scavalcare il muro o a consentire la salita al primo piano». Ma quale piede di porco, Vostro Onore, era di una mano di bianco che aveva bisogno l’ingresso.E così dopo la finanza creativa ecco arrivare la giustizia fantasiosa. Adesso si pensa ad altre soluzioni alternative: chi è accusato di pizzo, specie se donna, può chiedere l’autorizzazione a delinquere in corpetto con sottocoppe di raso? Si possono considerare imputabili come socialmente pericolosi detenuti che non sanno nemmeno cosa cacchio vuol dire socialmente pericoloso? Il pedofilo va ancora chiamato porco maledetto o deve essere considerato solo un esibizionista penoso? E soprattutto: esiste una legge che stabilisca la separazione delle carriere tra maghi della finanza americani e ladri fottuti che non siete altro?
domenica 5 aprile 2009
Scarcerazioni
Volevano rubare, ma non lì: scarcerati di Massimo M. Veronese
Non avevano ancora le mani nel sacco, ma non bisogna mai fidarsi delle apparenze. Era quasi l’alba, faceva freddo, alle quattro di notte del quindici marzo scorso, e quei due tipi non passavano mai per caso da nessuna parte. Parcheggiata davanti al cancello di quella casa, sotto le mentite spoglie di una berlinetta da travet, c’era nascosta la banda bassotti, il capo, un quarantenne con una lista di precedenti lunga così, e il bocia, ventinove, sulla buona strada per arrivare dov’è arrivato il capo. Quando i carabinieri di Rivalta, provincia torinese, hanno puntato i fari, la banda bassotti armeggiava con una specie di catalogo euronova, una scala, due cacciaviti, una pinza e un paio di walkie talkie. I militari li hanno invitati a scendere dal muretto con le mani a cerchio, che più o meno vuol dire vieni giù di lì o te lo faccio così. Sfiga. Presi in flagranza di reato e processati in un amen. Condannati? Eh, già. Ma in che paese credete di vivere? Liberi invece e subito. E non perché le carceri scoppiano, perché l’indulto perdona l’imperdonabile, perché non ci sono più certezze al mondo, tantomeno della pena. Ma perché la banda bassotti è stata riconosciuta responsabile di un insignificante peccato veniale: aver sbagliato casa da rapinare. Lo hanno confessato goffi e pure un po’ vergognosi, come postini qualsiasi che hanno recapitato un pacco a un indirizzo che non c’è. Certo che sì Vostro Onore, volevamo rubare, ma mica nella casa dove ci hanno beccati, ma nella villa accanto, quella settecentesca, ha presente? quella si che è la grotta di Alì Babà, mica quella villettina da pezzenti. Ah, be’, se è così scusate tanto, ma non potevate dirlo prima? Il Tribunale del Riesame di Torino, paterno, ha così accolto la richiesta della difesa dei due imputati, motivandola così: «A fronte dell’ammissione delle intenzioni delittuose era evidentemente in preparazione un delitto mediante predisposizione di mezzi idonei a forzare, scavalcare e comunicare, tuttavia nonostante l’apparente banalità la vicenda non è così inequivoca come sembrerebbe». Ci avete capito qualche cosa? Noi no. Ma la morale è semplice: se sbagli, soprattutto dimora da svaligiare, non paghi. Sentite come la spiegano i giudici. Roba che sembra scritta dall’ispettore Closeau: «I carabinieri che li hanno visti armeggiare vicino al cancello non hanno meglio precisato il significato concreto della condotta del “con fare sospetto”». Anche perché «la scala a pioli non è chiaro se doveva servire a scavalcare il muro o a consentire la salita al primo piano». Ma quale piede di porco, Vostro Onore, era di una mano di bianco che aveva bisogno l’ingresso.E così dopo la finanza creativa ecco arrivare la giustizia fantasiosa. Adesso si pensa ad altre soluzioni alternative: chi è accusato di pizzo, specie se donna, può chiedere l’autorizzazione a delinquere in corpetto con sottocoppe di raso? Si possono considerare imputabili come socialmente pericolosi detenuti che non sanno nemmeno cosa cacchio vuol dire socialmente pericoloso? Il pedofilo va ancora chiamato porco maledetto o deve essere considerato solo un esibizionista penoso? E soprattutto: esiste una legge che stabilisca la separazione delle carriere tra maghi della finanza americani e ladri fottuti che non siete altro?
Non avevano ancora le mani nel sacco, ma non bisogna mai fidarsi delle apparenze. Era quasi l’alba, faceva freddo, alle quattro di notte del quindici marzo scorso, e quei due tipi non passavano mai per caso da nessuna parte. Parcheggiata davanti al cancello di quella casa, sotto le mentite spoglie di una berlinetta da travet, c’era nascosta la banda bassotti, il capo, un quarantenne con una lista di precedenti lunga così, e il bocia, ventinove, sulla buona strada per arrivare dov’è arrivato il capo. Quando i carabinieri di Rivalta, provincia torinese, hanno puntato i fari, la banda bassotti armeggiava con una specie di catalogo euronova, una scala, due cacciaviti, una pinza e un paio di walkie talkie. I militari li hanno invitati a scendere dal muretto con le mani a cerchio, che più o meno vuol dire vieni giù di lì o te lo faccio così. Sfiga. Presi in flagranza di reato e processati in un amen. Condannati? Eh, già. Ma in che paese credete di vivere? Liberi invece e subito. E non perché le carceri scoppiano, perché l’indulto perdona l’imperdonabile, perché non ci sono più certezze al mondo, tantomeno della pena. Ma perché la banda bassotti è stata riconosciuta responsabile di un insignificante peccato veniale: aver sbagliato casa da rapinare. Lo hanno confessato goffi e pure un po’ vergognosi, come postini qualsiasi che hanno recapitato un pacco a un indirizzo che non c’è. Certo che sì Vostro Onore, volevamo rubare, ma mica nella casa dove ci hanno beccati, ma nella villa accanto, quella settecentesca, ha presente? quella si che è la grotta di Alì Babà, mica quella villettina da pezzenti. Ah, be’, se è così scusate tanto, ma non potevate dirlo prima? Il Tribunale del Riesame di Torino, paterno, ha così accolto la richiesta della difesa dei due imputati, motivandola così: «A fronte dell’ammissione delle intenzioni delittuose era evidentemente in preparazione un delitto mediante predisposizione di mezzi idonei a forzare, scavalcare e comunicare, tuttavia nonostante l’apparente banalità la vicenda non è così inequivoca come sembrerebbe». Ci avete capito qualche cosa? Noi no. Ma la morale è semplice: se sbagli, soprattutto dimora da svaligiare, non paghi. Sentite come la spiegano i giudici. Roba che sembra scritta dall’ispettore Closeau: «I carabinieri che li hanno visti armeggiare vicino al cancello non hanno meglio precisato il significato concreto della condotta del “con fare sospetto”». Anche perché «la scala a pioli non è chiaro se doveva servire a scavalcare il muro o a consentire la salita al primo piano». Ma quale piede di porco, Vostro Onore, era di una mano di bianco che aveva bisogno l’ingresso.E così dopo la finanza creativa ecco arrivare la giustizia fantasiosa. Adesso si pensa ad altre soluzioni alternative: chi è accusato di pizzo, specie se donna, può chiedere l’autorizzazione a delinquere in corpetto con sottocoppe di raso? Si possono considerare imputabili come socialmente pericolosi detenuti che non sanno nemmeno cosa cacchio vuol dire socialmente pericoloso? Il pedofilo va ancora chiamato porco maledetto o deve essere considerato solo un esibizionista penoso? E soprattutto: esiste una legge che stabilisca la separazione delle carriere tra maghi della finanza americani e ladri fottuti che non siete altro?
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