venerdì 10 aprile 2009

Libertà?

Napolitano e la libertà di stampa di Perla

Il capo dello stato, il garante di tutte le garanzie garantite dalla carta costituzionale, tra le quali svetta la libertà dell’informazione e di chi la fa, ha un po' sbroccato! Premesso che la categoria degli inviati delle varie testate giornalistiche ha dato pessima prova di sé in molti momenti di queste lunghe e drammatiche giornate post-terremoto e che alcuni di loro si sono attirati pesanti improperi più che meritati anche dal pubblico pagante e non, la reazione scomposta del presidente Napolitano appare tuttavia inadeguata quanto irrispettosa della sua e dell’altrui funzione. Non si tratta solo di una caduta di stile ma di un cedimento strutturale di questa figura istituzionale, dietro la cui reazione si scorge una intima antipatia verso la professione fisiologicamente più invadente e scostumata del mondo. Egli però non vive a Palazzo tra i lussi, profumatamente stipendiato dagli italiani, per imporre censure vietate dall’art. 21 della Costituzione. Tra parentesi, non serve affatto essere degli indovini per immaginare come avrebbe reagito la categoria se “Non rompete!” lo avesse intimato l’attuale presidente del consiglio; avremmo assistito a reazioni a catena molto infuriate e tutti coloro che sull’articolo 21 hanno basato la loro carriera politica non sarebbero certo rimasti silenti come sono silenti oggi. Ma mentre del capo del governo non si accetta, senza strepitare per giorni, la più innocua delle irritualità, al capo dello stato si concede questo sgarbo e molto altro, per quanto discutibile possa essere il suo comportamento.Il presidente della repubblica non ha né il diritto né il dovere di sbottare come fosse un telespettatore qualunque, umiliando chi, piaccia o no, sta lavorando per vivere. Nessuno si attendeva di vedere l’ordine dei giornalisti, la Fnsi, Tonino Di Pietro, Marco Travaglio, Beppe Grillo, Sabina Guzzanti e tanti altri veterani e reduci dei girotondi circondare mano nella mano il palazzo del Quirinale, ma almeno una appena percettibile inarcata dei sopraccigli sarebbe stato meglio di niente. E su youtube? Neppure un video tormentone col presidente che ripete agli operatori della libera stampa: “Non rompete!”?

2 commenti:

100% Antikomunista ha detto...

ASSOLTI I ROMENI SCIACALLI DELL'ABRUZZO PER UN CAVILLO... SONO ENTRATI, MA NON HANNO FATTO IN TEMPO A RUBARE !!!!!

GIUDICI MERDE

Come prevedibile, dopo la richiesta di assoluzione dello stesso pm, il giudice Giuseppe Romano Gargarella ha assolto dall'accusa di tentato furto aggravato i quattro romeni fermati questa mattina a San Quirico d'Ocre, oggetto del primo processo per direttissima contro presunti sciacalli istituito a L'Aquila dopo il terremoto. Il giudice ha condannato solo uno dei quattro accusati, Daniel Vicu, 29 anni, a sei mesi (pensa sospesa) per la detenzione di arnesi da scasso rinvenuti nella sua auto.

I carabinieri avevano scoperto questa mattina che Elena Vicu, 51 anni, si era introdotta nell'abitazione dell'anziano di cui era la badante prima che l'abitazione venisse sfollata per il sisma. La donna era entrata con le chiavi, mentre Stefania e Ian Popa, ed il figlio di Elena Vicu, Daniel, aspettavano fuori con degli arnesi da scasso custoditi nell'auto di quest'ultimo.

Obiettivo dei quattro, secondo le prime ipotesi degli inquirenti, era di impadronirsi dei 100 mila euro che il proprietario della casa teneva custoditi sotto una mattonella. Tuttavia, in seguito alle indagini, si e' riscontrato che i soldi non sono stati toccati e che i gioielli trovati addosso agli accusati erano di loro proprieta': la sentenza ne ordina l'immediata restituzione.

Si chiude cosi' il primo processo contro presunti sciacalli, anzi il primo in assoluto celebrato nel capoluogo abruzzese dopo il terremoto. Un segnale di ritorno alla normalita', sia pure in condizioni di fortuna: sede ricavata in un'ala della scuola ispettori della Guardia di Finanza di Coppito, la stessa dove questa mattina si sono tenuti i funerali solenni e di fatto unica struttura pubblica agibile in tutta L'Aquila.

Atti giudiziari scritti a mano, avvocati avvertiti all'ultimo del luogo del processo (si era perfino ipotizzato un camper) e un inevitabile alleggerimento del protocollo. Ma il segnale di speranza rimane: "La notizia - ha detto il colonnello Paolo Carretta, comandante della Scuola ispettori - e' che si e' celebrato un processo, indipendentemente da assoluzioni o condanne. Le autorita' hanno dimostrato di poter controllare un territorio, la procura ha potuto lavorare, i difensori hanno svolto egregiamente il loro lavoro".

100% Antikomunista ha detto...

Anche se avevano le chiavi di una casa che non era la loro.

Anche se in macchina avevano una valigia di attrezzi da scasso.

Anche se li hanno beccati in 5 che girovagavano per una casa pericolante.

Anche se addosso, pur essendo ufficialmente "badanti", erano ricoperti di gioielli.

SICURAMENTE ERANO LI' PER FARE I FABBRI, IO GLI PAGHEREI ANCHE 100 EURO PER IL LAVORO

CHE SCHIFO DI PAESE SIAMO DIVENTATI...