Giancarlo Perna ha già raccontato come il meridionalista Di Pietro, che raccoglie la maggioranza dei suoi voti al Sud, si sta improvvisando leghista al Nord: l’ha disseminato di manifesti identici a quelli della Lega di fine anni Ottanta (storici) con la gallina che depone le uova nella cesta di una matrona meridionale. «Lumbard tas!» era lo slogan leghista, «Sveglia padano!» è quello dipietrista. Molti non sanno che alle spalle del più ovvio intento dipietresco (spacciare idee altrui) c’è addirittura una strategia: la si apprende nel saggio «L’Italia dei valori» di Pino Pisicchio, presunto intellettuale dipietrista. Il dettaglio è che al partito di Di Pietro manca il sale dell’esperienza leghista: il radicamento sul territorio, ciò che Bossi ha ormai in esclusiva rispetto a qualsiasi altro partito. Il bello, poi, è che con giri di parole tortuosissimi (Pisicchio, poveretto, è un ex democristiano ed ex mastelliano) il libro lo ammette anche. E annota: «Di Pietro ha prodotto a suo favore la trasmutazione del girotondismo e dei molti rivoli culturali che componevano la piazza: militanti dell’associazionismo, porzioni di cittadinanza attiva, frange del Pd, frange della sinistra extra parlamentare, segmenti del grillismo e del travaglismo, singoli cittadini sospinti da civile indignazione». Insomma, sempre più chiaro dove prende i voti: ad «Annozero».
Curiosità, a quanto pare il buon Di Pietro sembra essere il più invitato in tv.
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