martedì 21 febbraio 2012

Gli ometti in loden e i Marò


La vicenda dei due fanti del reggimento San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, di fatto prigionieri delle autorità indiane con l’accusa di aver ucciso due pescatori ritenuti dei pirati che stavano per abbordare la petroliera Enrica Lexie, sta mettendo in luce i limiti dell’azione politica, diplomatica e militare italiana nella gestione della crisi. Tutti gli esperti in diritto internazionale hanno sottolineato gli abusi delle autorità indiane che a nessun titolo potevano “dirottare” nel porto di Kochi una petroliera italiana per un incidente tutto da chiarire e in ogni caso avvenuto in acque internazionali così come la magistratura indiana non aveva nessuno diritto di disporre, come ha fatto oggi, tre giorni di fermo per gli uomini del San Marco implicati nella morte di due pescatori indiani.

I riscontri sull’accaduto per altro non combaciano. L’incidente denunciato dagli indiani è avvenuto in un luogo e in momento diverso da quello registrato dalla Enrica Lexie che riguarda un peschereccio di forma, colore e stazza diverse come dimostrano i filmati ripresi dall’equipaggio della petroliera. Le stesse ragioni giuridiche avrebbero dovuto impedire alle autorità di Nuova Delhi di far sbarcare due militari italiani da un mercantile che batte il tricolore (e quindi è territorio italiano) e di portare in tribunale due soldati come fossero criminali quando la giurisdizione sui militari è strettamente attribuita alle autorità del loro Paese. L’india sta violando non solo il diritto ma anche le pratiche procedurali negando l’autopsia sui due pescatori uccisi (i funerali si sono svolti sabato) e gli esami balistici che chiarirebbero in modo inconfutabile se sono stati proiettili italiani a colpire i due uomini. Ad aiutare la disinvoltura degli indiani hanno però contribuito molti errori madornali compiuti dalle autorità italiane (gli omini “tecnici che vestono il loden). A cominciare dal fronte mediatico (sempre pronto a stracciarsi le vesti per qualsiasi cazzata, vedi le mutande di Belen).

Nessun ministro o vertice militare si è pronunciato sulla vicenda lasciando di fatto ai media e alle autorità indiane il monopolio della comunicazione con evidenti riflessi negativi per la posizione italiana quasi del tutto assente dalle pagine dei giornali internazionali e presente spesso solo marginalmente persino sui media italiani (se non addirittura accettando per buona la versione dei fatti indiana). Inoltre non c’era nessun motivo per autorizzare la Enrica Lexie ad entrare nel porto di Kochi. Gira vice che la Marina si sia opposta ma l’armatore e la Farnesina avrebbero acconsentito a soddisfare la richiesta dell’India (tipico calabraghe ormai entrato nel DNA italiota). Nessun motivo neppure per acconsentire che due militari italiani lasciassero il “territorio nazionale”, cioè la nave, per venire interrogati da un tribunale indiano. Un arbitrio che non doveva essere tollerato né tanto meno autorizzato dalla nostra ambasciata a Nuova Delhi. L’evidente tentativo di non irritare gli indiani si è trasformato così in un autogoal spaventoso per la Farnesina, a una settimana dal viaggio del Ministro Giulio Terzi a Nuova Delhi.

Nonostante il rude e provocatorio atteggiamento indiano non si registra finora nessuna reazione forte di Roma che a questo punto si trova a corto di opzioni. Il sequestro di una nave commerciale e di sei militari sono un motivo più che sufficiente per forzare i toni diplomatici e assumere anche iniziative militari simboliche. (io avrei immediatamente mobilitato gli incursori per radere al suolo il porto indiano) Se si fosse trattato di cittadini o militari statunitensi o britannici o francesi ci sarebbero già portaerei e flotte da guerra di fronte al porto di Kochi. L’Italia schiera una fregata nell’Oceano Indiano nell’ambito della missione Nato anti-pirateria. Non sarebbe il caso di mandarla al limite delle acque nazionali indiane e ordinare ad altre navi di salpare da Taranto? Non certo per fare la guerra all’India ma quanto meno per dimostrare con un po’ di “diplomazia navale” che l’Italia non accetta senza reagire che vengano detenuti arbitrariamente sue navi e suoi militari. A differenza dei casi di pirateria, nei quali navi ed equipaggi catturati sono civili, in questo caso in pericolo (rischiano la pena di morte in base alle leggi indiana) ci sono dei militari imbarcati secondo le leggi dello Stato sui mercantili per proteggerli. Una considerazione che rende ancora più assordante il silenzio dei vertici militari dal Ministro della Difesa (che tra l’altro è un ammiraglio) Giampaolo Di Paola al Capo di stato maggiore della Difesa, il generale Biagio Abrate al Capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio Bruno Branciforte. Dovè finito l’onore degli uomini della Decima?

4 commenti:

Nico ha detto...

Questa vicenda è totalmente paradigmatica di quello che l'Italia è: l'India aggressiva, violenta, agisce senza alcuno rispetto per l'uomo e le leggi (e mi vien da pensare a tutti quei coglioni che nella cultura indiana vedono pace, amore e tolleranza). E la farnesina e il Governo italiano tutto, invece di reagire come 'sti selvaggi meriterebbero, stanno lì a temporeggiare da vigliacchi e imbelli. Se quelli poi ci vedono come popolo e terra di mammole da colonizzare, sbagliano?

samuela ha detto...

Ma qui si pone come premessa che questo sia un Governo, sappiamo tutti che questo NON è un governo...

Nico ha detto...

Giusto, Samuela. Meglio parlare di spread... E quello che fa un male cane è l'indifferenza delle persone, ovviamente imboccata dalla stampa che tace, o ne parla sottovoce. Che schifo di popolo...

Kizzy ha detto...

'Che schifo di popolo'
Semplicemente QUOTO, non c'è nient'altro da dire ormai...