Sarà scontata finché si vuole, ma l’unica immagine possibile per raccontare questa storia è quella del Titanic, con l’orchestrina che suona sul ponte mentre la nave va a fondo. Scontata, non solo perché si parla di transatlantici. Manca Leo Di Caprio, manca Kate Winslet, manca il tocco visivo di James Cameron e quello canoro di Céline Dion, ma il resto c’è. A partire dall’ufficiale che dà l’allarme e da quello che se ne frega. Insomma, un kolossal. Dove il lieto fine è tutt’altro che scontato. Anzi. In una parola: è concreto il rischio che Fincantieri – a causa della conflittualità sindacale e della linea del sindacato dei metalmeccanici Fiom di Giorgio Cremaschi, i duri della Cgil, che sarebbe una specie di concetto di durezza elevato a potenza – perda le commesse della Carnival e della Costa, colosso mondiale delle crociere e suo principale cliente. E, di fronte a questa minaccia reiterata ogni giorno dai vertici della multinazionale dei transatlantici, non solo la Fiom non lascia la conflittualità, ma la raddoppia. Siamo lontani un oceano. Un oceano da Detroit e dall’impegno dei sindacati a stelle e strisce, anche quelli ritenuti la traduzione americana della Fiom, a non scioperare fino al 2015 e a ridursi lo stipendio, pur di lavorare, come ha ricordato il primo maggio il nostro direttore Mario Giordano. Un oceano dalla lotta con le unghie e con i denti per salvaguardare il proprio posto di lavoro e dalla compartecipazione alle sorti dell’azienda, che dovrebbe essere l’abc di un patto di produttori che è sempre stato la forza delle aziende sane. Un oceano dal concetto di efficienza alla base del nuovo contratto integrativo di Fincantieri, che dà soldi e benefit ai lavoratori (in tempi di crisi, soldi e benefit!), in cambio di un miglioramento dell’efficienza, concetto ritenuto offensivo dalla Fiom: «La filosofia di quell’accordo è che i lavoratori sono fannulloni». E quindi, proteste. E quindi, scioperi. E quindi, mobilitazione. Ad esempio, l’altro giorno a Marghera. Era tutto pronto per festeggiare la consegna della nuova Costa Luminosa, con i tappeti rossi, i cotillons e tutto quello che fa la gioia di un armatore, giustamente orgoglioso di festeggiare il suo nuovo acquisto. E invece di festeggiare insieme quest’orgoglio italiano - che rende Fincantieri il miglior costruttore mondiale di navi da crociera, qualcosa che ci invidiano ovunque - i duri del sindacato hanno organizzato una manifestazione per contestare l’integrativo. Costringendo, di fatto, il colosso della cantieristica ad annullare la festa per la consegna della nuova nave, anche a scanso di interventi pro-Fiom dei centri sociali. Il problema è che, annullata la festa, a rischiare che facciano loro la festa, sono proprio i dipendenti di Fincantieri, dato che la Costa e soprattutto la casa madre Carnival non hanno preso benissimo la cosa, anche perché su questa nave ci hanno investito 450 milioni di euro. E l’amministratore delegato del colosso crocieristico Pier Luigi Foschi ieri a Marghera ha tradotto il tutto con parole inequivocabili: «Se si pongono incertezze nell’affidamento dei cantieri è chiaro che pensare a nuovi ordinativi può sollevare dubbi. È per questo che sono molto preoccupato se tale affidamento non verrà garantito e la sollevazione continuerà. Qualche conseguenza, tutto ciò, di certo l’avrà. Non stiamo parlando di biciclette, ma di grandi navi e frustrare l’entusiasmo è la cosa peggiore che possa succedere in questo momento». Parole che fanno il paio con quelle di due giorni fa, quando Foschi ha raccontato l’incredulità di Mickey Arison, patron della Carnival, basito di fronte alla manifestazione sindacale nel giorno della festa. «Ma che razza di Paese è questo?», ha chiesto il manager statunitense, che già un mese fa fu costretto «prigioniero» in albergo a Venezia alcune ore, sempre a causa di un picchettaggio sindacale davanti a Fincantieri: «È incomprensibile assistere a ciò in un momento come questo di crisi mondiale in cui molti cantieri navali sono vuoti». In tutto questo, chi rischia davvero è Fincantieri, un’eccellenza italiana. Che pure – attraverso un manager come Giuseppe Bono, uno dei migliori sulla piazza – ha sempre cercato il dialogo. Proprio qui sta il punto. Non siamo di fronte a un padrone delle ferriere, ma a uno che ha appena dato aumenti e integrativo. Eppure, la protesta continua, con l’azienda che spiega come si stia scherzando con il fuoco e la Fiom «porti i lavoratori alla rovina». E si chiede: «Siamo sicuri che queste modalità di lotta aiutino a raggiungere l’obiettivo o, piuttosto, non contribuiscano a creare un clima che rende ancora più difficile acquisire nuovi ordini e quindi evitare che in futuro debbano essere prese decisioni traumatiche, così come sta avvenendo in moltissime aziende in Italia e all’estero? La difesa dei lavoratori non passa prima di tutto dalla difesa del posto di lavoro?». La risposta della Fiom è l’annuncio di una nuova manifestazione a Genova, in occasione della consegna di Costa Pacifica.
Inaugurazione rovinata contro l'aumento di 3500 euro.
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