VENEZIA - Li voleva «rimpatriare» la Lega, ci pensa la crisi. La crisi economica che si fa sentire e che come prima conseguenza sul mercato del lavoro porta l’«espulsione» degli immigrati, i primi a salutare le fabbriche. Secondo i dati della Caritas regionale il 10 per cento dei circa 450 mila stranieri regolari presenti in Veneto è pronto a tornare al Paese d'origine a causa di difficoltà economiche e personali. Proprio per rispondere a queste «nuove esigenze», dalla Caritas di Vicenza è stata lanciata una nuova iniziativa di rimpatrio assistito che coinvolga anche gli enti locali. Non solo: in più città, con amministrazioni impegnate a stanziare fondi per disoccupati e modificare bandi di assegnazione case e benefici in base a nuovi parametri di povertà, si è già aperto il dibattito sul fatto di includere anche gli stranieri negli aiuti. Come nel caso scoppiato nella provincia di Treviso, dove il presidente Leonardo Muraro ha deciso di aiutare chi ha perso il lavoro ma con «cittadinanza italiana con residenza nella Marca da almeno cinque anni». Una restrizione giudicata discriminatoria dai sindacati e dal segretario regionale del Pd Paolo Giaretta. Ma se da una parte si litiga sugli aiuti, dall'altra si guarda con interesse al progetto ideato dal direttore Caritas di Vicenza don Giovanni Sandonà che, con tenacia e convinzione, ha dapprima seminato e poi coltivato attivamente una nuova strada di aiuto agli stranieri in difficoltà. Come? Prima partendo da singoli casi risolti dal 2004 e poi elaborando delle linee guida in collaborazione con gli enti locali per interventi anche economici di sostegno nel rientro di stranieri. Un progetto che fino ad oggi ha aiutato 75 fra persone e famiglie di immigrati presenti a Vicenza e a cui ha aderito lo stesso capoluogo - guidato da una giunta di centrosinistra con lo stanziamento di 50mila euro per il rimpatrio assistito. «La Caritas ha un'esperienza pluriennale nell'accompagnare persone che hanno autonomamente rivisto il proprio progetto migratorio - spiega lo stesso Sandonà - quest' esperienza viene ora messa a frutto dagli enti locali con un'azione prevista dal documento del 26 gennaio scorso delle Caritas diocesane del Nord Est: dove i lavoratori stranieri maturino la scelta del ritorno in patria è necessario aprire sinergie tra Comuni, prefetture e rappresentanze diplomatiche per un progetto di rientro che attesti e valorizzi le professionalità acquisite». Non solo: «Circa il dieci per cento degli immigrati presenti nella nostra regione se ne torna a casa - spiega don Dino Pisolato, direttore Caritas di Venezia e responsabile del Triveneto - e questo a prescindere dai nostri progetti di rimpatrio assistito. Pensiamo solo a quei ritorni silenziosi di clandestini che vanno e vengono. O pensiamo a quelle famiglie che, ad un certo punto, fanno rientrare qualcuno della propria famiglia nel Paese d'origine. Per quanto riguarda l'Est, ad esempio, si sono verificati rimpatri soprattutto in Romania, Ucraina e Moldavia. C'è la crisi, ma ci sono anche le difficoltà effettive della quotidianità sociale e tante leggi che a volte complicano la vita, basti guardare il decreto sicurezza». E a proposito del progetto di rimpatrio assistito e finanziato c'è augurio che viaggia in doppio binario con un timore: «Progetti come questi rappresentano una risposta mirata ad esigenze di una parte della nostra popolazione - conclude don Dino- : ma temo che ci sia una fase di stallo dovuta alla mancanza di risorse con cui gli enti locali e le nostre amministrazioni al momento devono fare i conti».
Silvia Maria Dubois
La rossa Vicenza finanzia il rimpatrio degli immigrati.
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