sabato 16 maggio 2009

Etica di stato

Gli immigrati e l’etica dello Stato di Piero Ostellino

...La Chiesa – in nome dell’«etica dei principi» – rimprovera all’Italia di respingere gli immigrati che tentano di raggiungerla clandestinamente. La Chiesa, come comunità religiosa, guarda all’aldilà e non si preoccupa delle conseguenze nell’aldi­qua – questi sono i miei principi, crolli pure il mondo – anche perché, in questo caso, non ne subirebbe. Ma se si chiedesse al Vaticano, come istituzione politica, di ospitare migliaia di immigrati nei suoi giardini, è probabile che rea­girebbe come il governo italiano. Si chiederebbe come inte­grarli e li rispedirebbe indietro come fa Maroni. La politica ubbidisce all’«etica della responsabilità»; si preoccupa delle conseguenze delle proprie scelte, anche se nobili. Si chiede quanti immigrati il Paese sia in grado di ricevere e integra­re; sa che i mali del mondo si curano con realismo e pragma­tismo.Il segretario del Pd, Dario Franceschini, accusa il governo di razzismo perché inibisce ai figli di immigrati clandestini l’iscrizione alle scuole pubbliche. Ma sembra ignorare la dif­ferenza fra «diritti soggettivi» e «diritti di cittadinanza». I diritti soggettivi sono universali; riguardano l’Individuo in quanto tale. I diritti di cittadi­nanza sono statuali; riguarda­no l’Individuo in quanto mem­bro dello Stato. I primi hanno natura giusnaturalistica, sono diritti naturali; i secondi hanno natura giuspositivistica, sono diritti legali. Poiché la cittadi­nanza implica anche dei dove­ri, i cittadini italiani che voglio­no iscrivere a scuola i propri fi­gli devono produrre una serie di documenti; gli immigrati clandestini, per l’ovvia ragione che non sono neppure regi­strati, non ne sarebbero tenuti. Così, gli italiani diverrebbe­ro Individui di seconda classe rispetto ai clandestini. Berlusconi dice di essere contrario a una società multiet­nica. Ma l’affermazione non ha senso perché l’Italia è già una società multietnica, come lo sono tutti gli altri Paesi eu­ropei, per non parlare degli Stati Uniti. Ha senso essere con­trari a una società multiculturale – costituita da etnie sepa­rate e chiuse, ciascuna delle quali con un proprio statuto civile diverso, se non addirittura opposto, a quello naziona­le – che segnerebbe la fine dello Stato e della sua sovranità. Il 13 gennaio 2005, il tribunale di Milano aveva negato l’asilo politico a un medico di Cuba perché il suo diritto sog­gettivo alla libertà (di espatriare) e il dovere di accoglienza da parte di ogni Paese democratico (art. 10 della nostra Co­stituzione) sarebbero stati in contraddizione con l’interesse della «collettività» cubana all’assistenza medica. Una mostruosità logica, giuridica e politica. Ma ero stato il solo a parlarne. E a scandalizzarsene. Non la Chiesa; non la sini­stra.

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