lunedì 18 maggio 2009

Riprendersi gli operai

L'intervista. "Dobbiamo tornare a intercettare i bisogni degli operai". L'aggressione a Rinaldini è rivelatrice di una nostra difficoltà a reagire. Bertinotti: la sinistra non riesce più a isolare chi lavora per la rottura. Abbiamo vissuto con due sinistre per molti anni e non ci è servito a vincere. Difficile trovare il consenso sui temi sociali ed economici di Paolo Griseri

TORINO - Un fiume carsico, quello che non vedi e spunta improvviso, tanto più sorprendente perché non l'hai previsto, è arrivato fin sul tuo palco sindacale "prima ancor che tu riuscissi a organizzare una risposta, un anticorpo". Fausto Bertinotti non vuole parlare di attualità. Se lo è imposto da tempo dopo la sua uscita dalla segreteria di Rifondazione. Eppure nella Sala dei 500 del Lingotto, a pochi passi da luogo dove solo 24 ore prima lo Slai Cobas ha assaltato un comizio sindacale, è difficile trattenere i pensieri. Come si spiega l'assalto di sabato? "Quel che mi colpisce è questa distanza che si misura tra il movimento dei lavoratori e chi tra i lavoratori ti individua come nemico. È evidente che chi ha compiuto quell'assalto non lo ha fatto perché in quel momento parlava Rinaldini ma nonostante il fatto che parlasse il segretario della Fiom. Come se la spinta a rompere una solidarietà naturale tra lavoratori fosse più forte dei motivi oggettivi che dovrebbero fondarla. Indagare sulle ragioni di quella spinta alla rottura dovrebbe essere uno dei compiti della sinistra, e questo al di là della specifica vicenda dell'assalto di Torino. Vicenda che è molto grave in sé ed è comunque rivelatrice di una nostra debolezza, di una difficoltà a reagire, a isolare chi lavora per la rottura".

C'è una difficoltà della sinistra a leggere i segni dei tempi? "Non dobbiamo sottovalutare i segnali di questi mesi. Se il 43 per cento degli operai dichiara di votare per il centrodestra, non significa che siano diventati tutti matti. Ma che la sinistra, cioè tutti noi con le nostre diverse culture e storie, non siamo stati in grado di intercettare i bisogni di quelle persone".

Chi riempie quel vuoto? "Il rischio è che lo riempia il populismo come dimostrano anche i dibattiti di questa Fiera. Mentre quando parlavamo di combattere il conflitto di interessi tutta la sala applaudiva convinta, quando io introducevo i temi sociali ed economici applaudiva solo una parte non maggioritaria della platea Forse anche questo è il sintomo delle difficoltà di oggi. Per uscirne bisogna abbandonare la nostra visione provinciale. Abbiamo vissuto con due sinistre per molti anni. E non ci è servito a vincere. Oggi dovremmo piuttosto pensare a un'unica sinistra europea". Per tornare a contare, per evitare di "dividersi in frange e frangette", come dice provocatoriamente Di Pietro, chiamato con Bertinotti a discutere, insieme a Luigi la Spina e a Mirella Serri, su "La notte della sinistra".

Il leader dell'Italia dei valori ieri ha girato il coltello nella piaga: "Che ci azzecco io con la sinistra? La sinistra oggi non parla, lasciate che sia io a fare da tampone". Perché, in fondo, il nodo delle difficoltà, anche di quelle sindacali, è proprio in questa debolezza. Bertinotti ricorda nel suo libro ("Devi augurarti che la strada sia lunga", Ponte alle Grazie) quante volte nella sua esperienza di sindacalista la contestazione della piazza è stata sul punto di travolgere i palchi dei comizi. Parla con ammirazione di Emilio Pugno, storico dirigente della Fiom alla Fiat e suo predecessore alla guida della Cgil piemontese: "Aveva doti del tutto particolari: forza, determinazione e coraggio. L'ho visto una volta, durante un comizio in piazza San Carlo dove veniva contestato un dirigente storico della Cgil come Rinaldo Scheda, protendersi in prima fila, afferrare il microfono e zittire d'un colpo i contestatori: "Nessuno, dico nessuno, può permettersi di impedir di parlare a un dirigente nazionale della Cgil. La piazza gli ha obbedito senza colpo ferire. Così come una volta gli ubbidirono 20 mila persone che rumoreggiavano impetuosamente di fronte all'allora ministro Donat-Cattin". Una lezione che sembra lontana anni luce dalle cronache di questi giorni.

2 commenti:

100% Antikomunista ha detto...

Bertinotti che solo di cachemire spende in un giorno in boutique la paga mensile di un operaio (per non parlare delle scarpe su misura, delle cravatte griffate o del casale in Umbria con piscina), è sicuramente il più indicato per riavvicinare la Sinistra alle masse popolari...

Elly ha detto...

Già, e ti assicuro che le sue scarpe costano un botto. Le viene a prendere dalle mie parti. E il titolare di quell'azienda sono certa che gliele fa pagare per intero. E sai quanto davvero gliene frega degli operai. Stranamente s'è fatto intervistare proprio sotto elezioni. Prima dove stava?