sabato 16 maggio 2009

Brescia, italia

«Gli immigrati sono prepotenti, guardano male le nostre donne. Ci hanno invasi». Viaggio nella xenofobia, dentro le paure del quartiere Carmine a Brescia. Un cittadino: «Qui prima o poi finisce come a Parigi. Ma saremo noi locali ad appiccare le fiamme»

BRESCIA
- Chi si addentra tra le viuzze del Carmine, se vi fosse calato dall’alto, penserebbe di trovarsi a Jabal Lhamar, nel cuore di Tunisi. Invece per accedere al quartiere che sorge a ridosso della Loggia, il palazzo del Comune, bisogna imboccare un corso dal nome di un eroe italiano: Garibaldi. E allora diventa chiaro che non di Tunisi si tratta bensì della bella e ricca Brescia. Questo cuore antico della città era già tratteggiato nell’Ottocento come «Suburra in cui si cela e braveggia il malfattore, il barattiere, la meretrice vagante delle specie più abbiette, il limo inferiore della popolazione». Oggi dopo più di un secolo le meretrici chiamate confidenzialmente «zie» ci sono ancora. Appostate sotto i palazzi con la proprie sedie, le lucciole si sono addirittura riunite in un comitato per la difesa dei loro diritti contro le politiche anti-prostituzione del ministro Carfagna. Una volta la prostituzione, senza sfruttatori, era integrata al «sistema» e le donne in attesa di cliente facevano da babysitter, sorvegliando a turno i bambini delle mamme che avevano trovato lavoro. Il barattiere invece ha lasciato posto a una miriade di phone-center e di negozi arabi e africani. Infine i malfattori. Anche quelli non mancano all’appello e per qualcuno hanno solo cambiato il colore della pelle: «Rubano, sporcano, sputano per terra. Si comportano male». Le parole di una signora che tiene stretta la sua borsa della spesa escono da una bocca arrabbiata. E sono tante le donne che abbiamo sentito inveire contro la presenza degli immigrati nel quartiere. Tutte insieme sembrano un coro: «La vita qui è diventata impossibile». «Gli extracomunitari sono troppi». Questo perché i bresciani al Carmine si sentono la minoranza: «Su dieci persone che si vedono per strada sei sono neri», ci dice un pensionato. «Dicono che siamo razzisti ma come si fa a non esserlo? Visto quanti sono?». Ma non esiste una statistica ben precisa. La si evince così ad occhio e croce.

I DATI - Al Carmine si mescolano 62 etnie ma gli extracomunitari, che si nascondono dietro la facciata di edifici fatiscenti o dentro vere e proprie baracche, non si sa con esattezza quanti siano. «Questo è il regno degli irregolari», afferma un commerciante. Il Centro Interuniversitario di ricerca sulle migrazioni di Brescia nel suo rapporto sull’immigrazione afferma che la provincia di Brescia nel 2005 si è confermata la seconda provincia dopo Milano per quanto riguarda la densità della presenza di stranieri: 130.600 presenze, rispetto al totale regionale di presenze stimato in 794.200 unità, con una crescita del 27% rispetto a dodici mesi prima e addirittura del 77% rispetto al 2003. L’incidenza sulla popolazione residente complessiva era dell’ 11.1%, praticamente raddoppiata rispetto al 2001. Per lo più si tratta di soggetti residenti (107.300), mentre 10.600 risultano regolari ma non residenti, mentre 12.700 sono irregolari. Ma questi dati non tengono conto dell’ondata migratoria degli ultimi 4 anni.

LA PROTESTA – Così si spiega la protesta. Già nel 2002 gli abitanti sfidarono gli spacciatori: «Chiuderemo case e negozi e ci faremo giustizia da soli». Un gruppetto di cittadini si era illuso di poter ripulire da spacciatori e delinquenti il quartiere-casbah. Erano anche arrivati al punto di diffondere volantini con i numeri di telefono degli spacciatori di droga. La vendetta arrivò dopo pochi giorni: una miriade di gomme delle auto dei residenti sventrate. Alla fine il Comitato per il risanamento del Carmine si è dovuto arrendere. In tanti, cittadini e commercianti, hanno deciso di andarsene. Il dialetto bresciano in questi vicoli ormai è divenuto merce rara. Adesso grazie al piano anticrimine varato dalla Prefettura al Carmine esiste un sistema di videosorveglianza. Poi c’è la sede del commissariato della polizia di Stato e accanto anche la seconda postazione dei vigili urbani anzi della pulizia municipale. Si è cercato anche di risolvere i problemi del quartiere con un piano di recupero urbano: ad esempio sono stati ristrutturati immobili e si è cercato di far tornare i vecchi mestieri artigianali. Un tempo vi erano concerie, filatoi, osterie, bordelli e ospizi. Oggi vi sono rimaste le chiese e la sera sui gradini di alcune di queste, su vecchi materassi, vi dorme qualche extracomunitario. Ma i carmelitani doc hanno nostalgia del passato, si sentono espropriati e il presente non gli piace affatto. «Qui prima o poi finisce come a Parigi. Ma saremo noi locali ad appiccare le fiamme. Gli immigrati sono prepotenti, guardano male le nostre donne. Ci hanno invasi».

L’ATTENTATO DI MUMBAI - «Un pachistano a Brescia complice dei terroristi di Mumbai». Così titolo il Corriere della Sera il 24 febbraio scorso: Portano a Brescia le tracce lasciate dai terroristi entrati in azione a Mumbai il 26 novembre. Indizi concreti che servono a delineare la rete logistica attivata per pianificare gli attacchi simultanei che sconvolsero la città indiana provocando 138 rivelarono che proprio da una filiale di corso Garibaldi, nel quartiere Carmine, è partito l'accredito per attivare le schede telefoniche poi consegnate ai dieci fondamentalisti entrati in azione negli alberghi e negli altri luoghi frequentati dagli occidentali. Questo basta per mettere altra carne sul fuoco. Nella casbah di oggi convivono l’immigrato buono e quello cattivo, quello che si alza alle tre di notte per andare a lavorare e quello che spaccia giù per strada, il fiancheggiatore del terrorismo e quello che chiede di votare in Italia dopo dieci anni di lavoro. insomma l' onesto e il disonesto, miscelati insieme.

«NON SONO RAZZISTA PERO’» - Nel territorio c’è chi agisce per smussare i problemi della convivenza e creare occasioni d’integrazione e di scambio. Nell’oratorio di San Giovanni, ad esempio, ci sono settanta bambini, divisi al 50 per cento tra italiani e stranieri. «Questi bambini sono in buona parte cristiani ma nel progetto educativo dell’oratorio ci sono anche musulmani o sik». Andrea Franchini è l’educatore che coordina un patto educativo che coinvolge persone di 24 nazionalità diverse. Anche lei è tra quelli che dice la frase che abbiamo sentito cento volte al Carmine: «Io non sono razzista però...». «Guardi esistono italiani e stranieri con difficoltà a relazionarsi, italiani e stranieri che delinquono. E per tutti, italiani e stranieri, bisogna applicare la legge. Ma mediare per favorire l’integrazione tra le culture è l’unica soluzione al problema».

Nino Luca

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