mercoledì 13 maggio 2009

Nei guai?

Obama nei guai: le patate bollenti di Guantanamo. Il 22 gennaio il presidente annunciò che avrebbe chiuso il carcere nella base navale a Cuba. Ma la Camera ora ha detto no ai fondi per la chiusura della 'prigione della vergogna'. Ora Obama, dopo l’Iran e Cuba, rischia la percezione di ingenuità. di Cesare De Carlo

IL 22 Gennaio, due giorni dopo l’Inauguration, il presidente Obama trasformò in annuncio la promessa elettorale: avrebbe chiuso Guantanamo entro l’anno. E i 240 «nemici combattenti» colà rinchiusi? Liberarli, no. Quelli liberati – Obama lo sapeva – erano tornati in Iraq e Afghanistan e avevano ripreso a seminare bombe e distruzione. Li avrebbe fatti trasferire. Dove? Nelle prigioni in territorio americano. Guantanamo, come si sa, è una base navale in territorio cubano, occupata dagli Stati Uniti sin dal 1903, all’indomani della vittoriosa guerra contro la Spagna. Ma chiudere la «prigione della vergogna», come era stata battezzata dalla sinistra europea che su di essa aveva coltivato il suo antiamericanismo, avrebbe comportato una grossa spesa, 50 milioni di dollari. Il presidente li avrebbe chiesti al Congresso ed era fiducioso che il Congresso diventato democratico non glieli avrebbe negati. E invece… Invece la Camera ha detto no. E’ vero che il voto è avvenuto in Commissione, ma la larghissima maggioranza bipartisan indica che l’assemblea non cambierà parere: Guantanamo non si può chiudere. Almeno non sino a quando non si saprà dove sistemare i detenuti. Trasferirli negli Stati Uniti? No way, dicono i cinquanta governatori. Fuori dagli Stati Uniti? Improbabile. Polonia e Italia, fra gli altri, erano state contattate. Ma se gli americani non li vogliono, perché dovrebbero approdare da noi? Ora Obama, dopo l’Iran e Cuba, rischia la percezione di ingenuità. Quei detenuti non sono criminali comuni e nemmeno prigionieri di guerra. Sono terroristi islamici o sospettati tali e la ragione per la quale sono finiti a Guantanamo è perché negli anni hanno fornito con le buone o con le cattive (con le cattive soprattutto) informazioni vitali per prevenire altri attentati. Si può certo discutere sul prolungamento di una reclusione priva di garanzie federali e dell’habeas corpus. Ma il giovane presidente sbaglia a porre il simbolismo al di sopra della sicurezza pubblica, dicono concordi repubblicani e democratici. E la sicurezza non si serve con un buonismo all’europea.

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