Fa niente se ci sono regole e leggi europee che dicono che respingere i barconi di clandestini in acque internazionali non solo si può, ma pure si deve. Fa niente se l'Africa non è un Paese, ma un Continente che contiene circa 517 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali sogna fin da piccolo di venire in Europa. Fa niente se una volta arrivati qui non hanno niente da fare, se non pulire i vetri ai semafori: sarà dignitoso questo. Fa niente se poi, nello Stato del Vaticano, fanno fatica a far entrare gli italiani, figuriamoci i clandestini. Per i vescovi respingere i barconi carichi di disperati non è bello, e fin qui potremmo anche concordare ma, come si sa, non sempre quel che è bello e quel che è necessario concordano. Per i vescovi è anche cattivo. Moralmente. L'Italia multietnica e multiculturale è ''un valore'' ed esiste già ''di fatto'', ha detto infatti il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, aggiungendo anche che ''il problema è il modo in cui le culture e le presenze si rapportano perché non si cresce insieme in una accozzaglia disordinata e sregolata''. Secondo il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, insomma, le questioni legate alla multietnicità e alla multiculturalità in Italia ''sono discorsi superati, nel senso che la molteplicità è un fatto. Ed è anche un valore'. Il problema è invece il modo in cui le culture e le presenze si rapportano'. 'Non si cresce insieme in un'accozzaglia disordinata e sregolata ma a partire da un tessuto storico, sociale e culturale comune che costituisce il volto, l'identità di un paese''. Cioé in sostanza, dice il vescovo, il problema non è che l'orda affamata ci assale, ma che noi siamo un'accozzaglia priva di basi e di comune senso storico tale per cui non siamo in grado di accoglierli. Il problema è che noi non abbiamo un'identità, non che loro attraversano il mare e si piazzano qui. E' accaduto tanto spesso, in passato: l'Impero romano si è squagliato come neve al sole non perché è stato invaso dai barabari, ma perché non era più il forte e morale Impero dei vecchi tempi: l'identità del popolo romano non era integra, i barbari hanno avuto gioco facile. Questo ci stanno dicendo i vescovi: siamo sfatti, come popolo.
Albina Perri
1 commenti:
Se i vescovi ci stanno dicendo questo (che i barbari ci invadono anche perchè noi non abbiamo più una dignità morale), non hanno tutti i torti. Il paragone con l'impero romano è illuminante: sorto dalla gloriosa vittoria di uno staterello ancora in cerca del suo destino su una potenza internazionale come Cartagine, crollò per mano di grupposcoli germanici e magiari, privi di tattica militare, il cui unico vantaggio tecnologico era la staffa, contro un arsenale di macchine belliche terribile per capacità distruttiva! Dice nulla?
Il discorso di Crociata, pur suonando come un disco strisciato, può essere letto in due direzioni! La sinistra multiculturale ha sùbito sottolineato la spinta all'accoglienza incondizionata - e parte della destra ha subito levato gli scudi!
Eppure le parole del vescovo, al di là del vestito buonista, sono molto più scontate (e, perciò, molto meno polemiche) di quanto possano sembrare a pelle: sostenere il rispetto delle regole, un'integrazione rispettosa di identità e di leggi, respingendo come dannosa e disgregante l'idea della parificazione pasticciata, non è altro che dimostrare che l'azione del governo, brutta, cattiva, immorale, è la strada giusta! Forse il vescovo non può o non vuole farsi nemico qualcuno: però, andando alla sostanza, il modello di integrazione proposto dallo stesso Crociata, richiede, innanzitutto, una risposta decisa contro l'indifferenza per la regola. E la prima regola da rispettare è la sovranità di uno Stato e dell'identità che rappresenta: ciò significa che il perseguitato dovrà ricorrere alle ambasciate, non alle mafie! Significa anche, però, che l'autoctono non può svendere per razzismo ogni azione volta alla tutela della sua propria identità: un simile atteggiamento, infatti, è la conseguenza ultima del relativismo etico e culturale. Negare un valore assoluto ai propri valori comunitari è, a livello sociale, quello che il collettivismo rappresenta per la dignità dell'uomo individuo: la sua distruzione!
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