mercoledì 27 gennaio 2010

Veli islamici

Il divieto della Francia a burka e niqab. La Chiesa dice no al velo integrale per questioni di sicurezza e di dignità, intervista a monsignor Agostino Marchetto di Simona Santucci

Niente velo integrale per le donne musulmane, nei luoghi pubblici. La proposta – che nei mesi scorsi aveva fatto discutere l’opinione pubblica anche in Italia e che almeno per ora è una legge al vaglio del parlamento – scuote la Francia, il paese del multiculturalismo, ed oggi è a un punto di svolta. Una commissione parlamentare francese, infatti, in un corposo e attento rapporto, ha stabilito il divieto per le donne islamiche di indossare il niqab - un velo che lascia spazio agli occhi - e il burqa, in cui il viso è interamente coperto. Divieto in tutte le scuole, gli ospedali, i trasporti pubblici e negli uffici statali. La ragione: “il velo islamico offende i valori nazionali della Francia”. Come aveva già detto recentemente il presidente Nicolas Sarkozy: “Il velo non sarà mai ben accetto da noi”. E sul tema – che rischia di diventare elemento di confronto e dibattito parlamentare in molti Paesi – scende in campo anche la Chiesa e il Vaticano. Posizioni già note, che invitano all’accoglienza ma anche al rispetto della legalità di un Paese che accoglie. A ribadire oggi, in modo ancor più chiaro e netto, la posizione della Santa Sede è monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, uno tra i massimi esperti delle questioni legate al fenomeno dell’integrazione e dell’immigrazione che ci tiene a dirlo subito: la disposizione francese è “giusta”. “L’episcopato francese ha manifestato che il volto è una espressione di dignità della persona, della sua bellezza, della sua unicità, per cui si è detto contrario al burka. D’altra parte, i vescovi francesi hanno espresso il pensiero che su questo non ci sia una imposizione del divieto per legge. Bisogna certamente tener conto di questa opinione. Io andrei nella stessa linea, nel senso che credo che debba essere vietato il velo integrale nei luoghi pubblici. Anche per una questione di sicurezza, ma non solo per questo aspetto – spiega il numero due del dicastero vaticano – soprattutto per l’aspetto dell’unicità del volto”.

Quale è il confine tra rispetto per i simboli religiosi e integrazione nella società? “Non credo che il burka sia un simbolo religioso forse per qualcuno lo è diventato, ma il divieto va nella linea dell’aspetto, del costume e non della religione”.

Dopo la Francia anche altri Paesi guardano con attenzione al fenomeno del divieto del velo islamico. In primo luogo l’Italia, che ha già accolto la proposta francese con favore, nell’auspicio di poterla presto adottare nel nostro Paese. “È vero che la Francia sta avendo un ruolo importante nel campo della migrazione, per esempio della ‘migrazione scelta’ partita dal presidente Sarkozy. E credo che in Europa si debba molto alle posizioni francesi anche se personalmente non sono molto favorevole a che un Paese sia considerato come modello e come guida. Ognuno ha i suoi punti di vista e poi le diverse posizioni vanno analizzate e confrontate”.

E il confine tra accoglienza, integrazione e legalità qual è? “E’ tutto un cammino da fare che si svolge nel dialogo e nella capacità di trovare un punto di equilibrio tra quello che deve essere da una parte il rispetto alla cultura delle persone che arrivano in un Paese straniero, e dall’altra parte la necessità che le perone che arrivano rispettino la cultura e il modo di vivere di quello stato. Ci deve essere questo spazio per un dialogo, un venirsi incontro sui due fronti. Il cammino dell’integrazione non è solo da una parte, occorre un atteggiamento di ascolto reciproco e di rispetto a vicenda”.

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