PESARO - Almas è salva. Dopo ore di ansia, è finito bene il sequestro della 17enne pakistana prelevata dal padre-padrone a Fano, davanti al centro di accoglienza dove la ragazza vive. Martedì mattina i carabinieri hanno intercettato l'auto mentre era in viaggio sulla A14, tra Fano e Marotta. «Sta bene ed è stata molto felice di vederci» ha detto un militare. I genitori sono stati portati, insieme agli altri due figli, al Comando dei carabinieri di Fano: il padre è stato arrestato per sequestro di persona e la madre per concorso in sequestro. I due vengono interrogati in queste ore dal pm Maria Letizia Fucci. È indagato anche il fratello sedicenne di Almas: la sua posizione sarà valutata dalla procura del Tribunale dei minori. In ogni caso, sia per lui che per la sorella più piccola (14 anni) si apre l'ipotesi di un affido. Almas, che non ha subito violenze anche se è fisicamente provata, è tornata nella comunità di accoglienza.
IL RAPIMENTO - Akatar Mahmood, ambulante di 40 anni, progettava il blitz da mesi. Forse dallo scorso agosto, quando la Sezione minori della Corte d'Appello di Ancona ha stabilito che Almas, finita in ospedale ad aprile per le botte del padre, doveva stare lontano dalla famiglia. Lunedì alle 13.30 il sequestro: Almas ha trovato l'auto di famiglia ad attenderla davanti alla comunità Fenice della onlus Cante di Montevecchio, dove vive per disposizione della magistratura minorile. Stava rientrando da scuola, l'istituto commerciale "Cesare Battisti", ed era sola. Ha tentato di chiedere aiuto ma l'auto è ripartita prima che qualcuno potesse intervenire. A bordo, oltre al padre, c'erano anche la madre (Aslam, 37 anni) e i due fratelli, il maschio di 16 anni e una femmina di 14. Alla scena ha assistito un consigliere comunale che ha preso la targa del veicolo e dato l'allarme: le ricerche sono cominciate immediatamente, con posti di blocco e controlli sui cellulari dei componenti della famiglia. Nelle indagini sono state impegnate centinaia di carabinieri tra Marche, Umbria, Lazio ed Emilia Romagna. L'auto è stata così seguita attraverso le varie celle. Akatar Mahmood è però riuscito a raggiungere Roma o una località vicina, appoggiandosi a dei familiari o membri della comunità pachistana. La famiglia è ripartita per Bologna, intorno alle 3-4 del mattino. Non si sa dove fosse diretta, ma è probabile che, constatata l'impossibilità di lasciare l'Italia, considerato che c'erano posti di blocco ovunque, il capofamiglia abbia deciso di tornare nelle Marche, a Senigallia, dove la famiglia risiede da una decina d'anni. Di certo i familiari della diciassettenne non avevano messo in conto il clamore che il sequestro ha suscitato.
MALTRATTAMENTI - Quella di Almas è la storia di un inferno familiare. Il padre non accettava lo stile di vita della figlia, troppo occidentale, e le sue amicizie e voleva costringerla a sposare un connazionale contro la sua volontà. La madre, con il suo atteggiamento remissivo, non avrebbe saputo o voluto contrastare l'atteggiamento del marito nei confronti della figlia. Ciò, hanno spiegato gli investigatori, aveva creato una situazione di «forte disagio psicologico» nella diciassettenne, e da qui era scaturita la decisione dei giudici minorili. Akatar Mahmood è un uomo rigido e violento: tante volte aveva maltrattato la ragazza. Ad aprile l'ha picchiata selvaggiamente e Almas è finita in ospedale. È quindi scattata una segnalazione ai Servizi sociali e il Tribunale l'ha affidata alla comunità di accoglienza gestita dalla onlus Cante di Montevecchio. Akatar Mahmood ha fatto ricorso in Corte d'appello ma la diciassettenne aveva implorato i magistrati di trovarle una sistemazione alternativa alla famiglia. Così è iniziata la sua nuova vita. Quella che il padre ha tentato di troncare con il rapimento e la fuga, senza riuscirci.
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