giovedì 21 gennaio 2010

Danimarca

"Dopo la Francia anche la Danimarca vuole vietare il velo integrale". Lars Loekke Rasmussen: “Burqa e niqab non hanno spazio nella nostra società"

Roma. Anche in Danimarca si parla di vietare il velo integrale. L’altro ieri il premier Lars Loekke Rasmussen, parlando in una conferenza stampa, è stato esplicito: “Burqa e niqab non hanno spazio nella nostra società”, ha detto. “Sono il simbolo di una concezione della donna e dell’umanità alla quale noi siamo fondamentalmente contrari e che intendiamo combattere”. Da qui l’idea di metterli al bando, almeno nello spazio pubblico, per non ferire l’identità danese. La società danese, ha spiegato Rasmussen, “è una società aperta, dove si guarda in faccia la persona alla quale ci si rivolge, sia a scuola sia sul luogo di lavoro”. Ergo, anche in Danimarca si inizierà a discutere su come circoscrivere l’uso del velo integrale senza violare la Costituzione. Un’inchiesta del ministero degli Affari sociali, affidata all’Università di Copenaghen, e resa pubblica lunedì scorso, ha accertato che nel Regno di Danimarca ci sarebbero soltanto tra le cento e le duecento donne che portano il niqab, cioè il velo completo interrotto solo da una piccola fessura orizzontale per gli occhi: vale a dire appena lo 0,15 per cento delle donne di confessione musulmana, che sono in tutto centomila, pari cioè all’1,9 per cento dell’intera popolazione danese, che ammonta a cinque milioni e mezzo di abitanti. Ma in Danimarca, come pure in Francia, i principi contano più dei numeri. Proprio in Francia da alcuni giorni il dibattito sul burqa sta assumendo toni surreali. Domenica scorsa, l’ex ministro del Lavoro, Xavier Bertrand, oggi capo del partito di maggioranza, e il segretario generale dell’Eliseo, Claude Guéant, hanno lanciato un’identica proposta: perché non rendere l’atto di indossare il velo integrale un motivo valido per rifiutare la nazionalità francese? L’ex ministro Bertrand avrebbe in mente un articolo di legge semplicissimo: “Una persona che porta il burqa non potrà acquisire la nazionalità francese”. Se vuoi diventare francese, questo l’argomento, devi dimostrare la volontà di integrarti, ma se porti il velo nessuno crederà che ti vuoi davvero integrare alla République. Lo stesso giorno, l’ineffabile prefetto Claude Guéant, grand commis de l’Etat ascoltatissimo dal presidente Nicolas Sarkozy, parlando alla radio ha detto che “si può almeno immaginare che per ottenere la nazionalità francese, o per accedere alle procedure di integrazione, non si debba portare il velo integrale”. Ma anche i francesi hanno fatto un po’ di calcoli e hanno scoperto che le donne col velo non arrivano nemmeno a duemila, come ha detto il ministro dell’Interno Brice Hortefeux, in una recente audizione parlamentare. Il colmo del paradosso è che di queste donne velate più di due terzi sarebbero francesi, di cui meno della metà di seconda e terza generazione, e un quarto convertite all’islam. “Allora che facciamo? – si è chiesto il verde Daniel CohnBendit dubitando dell’intelligenza della maggioranza – Se è una francese a portare il burqa, le togliamo la nazionalità?”. Una possibile soluzione viene dal portavoce dell’Ump, Frédéric Lefebvre: precludere alle donne velate l’accesso a un certo numero di diritti, come prestazioni sociali, assegni familiari, tessera per l’autobus. “Per caso ci si può presentare nude allo sportello? Certo che no”, ha poi argomentato con logica invincibile.

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