sabato 9 gennaio 2010

No alla turchia

No all’ingresso di questa Turchia in Europa L'analisi di Piera Prister

E’ proprio grave e sviante che dalle pagine del Corriere della Sera che e’ un punto indiscusso di riferimento culturale per l’Italia e gli Italiani nel mondo, Sergio Romano, forte della tribuna che gli offre lo stesso quotidiano, abbia dato la sua opinione favorevole all’ingresso della Turchia in Europa. Il Corriere della Sera si squalifica! La Turchia non deve assolutamente farne parte perche’ non e’ portatrice di quei valori di civilta’, di tolleranza e di pluralismo culturale e religioso che caratterizzano l’Occidente. La Turchia sta progressivamente scivolando nel sistema totalizzante di massa del fondamentalismo islamico, fanatico, violento ed irreligioso; e per giunta misogino ed omofobo, che vuole solo conquistare e sottomettere l’Occidente alle sue leggi. Non vuole coesistere con le altre religioni, culture e tradizioni, vuole solo perseguitarle e opprimerle fino all’annichilimento totale. Quello che sta avvenendo ai cristiani in Turchia ha molti punti in comune con la sorte degli ebrei e di altre minoranze degli anni quaranta in Europa e ci fa molto pensare per associazionismo, al Museo della Razza Estinta che volevano fondare i nazisti, a guerra conclusa, nella citta’ di Praga nel quartiere ebraico di Josevof. L’attuale primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan non puo’ far parte della cultura occidentale europea, prima perche’ si presenta in pubblico con accanto una moglie sempre a capo chino, i cui capelli sono avvolti da una sciarpa abbassata che le ombreggia la fronte, e poi perche’ e’ amico di persone poco raccomandabili come per esempio quell’Omar Al Bashir il dittatore ammazzacristiani del Sudan su cui pende un mandato di cattura della Corte dell’Aia. Erdogan e’ inoltre negazionista dello sterminio degli Armeni ed e’ stato elogiato dalle TV in arabo per essersi alzato indignato abbandonando la seduta del Summit di Davos sui fatti di Gaza, quando ha iniziato a parlare Shimon Peres, presidente di Israele. Ci basta dire questo per squalificarlo e per disilluderci su quello che e’ e sara’ in breve il destino della Turchia, indegna dell’illuminato Ataturk e di tanti studenti e studentesse intelligenti, amanti dell’opera che qui a Dallas studiano Italiano e che amano parlare magari del turco gentiluomo nel “Ratto dal Serraglio” di Mozart o dei famosi cavalli che adornano la facciata di San Marco a Venezia che i Veneziani, sulla via di ritorno dalle crociate, sottrassero alla basilica di Santa Sofia di Costantinopoli, trasformatasi in moschea e poi in un museo. Questi giovani amano la democrazia e il pensiero divergente, il sapere e l’eguaglianza dei sessi; si rifanno ad Ataturk ma non amano quella Turchia oscurantista e retrograda, anzi la ripudiano pur rimanendo affettivamente legati ad essa. E proprio perche’ conosciamo questi studenti ci immedesimiamo con quella parte della popolazione oppressa dal regime turco che sta togliendo al paese tutti quegli spazi vitali di liberta’ che si godono nelle democrazie, liberta’ di pensiero, di parola e di culto. Troppi giornalisti e religiosi cristiani sono stati intimiditi ed assassinati nel modo piu’ efferato e abbiamo visto le ruspe che sono passate profanamente sui cimiteri cristiani per cancellarne le tracce. Bartolomeo -cosi’ vuole essere chiamato- il patriarca cristiano greco-ortodosso di Istanbul, guida spirituale di trecento milioni di
cristiani greco-ortodossi nel mondo, e’ un leader religioso, canuto e dalla lunga barba, e’ l’ultima testimonianza di una comunita’ cristiana antichissima ormai in via di estinzione. Bartolomeo vive a Istanbul dove e’ nato, ha studiato e ha prestato servizio militare; parla turco ed e’ di nazionalita’ turca. Lo stesso per le strade di Istanbul, mostra a Bob Simon -giornalista di “60 Minutes” che lo ha intervistato in un programma trasmesso in dicembre su CBS- che cosa resta della presenza cristiana in Turchia ora dominata nel paesaggio da minareti. Attualmente il 99% della popolazione turca e’ musulmana l’1% e’ cristiana. Alla fine del secolo scorso c’era una comunita’ cristiana di 2 milioni di persone , di cui 1 milione e mezzo furono espulsi e sterminati nel periodo della I Guerra Mondiale, altri 150.000 lasciarono il paese nel 1955, in seguito ad attacchi sanguinosi ed ora sono rimasti in 4.000 trattati come cittadini di seconda classe. Del comprensorio un tempo grande ed esteso di edifici, biblioteche, chiese, monasteri e scuole e’ rimasto solo il deserto, tutto vuoto e desolato, ora cincondato paurosamente da filo spinato e sorvegliato da telecamere. Sembra tutto deserto, non c’e’ un’anima viva tranne Bartolomeo che non curante delle continue minacce alla sua vita e’ risoluto a rimanere. Questo e’ accaduto celermente nell'arco di una vita. L‘amministrazione Erdogan sta sequestrando tutti quei beni per poi cancellare ogni traccia della presenza cristiana in Turchia. E’questo quello che vogliamo in Europa? E’ questo quello che vuole Sergio Romano?

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