«Sono arrivata qui con nostro figlio Kalid, e ho dovuto subire la situazione. Altrimenti sarei stata ripudiata, non avrei avuto un soldo né un posto dove andare. Ma con Fatima, più bella e più giovane di me, sono liti continue. E Kalid, che ha quindici anni, ormai non parla più con nessuno, sta crescendo isolato e violento, è sempre triste e non capisce questa nostra assurda famiglia». Per un musulmano, diventare poligamo è ormai più facile in Italia che al suo paese. In Tunisia, la costituzione ha vietato la poligamia addirittura nel 1957, dal 2003 è scomparsa in Marocco e anche nella Turchia "europea" è stata proibita. Qui, invece, il trucco è facile, e il matrimonio plurimo (proibito dall´articolo 556 del codice penale con una pena fino a cinque anni di carcere) può essere celebrato addirittura in tre modi diversi. Si può diventare poligami se si è regolarmente sposata la prima moglie nel paese d´origine (nell´Islam, il matrimonio non è un rito religioso ma un contratto civile) e se si sposa la seconda all´estero, nella propria ambasciata, senza denunciare la prima; oppure se ci si fa raggiungere dalla seconda moglie, sposata in patria, con il meccanismo del ricongiungimento famigliare; infine, se il secondo matrimonio si celebra nella moschea italiana dove, volendo, il rito Orfi permette persino le unioni a tempo: un´ora, trent´anni oppure per sempre. Dunque, si può essere poligami anche per sessanta minuti con buona pace di Allah e della legge italiana. «Io non ho commesso nessun crimine, rispetto il Corano e garantisco lo stesso trattamento e l´identico affetto a entrambe le mie mogli», si difende Mohammed. «Semmai, gli ipocriti siete voi europei che magari avete l´amante e diventate dei poligami clandestini, mentre per noi è tutto regolare: ci assumiamo un doppio impegno, paghiamo molti soldi e non facciamo torto a nessuno. Io dormo due notti con Naima e due con Fatima, se compro un vestito all´una lo compro anche all´altra. E le mie mogli stanno bene, non devono sopportare la fatica della casa da sole e si dividono i compiti. Qui lavoriamo tutti». Sarà, ma il sultano di Porta Palazzo sembra raccontare una verità parziale. L´altra faccia della medaglia la rivela Hayam, sessant´anni, una donna senegalese che vive in provincia di Bergamo e che cinque anni fa ha avuto il coraggio di lasciare il marito poligamo. «Non potevo più sopportare la violenza e le umiliazioni. Mio marito diceva che ero diventata vecchia e stanca, e che lui voleva giocare una nuova carta del mazzo, sono le sue precise parole. Così ha sposato un´altra donna al consolato, lei è più giovane e più bella e gli ha dato pure una figlia. Ma con me, lui ne aveva già fatti quattro. Anch´io sono stata giovane, e anche lei invecchierà e capirà l´errore che ha commesso. Però, poche di noi si ribellano: perché siamo sole, spesso povere e analfabete, senza parenti, non sappiamo neanche a chi chiedere aiuto. Non alla legge italiana, perché è come se non esistessimo». Il vuoto legislativo è un modo per chiudere gli occhi, anche se così soffrono migliaia di donne, bambini e ragazzi. E non è solo un problema nostro. Nelle periferie francesi sono nascosti almeno 100 mila casi di matrimoni poligami, e 60 mila sono stati segnalati in Germania. È una conseguenza, mal gestita, del pluralismo religioso e culturale di cui gli immigrati sono portatori, e l´aumento dei flussi migratori non farà che rendere più vasto il problema. In Italia vivono oltre un milione e duecentomila musulmani, e sono ormai 50 mila gli italiani convertiti all´Islam; si calcola che quasi il 2 per cento di loro sia di fatto poligamo, anche se in totale clandestinità. Nel segreto di questi nuclei famigliari dai confini incerti, si consumano violenze fisiche e psicologiche. E se il poligamo muore, quasi sempre si scatenano risse per l´eredità e la successione. È il momento in cui la prima moglie "legale" di solito si vendica sulla seconda, cacciandola di casa senza un soldo. E il problema s´ingarbuglia quando una di loro decide di separarsi, anche se accade di rado: di nuovo, il tribunale italiano non può sciogliere legami che per lo Stato non sono mai esistiti. Dunque, chi pagherà gli alimenti? Proprio la mancanza di qualsiasi tutela in caso di separazione è la prima causa di scoraggiamento per le donne-schiave: per mangiare, e per continuare ad avere un tetto sulla testa, devono sopportare. «Ma almeno finiamola col mito delle donne islamiche che accettano la poligamia perché fa parte della loro cultura: è pura violenza, invece, è una cosa disumana che provoca solo dolore», ripete Hayam. La quale, però, è una donna che ha studiato e ha saputo cavarsela. Molte tra quelle come lei, in Italia non sanno neppure comporre un numero di telefono oppure chiedere aiuto nella nostra lingua, o soltanto domandare dov´è la fermata del tram più vicina. Per reggere il peso e il piacere di un doppio matrimonio, c´è chi ha scelto una doppia vita però alla luce del sole. Lui è Hassan Moustapha e vive a Brescia, dove ha comprato una villetta bifamiliare che, appunto, divide con le sue due famiglie: la prima moglie al primo piano, la seconda al secondo, in rigoroso ordine. «Così loro non litigano e io non commetto nessuna colpa. Perché per il Corano l´adulterio è uno dei peccati più gravi, mentre mantenere due o più mogli è un grande onore e non è una cosa alla portata di tutti. Bisogna avere generosità, denaro e molto amore. Ho amici italiani che fanno collezione di donne, e nessuna di loro sa dell´esistenza delle altre: questi uomini sono forse migliori di me?».
LIBERO - Enzo Piergianni : "Telefono amico per islamici che non si integrano"
«Ho il terrore di tornarci perché l’anno scorso mi hanno violentata». È la telefonata di una ragazza musulmana che vive in Germania e chiede aiuto perché non vuole andare di nuovo in vacanza nel paese dei genitori, in Marocco. Ha l’incubo che tutto possa ripetersi. Per un anno intero, non aveva avuto il coraggio di confidarsi con nessuno. «Continuavo a soffrire perché non riuscivo a parlarne con gli altri». Ma quando è giunto il momento di fare la valigia e prendere l’aereo per rivedere il padre e la madre, «ho trovato finalmente la forza di fare il vostro numero e di parlare». Il numero è quello di un’utenza telefonica nella capitale tedesca (030-443509821) dove tutti i giorni, dalle ore 16 fino a mezzanotte, una ventina di volontari con padronanza della lingua araba e del turco si alternano alla cornetta nel tentativo di sbrogliare i problemi di un pubblico senza volto ma esclusivamente musulmano. Una sorta di telefono amico per credenti e non credenti di Allah, un anonimo e gratuito confessionale laico, unico nel suo genere. La paura della vacanza in patria della ragazza violentata è stata raccontata ieri sulla Süddeutsche Zeitung dal 36enne Imran Sagir, l’ideatore della hot line consolatoria. «In tutto il mondo non esiste un’altra iniziativa come la nostra», tiene a sottolineare Imran Sagir, barbuto immigrato dal Pakistan. La sua filantropica “invenzione” si chiama Mutes, acronimo di Muslime Telefon Seelsorge. Funziona da pochi mesi e ha crescente successo. Nel mese scorso, le telefonate sono state più di 800. Il 10-15 per cento di quanti chiamano, non aprono bocca e riattaccano quasi subito, evidentemente timorosi di compiere l’ultimo passo per svelare la propria sofferenza. Chiamano da tutta la Germania, ma si può farlo anche dall’estero aggiungendo il prefisso 0049 (togliendo poi lo zero del prefisso). La tariffa è quella ordinaria di una qualsiasi conversazione. Circa tre quarti delle telefonate sono di donne. «Sfogano con noi la sofferenza per problemi matrimoniali, si sentono trattate male dal marito – spiega il volenteroso telefonista pakistano - Quando sentiamo che vengono picchiate, le invitiamo a rivolgersi alla polizia». In molti casi, il numero del Mutes diventa una via di fuga dalle implacabili regole dell’Islam. «Una donna sposata ha chiamato perchè non riusciva più a tenersi dentro il segreto di essersi innamorata di un altro uomo molto giovane». Non sono cose che si possono raccontare facilmente in famiglia o in moschea. La stessa difficoltà si nota “per i problemi dell’educazione religiosa, della scuola, della droga”. Ma c’è anche chi telefona semplicemente per lamentarsi di vicini di casa musulmani scorbutici o chiassosi. Imran Sagir si dichiara soddisfatto “perchè la gente ha compreso che non siamo una hot line dell’Islam”.
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