mercoledì 25 novembre 2009

Porci e vigliacchi di farefuturo

La destra «chic» di Fini difende gli stranieri con metodi da Ventennio

Dice Filippo Rossi che non sta bene indicare la nazionalità dell’autore di un reato. Che non sta bene scrivere sui giornali che a violentare ripetutamente una donna sono stati, mettiamo, tre albanesi. Che lo spacciatore di droga è un marocchino. Che a derubare della sua pensione una anziana signora è stato un romeno. Dice Filippo Rossi che quell’«albanese», quel «romeno», quel «marocchino», sono particolari «assolutamente irrilevanti». Così che, conclude Filippo Rossi, si impone con urgenza un «Codice etico specifico», una «Carta dell’Ordine» inteso come Ordine dei giornalisti, che precluda al cronista l’uso di connotazioni etniche nel riportare i fatti di cronaca nera. Filippo Rossi è una testa d’uovo alla corte di Gianfranco Fini. Sono in molti a sostenere che sia addirittura il suo più ascoltato consigliere (e in tal caso si spiegherebbero molte cose). Responsabile della versione on line di FareFuturo, la fondazione «politico-culturale» che fa capo al presidente della Camera e che si propone di modernizzare la destra italiana, di farla «vincente» perseguendo, fra l’altro, «una visione dinamica dell’identità nazionale» (e con questo si capisce tutto), Filippo Rossi ama definirsi un Gianburrasca. Gli piacciono, insomma, le marachelle. Per il Gianburrasca modernizzare la destra (e farla «vincente») è un gioco da ragazzi. Da un lato essa non deve «rinchiudersi nell’antro di Polifemo ma prendere il largo insieme a Ulisse». E fin qui, fessaggine della metafora a parte, niente di che. Il bello viene adesso: Polifemo o non Polifemo, Ulisse o non Ulisse, quella che Filippo Rossi vagheggia è infatti una destra «trendy, alla moda». E bisogna ammettere che a una destra di ispirazione Dolce e Gabbana, be’, non c’era arrivato nessuno. È comunque di sicuro «trendy», di sicuro «alla moda» (collezione autunno-inverno), battersi affinché sia garantito l’anonimato etnico di quanti si mettono contro la legge. Rosy Bindi non fa che ripeterlo. Ma decisamente poco «trendy» e assolutamente fuori moda il metodo indicato, cioè il fascistissimo controllo sulla stampa. È evidente che la lingua di Filippo Rossi e del suo ventriloquo Gianfranco Fini seguita a battere dove il dente del «male assoluto» duole. Dalla richiesta di una «Carta dell’Ordine» (Ordine, quello dei giornalisti, di maschia origine fascista), traspare infatti la nostalgia per il Minculpop, del quale certamente Filippo Rossi potrebbe essere il Galeazzo Ciano. Per passare da quel «Minimizzare il Natale», che resta una delle perle delle veline del Ventennio a «Minimizzare la criminalità degli extracomunitari o comunitari quando romeni». Tocca dunque proprio a noi, che se c’è una cosa che ci fa girar le scatole è la ventosa retorica sulla stampa libera&indipendente, ricordare a Filippo Rossi che non è irrilevante e meno che mai assolutamente irrilevante, dar conto ai lettori, all’opinione pubblica, della nazionalità dell’autore del tal omicidio o stupro o rapina. Vuoi per la sempre pretesa completezza dell’informazione, che se non è completa puzza al naso delle coscienze critiche della nazione di collusione col nemico, vuoi per contribuire al processo di integrazione multiculturale, etnica e religiosa, per aderire a quella «visione dinamica dell’identità nazionale» che tanto sta a cuore ai Filippi Rossi di destra e di manca. Imponendo, come il Giamburrasca di FareFuturo pretende, il chador alle notizie al fine di rappresentare le turbe di gentili ospiti romeni, extracomunitari, zingari eccetera, immuni dal commettere atti delittuosi, tutti santi, insomma, significa travisare coscientemente la realtà, ciò che non giova al benedetto processo d’integrazione, che ha bisogno di fatti e non di favole. Certo che deve avere le idee un poco confuse, quel Filippo Rossi: li induce a raccontar balle e poi invoca per i giornalisti un codice etico. Va bene prendere il largo insieme a Ulisse, ma a condizione di restar sobri durante la navigazione. Sennò ogni secca è tua e te la saluto la destra «vincente».

Un codice deontologico contro i titoli xenofobi di Filippo Rossi

Questo è l’articolo 5 del Codice deontologico dell’Ordine dei giornalisti sulla privacy: «Nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere (…) il giornalista garantisce il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione…». Così dovrebbe essere, ma così, troppo spesso, non è. “Marocchino stupra ragazza”, “Romeno deruba anziana”, “Tunisino arrestato per spaccio”, “Albanese arrestato per sfruttamento della prostituzione”. E così via. Titoli simili li leggiamo, o li ascoltiamo, ogni giorno. E però quando si tratta di un italiano, si tace. “Tanto è scontato”… Ma allora perché non specificare se l’italiano in questione viene dal Nord o dal Sud, se è di Cosenza, di Varese o di Arezzo? Se è cattolico, ateo o protestante? Se è eterosessuale o omosessuale? La rilevanza ai fini della cronaca, in fin dei conti, è la stessa. Insomma, il discorso è questo: siamo proprio sicuri che quando si fa informazione su atti di violenza e sopraffazione indicare, soprattutto nei titoli “a effetto” la nazionalità o l’etnia di chi li ha commessi, sia così fondamentale? Il più delle volte, è evidente, si tratta di particolari assolutamente irrilevanti. Ma quei particolari, quelle informazioni, finiscono per accumularsi nell’inconscio collettivo. E poi – più o meno volontariamente – possono essere utilizzate a fini propagandistici o di “bassa politica”, o semplicemente come mattoni per costruire nuovi muri di paura, chiusura e diffidenza. È più di un rischio: è quasi una certezza. Le norme di auto-regolamentazione ci sarebbero già, ma forse non bastano. Manca la volontà di applicarle. Manca la “cultura”, manca la prassi. Manca la voglia (forse anche il coraggio) di disinnescare un meccanismo ormai consolidato, un circuito “vizioso” tra i media e il loro pubblico. Da disinnescare non per un buonismo di maniera, sia chiaro. Non certo per nascondere la realtà dei fatti, né per occultare la verità. Perché l’importante, in un paese normale, è la giusta pena inflitta da una giustizia che funziona. Non la gogna pubblica, non il rogo purificatore a cui poi, per ironia della sorte, segue – e non di rado – la più completa impunità. È per questo che sarebbe utile un Codice etico specifico, una Carta dell’Ordine, che stabilisca regole sulla necessità o meno di utilizzare connotazioni etniche nel riportare fatti di cronaca nera. Utilizzo che, a nostro parere, dovrebbe essere – lo diciamo chiaramente – il più possibile limitato. Non può essere certo una legge dello Stato a farlo. Ecco perché riteniamo utile e urgente un’auto-regolamentazione. Lanciamo l’idea, e speriamo che qualcuno la raccolga.

6 commenti:

Nessie ha detto...

Hai capito a cosa dovrebbe servire la libera stampa secondo l'"illuminato" Fini e i suoi "fare fottutisti"? A sapere quanti peli ha la ciofola della D'Addario, quante scopate ha fatto Berlusconi, ma a non sapere chi sia, da dove provenga uno stupratore notturno marocchino con mazza da base ball e coltellaccio in mano, strafatto di droga nonché accoltellatore.Non ci riusciranno, possono scordarselo!

Eleonora ha detto...

Mi auguro e gli auguro il fine carriera entro la chiusura del 2009. Mi fanno letteralmente schifo 'sti animali qui. Che si mettono a difendere altri animali come loro.

Nessie ha detto...

Ho letto anche la seconda parte. Il signor Filippo Rossi sappia che quando all'estero erano italiani come lui a delinquere l'hanno sempre scritto, i giornali dei paesi ospitanti. E noi Italiani non ci siamo mai permessi di mettere il limone in bocca come si fa coi porci allo spiedo a nessuno. Anche se nel corso del tempo è stata dura essere sempre associati alla mafia e ai mandolini. Ora non ce li faremo certo mettere da uno come lui e come il suo padrone alla Camera.

Eleonora ha detto...

Vorrei sapere da questo perfetto imbecille perchè NOI non dovremmo sapere la nazionalità dei criminali? E soprattutto quanto valgono per lui le vittime e i criminali stessi?

Nessie ha detto...

Il problema per la gentaglia come lui e per chi gli dà ordini di scuderia è che per questi "poteri forti" (di cui lui è solo un povero tirapiedi) il più grave dei delitti non è ammazzare, stuprare, rubare o rapinare. Ma SCRIVERE.

rigorenetto ha detto...

un piccolo "appunto" dell'Occidentale a Fare Futuro...