domenica 22 novembre 2009

Gianfranco Fini

Fini e il suo pensiero debole di Achille Ghidoni

Molti, nel PdL, si lamentano di Fini. Il suo pensiero debole, animato da ambizione e insensatezza, produrrà conseguenze, verosimilmente più negative che positive. L’ambizione, in un politico, ci può stare, e da sola può anche essere una qualità. L’insensatezza, invece, può essere solo negativa. La strada imboccata da Fini è quella di un antagonismo poco canonico, proprio in quanto attuato dall’interno, e suggerisce un’analogia con il celebre cavallo di Troia. Il cavallo di Troia era composto da una struttura esteriore, in legno e argilla (trascinato su una piattaforma con le ruote), che faceva da contenitore, con i soldati greci alloggiati nel ventre, ed era ‘manovrato’ da altri ancora (i Greci, capeggiati da Ulisse, ideatore del marchingegno messo in atto per la conquista della città). Fini è il cavallo, utilizzato come leggendario strumento di inganno. La città, con questo inganno, fu conquistata. Non sappiamo che fine fece il cavallo. A vicenda compiuta, la città fu incendiata, e il cavallo pur utile nell’azione bellica poteva solo essere distrutto, e così verosimilmente fu. Gli antagonisti tradizionalmente stanno dall’altra parte, combattono a viso aperto , sono i nemici e si mostrano come tali. In alcuni casi, invece, come nella vicenda del cavallo di Troia, possono fare un attacco proditorio: partono da molto lontano e si infiltrano nelle file avversarie. Quando qualcuno sta al gioco, gli offrono la luna, e così arruolano antagonisti interni alla struttura da conquistare. Fini, coccolato dalla sinistra, ha finito per adottarne proposte indecenti, si è prestato al gioco, ed è diventato un antagonista interno: vede la luna, che, per il momento, è solo nel pozzo. Ciò nonostante, spera che la falda si innalzi a tal punto da poterla almeno toccare con un dito, questa luna. Tuttavia, Fini, che aquila non è, è convinto nell’intimo che questa sia la luna vera, ha molta fiducia nei movimenti delle falde, e che i sogni si avverino (che Berlusconi molli, e di esserne lui il successore). L’antagonismo dal di dentro è la bandiera di Fini, il quale, però, non sembra vedere molto lontano (avrebbe bisogno di qualche diottria, politica, in più). La sua dote principale è l’insensatezza, e quindi l’inaffidabilità. Un giorno decanta ai quattro venti la indiscussa leadership di Berlusconi, salvo poi precisare, due ore dopo, con altre parole e con i fatti, cosa intendeva dire lui, ossia tutto il contrario. Le sue mosse, negli ultimi tempi sono state tutte sbagliate, e tutte dannose alla coalizione cui ha aderito, e con la quale ha raggiunto una posizione istituzionale molto alta. La sua attività di ‘picconatore’, ossia di demolitore della sua stessa casa, ricorda anche quella di quel boscaiolo che ha segato, malaccortamente, il ramo su cui era seduto, finendo poi a terra malconcio. E’ presumibile che la reazione in casa PdL prima o poi si faccia sentire. Quale che sia il botto, che si udirà anche da lontano, ci si chiede quale sarà il destino di Fini. Se non è pensabile che egli provochi una voragine incolmabile nel PdL, ancor meno è pensabile che ci sia un grande spazio per lui a sinistra, dopo aver gratuitamente ‘imposto’ ai quattro venti la celebre (e ridicola) affermazione che Mussolini è stato il più grande statista del secolo scorso. Forse, con quella discutibile affermazione ha voluto prepararsi la strada per finire sul Guinness dei primati, come il più grande statista di questo secolo. Ma Fini dà anche l’impressione di non avere fatto bene i conti. Se Berlusconi ha detto che con Fini tutto è stato chiarito, è intuibile che Fini, invece, dovrà spiegarsi meglio con Berlusconi (che è infinitamente più aquila), al quale è anche debitore, per la sua posizione istituzionale. Una strada che ora sembra potersi aprire a Fini, forse l’unica nel tentativo di sbrogliare l’orribile matassa in cui si è intrappolato, potrebbe essere quella di fondare un nuovo partito (una strada, a fondo cieco). Ne sentivamo la mancanza.

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