giovedì 19 novembre 2009

Partiti islamici in europa

LIBERO - Andrea Morigi : "L'islam si fa il suo partito anche da noi"

«Vota Mohammed, vota Mohammed»,
sussurreranno nottetempo ifedeli di Allah alle loro quattro mogli, adottando la celebre tecnica utilizzata da Totò in prossimità delle tornate elettorali. Prima o poi, i seggi di Montecitorio o di Palazzo Madama ospiteranno qualche deputato o senatore musulmano. È già capitato in numerosi Parlamenti di nazioni europee e ora l’onda arriva anche da noi. Il programma politico si accinge a dettarlo l’Unione delle Comunità e delle Organizzazioni islamiche in Italia, la sigla che vanta al contempo le maggiori pretese di leadership e il più ampio numero di antipatizzanti fra i musulmani associati e non. Così si va alla conta deiconsensi e «per le prossime elezioni, formazioni politiche di ispirazione islamica saranno, a livello nazionale, una realtà anche in Italia, nome e simbolo sono allo studio», annuncia su youtube, ospite del programma KlausCondicio, il portavoce dell’Ucoii, Ezzeddine Elzir. Senza troppe pretese perché, spiega, «gli italiani di fede islamica sono 50mila ed è giusto che chi lo desidera possa votare un partito che difenda le esigenze della comunità musulmana, come è avvenuto in Spagna con la nascita del Prune (Partito del Rinascimento e Unione Spagna)». È la svolta, dopo un lungo periodo di oscillazione verso i partiti più immigrazionisti, che anticipa anche qualche esperimento pilota a livello locale già a partire dalle prossime regionali. In arrivo, rivela, ci sono «forme di aggregazioni che confluiranno in liste partitiche di ispirazione islamica», pronte a partire «già dalle prossime elezioni amministrative, in Lombardia e Piemonte». Circa i programmi di queste realtà, Elzir spiega che verteranno principalmente sulla richiesta di «luoghi di culto, scuole e luoghi di aggregazione dove si possa praticare la nostra religione». Nessun accenno al bene comuneoa interessi più generali: l’unico obiettivo appare autoreferenziale, se non esclusivamente la ricerca del finanziamento ai partiti. È fallita la strategia della lobby, che ha ottenuto finora l’unico risultato di relegare nella marginalità le associazioni islamiche. Si cambia, dando il via a un nuovo tentativo di istituzionalizzazione e di entrismo. Senza prevedibili prospettive di successo. Per i micropartiti non ci sono spazi nel sistema bipolare, ricordava ieri Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, commentando la nascita di un partito islamico in Spagna. Il flop alle urne sembra garantito nel breve periodo, ma i musulmani sanno attendere. Una formazione dichiaratamente islamica sarebbe illegale perfino in Turchia, dove la costituzione non consente di fondare partiti su base religiosa. Se i loro vertici presentano ricorso contro lo scioglimento, finiscono per soccombere perfino davanti alla Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo com’è già accaduto nel 2001. Eppure il modello di riferimento italiano non sembra in realtà molto diverso dall’Akp, il partito di governo turco salito al potere nel 2002 con una maschera di moderazione e scivolato poi, via via, lontano dall’Occidente e verso il mondo arabo. Del resto, ricorda Elzir, partiti islamici esistono già in democrazie liberali. Dunque, aggiunge, «gli italiani non devono averne paura, non sono assolutamente un pericolo per le democrazieparlamentari». E, dove c’è stata la Democrazia cristiana, evidentemente, ci si può presentare senza troppe dissimulazioni. Soprattutto nell’antico bacino elettorale della Balena Bianca. All’esordio del nuovo soggetto politico, il portavoce dell’Ucoii ha già in mente dove andare a pescare voti. Convinto che la comunità musulmana in Italia sia prevalentemente moderata ovvero orientata verso il centro, dichiara che «gli estremisti sono frange assolutamente marginali e delimitate ed è per questo che anche politicamente ci riconosciamo nel centro. Non siamo quindi né di destra né di sinistra». Ci sono paesini in Veneto, in Lombardia e in giro per la penisola dove la popolazione immigrata di religione islamica tocca percentuali del 20 per cento e più. A Mazara del Vallo, nel Trapanese, si sono già ripresi la vecchia casbah e gli italiani non sono graditi. Ma alcuni degli abitanti dei ghetti islamici sono già riusciti a conquistarsi la cittadinanza. E gli obiettivi politici, che si sono rivelati irraggiungibili con la partecipazione alla Consulta islamica (poi congelata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni), potrebbero rivelarsi più vicini grazie a un drappello sufficientemente nutrito di consiglieri comunali: «Se un luogo di culto viene creato dalle comunità in collaborazione con lo Stato - ricorda Elzir - questo sarà una garanzia per la comunità stessa e per il Paese che la ospita. Se ci sono luoghi in cui possono esplodere estremismi è proprio dove lo Stato è assente». Ufficialmente, però, l’Ucoii rimane dietro le quinte e precisa che non parteciperà né indirettamente né direttamente alla costituzione di liste islamiche.

Il FOGLIO - " Le urne della Reconquista islamica "

Roma. “Un’onda che attraverserà l’intera Europa”. Nell’editoriale di prima pagina sul Corriere della Sera Angelo Panebianco ha parlato chiaramente di “ideologia della cosiddetta Rinascita islamica, impregnata di valori antioccidentali”. E’ quest’ideologia ad animare i partiti islamisti in Europa. Un fenomeno dell’ultimo anno che deve dimostrare ancora di avere una reale presa sulle vaste comunità musulmane in Europa. Di una lista civica islamica si parla anche a Milano. Si chiama “Milano Nuova” e ne è leader Abdel Hamid Shaari, rettore di quella moschea di viale Jenner accusata di collusione coi qaidisti e frequentata dal primo kamikaze italiano, Mohammed Game. Shaari è “persona non grata” in un grande paese musulmano come l’Egitto, che l’ha respinto alla frontiera. La lista milanese è ricalcata sul modello del partito norvegese d’immigrati guidato dal giornalista pachistano Ghufoor Butt. In Spagna la lista islamista è guidata da Mustafa Bakkach, celebre docente universitario marocchino residente a Granada, ideatore del Partito Renacimiento y Union de España, che difende i principi del Corano e punta a presentarsi alle amministrative del 2011 per fare il pieno di voti. La Spagna è l’unico paese europeo che ha subìto l’occupazione degli arabi per quasi otto secoli. Il bacino elettorale potenziale del nascente partito conta 1,3 milioni di musulmani. Il partito promette che “terrà conto dell’islam nel suo agire politico, considerandolo come fattore determinante nella rigenerazione morale ed etica della società spagnola”. Di un simile suprematismo shariaco è piena l’Europa. Una Muslim Democratic Union è appena nata in Bulgaria. Il finlandese Islamic Party è stato fondato da Abdullah Tammi, convertito all’islam negli anni Settanta, e ha un “programma verde” (colore sacro all’islam) improntato al fondamentalismo: divieto di vendita di alcolici, esonero per gli studenti di materie non conformi all’islam, un codice di abbigliamento non immorale e così via. Anche in Olanda, dove il nome Mohammed è già oggi il più usato fra i nuovi nati, e ad Amsterdam dove l’islam è la prima religione professata dalla popolazione, si presenterà alle elezioni il Dutch Muslim Party. E’ guidato da un convertito all’islam, Henny Kreeft. In Svezia il musulmano Mohammed Omar sta creando una lista antisionista per raccogliere consensi sulla causa palestinese. In Danimarca c’è la Liberal Alliance, che nelle elezioni del 2007 ha ottenuto cinque seggi al Parlamento e ha come leader il deputato Naser Khader, padre palestinese e madre siriana, il quale reclama da Copenaghen un mea culpa di stato per le vignette sul Profeta. Di “bomba demografica a orologeria che sta trasformando il nostro continente” parla il quotidiano britannico Daily Telegraph, pubblicando i dati emersi dagli studi più aggiornati sull’Europa e l’islam. Nel 2050, un quinto degli europei sarà musulmano. Il venti per cento. Si calcola che, se la popolazione europea di fede musulmana è più che raddoppiata negli ultimi trent’anni, analogo raddoppio sarà registrato entro il 2015. E di lì a salire, fino ad arrivare al venti per cento globale. Ma di successi politici i partiti islamici ne hanno registrati pochi finora. In Inghilterra, laboratorio del multiculturalismo, l’Islamic Party of Britain si è sciolto da tempo. A Stoccolma, città simbolo dell’islamizzazione scandinava, la maggioranza dei musulmani vota saldamente a sinistra. In Belgio la prima deputata con il chador, Mahinur Özdemir, è stata eletta nelle file del Cdh, il partito di ispirazione cristiana. Il primo musulmano scelto per un ministero in Inghilterra, Shahid Malik, è stato voluto da Gordon Brown. A Vienna è stato il centrodestra a portare Sirvan Ekici in Parlamento. E’ la prima deputata austriaca di fede islamica. Siamo in Austria, cattolica al novanta per cento nel Ventesimo secolo, ma dove l’islam sarà la religione maggioritaria nel 2050 tra la popolazione al di sotto dei quindici anni.

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