domenica 29 novembre 2009

European fiction

La grande finzione europea di Ida Magli

Si continua a discutere in Italia della bocciatura di D’Alema alla carica di Ministro degli Esteri europeo (formalmente detto: “Alto rappresentante per la politica estera europea” per non far capire del tutto, come al solito, ai poveri cittadini di che cosa si tratti) con chiacchiere prive di qualsiasi valore sia da parte della maggioranza che da parte dell’opposizione. Ci si accapiglia intorno alle parole altrettanto vacue di Martin Schulz, capogruppo del partito socialista europeo, il quale si diverte a prendere in giro gli uni e gli altri affermando che è stato Berlusconi a non sostenere in Europa la candidatura di D’Alema e insinuando, quindi, che il Capo del governo italiano l’ha presentata al solo scopo di procurargli una magra figura. Inutile dire che le Sinistre si sono gettate su questa versione dei fatti con il massimo della convinzione dato che questo permette di salvare la dignità di uno dei loro massimi esponenti e contemporaneamente di addossare al nemico Berlusconi l’ennesima colpa. Purtroppo gli Italiani sono tenuti talmente all’oscuro della situazione politica dell’Europa, che trovano del tutto convincente questa ridicola polemica, tanto più che i politici e i giornalisti si sono allenati ormai da moltissimi anni, o meglio fin da quando è stata progettata l’unificazione dell’Europa, a fornire le informazioni sugli avvenimenti europei in modo da lasciare sempre quel tanto di oscurità sufficiente a non far capire ai cittadini che l’osannata meta finale è l’abolizione degli Stati nazionali. Il sistema con il quale si è riusciti fino ad oggi a lasciare nei cittadini l’illusione di possedere ancora una patria è proprio quello che abbiamo visto messo in atto in questi giorni per il caso D’Alema. Si accumulano i particolari riguardanti la situazione di una singola nazione, mettendoli in rilievo come se fosse quello il punto di vista valido per valutare gli avvenimenti, mentre viceversa l’unico punto di vista valido è quello che si sono prefissati i quattro o cinque governanti, dei quali è difficile elencare con sicurezza i nomi, che guidano a tavolino la costruzione del Superstato europeo. Il fatto che tutti gli Stati abbiano adottato, dopo un lungo e tortuoso percorso, il trattato di Lisbona, ossia una Costituzione comune che ha sancito definitivamente la morte delle singole Nazioni, è un traguardo che nessun politico vuole più rimettere in discussione. E’ facile capire che gli Stati hanno messo fine alla propria esistenza nel momento stesso in cui hanno rinunciato a gestire la politica estera; questa infatti con il trattato di Lisbona è passata nelle mani dei pochi potenti che prendono le decisioni per tutta l’area euroamericana. Per poter salutare vittoriosamente la meta raggiunta c’era ancora, però, un ultimo ostacolo: l’eventualità di un referendum di ratifica del Trattato, promesso ai cittadini inglesi prima dal Governo Blair poi da quello Brown, e mai svolto fino ad oggi dato che il risultato negativo era più che certo. E’ questo il motivo per il quale una delle due cariche più importanti, create proprio con l’adozione del Trattato di Lisbona, doveva per forza essere assegnata agli Inglesi, in modo da superare di fatto così qualsiasi dubbio sull’accettazione del Trattato e permettere a Brown di non mantenere la promessa. Questa situazione era ben nota a tutti in Europa, sia ai politici che ai giornalisti, per cui qualsiasi candidatura, italiana o meno, D’Alema o meno, non aveva già in partenza nessuna chance e le discussioni in proposito servivano soltanto a nascondere, come al solito, la realtà all’opinione pubblica di tutti i 27 paesi partecipi dell’Unione. Ci si potrebbe chiedere, però, come mai l’esperto politico D’Alema sia caduto nella trappola. E’ questa la parte più significativa, e al tempo stesso più temibile, della “rappresentazione” che si svolge sul palcoscenico d’Europa. C’è, anche fra i politici, chi non ha capito che l’unificazione europea è un disegno di lunga durata a tre facce: la prima è quella segreta, che ha progettato e che guida le altre due anche senza che gli attori ne siano consapevoli; la seconda è quella reale, che lavora alla dissoluzione dell’entità sia politica che culturale dell’Europa; e infine la terza, che serve a nascondere e a proteggere le altre due, e che si svolge con il sistema della fiction a puntate. Ogni puntata pone le basi di ciò che avverrà nelle puntate successive e gli attori si adeguano al ruolo che il pubblico si attende. E’ questo il punto: gli sceneggiatori sanno bene che non possono venir meno alla fiducia del pubblico nei ruoli prefissati. La “rappresentazione” è obbligata. Avviene più o meno la stessa cosa a quasi tutti i politici che si muovono sul palcoscenico europeo. Credono di essere “parlamentari”, rappresentanti del proprio Stato e del proprio partito di provenienza, e talmente abbacinati dalla finzione in atto che non si accorgono neppure del fatto che non può esistere, se non nella finzione, un solo grande Popolo e un solo grande Stato in cui si parlano 27 lingue diverse, o meglio nel quale nessuno capisce la lingua dell’altro e adotta la lingua voluta e tacitamente imposta dall’Impero: l’inglese. Ma cosa importa? Ad impedire che qualcuno potesse avere un soprassalto di realismo è stata volutamente veicolata un’altra astutissima finzione: un’Europa quasi da burla, in cui le decisioni vengono prese da burocrati un po’ scemi o un po’ matti, gente che si trastulla con le misure delle banane e delle zucchine, mentre si lascia credere che in realtà gli unici che contino continuino ad essere gli Stati nazionali e i garanti dell’economia, forti dell’immagine tedesca. La finzione ha funzionato: da anni sono al lavoro fior di psicologi e di sociologi, esperti di pubblicità e di illusioni di massa, dietro alla terza faccia della dittatura europea. Hanno usato contro i Popoli quelle stesse scienze umane che erano nate per comprendere ed aiutare i Popoli. Per questo, dunque, sono stati scelti due “signor nessuno” alle cariche più importanti: devono salvaguardare la seconda e la terza faccia del disegno europeo (la prima non ne ha bisogno: continua a non essere vista). Il Ministro degli Esteri inglese serve a salvaguardare la seconda faccia impedendo il referendum e la terza faccia perché appunto non essendo nessuno, rappresenterà un’Europa inesistente; per giunta, essendo donna, priva di qualsiasi prestigio agli occhi del mondo orientale e africano con i quali dovrà trattare. Non è difficile per noi che abbiamo avuto occasione di conoscerne i gusti da vicino, immaginarci la faccia di Gheddafi in presenza della poco leggiadra signora Ashton. Il Presidente d’Europa belga, a sua volta un signor nessuno che serve alla seconda e alla terza faccia europea perché eletto a quella carica in pratica come controfigura della Germania, e al tempo stesso sicura prova agli occhi di tutti, sia all’interno che all’esterno, che il grande Superstato europeo è una finzione.

0 commenti: