sabato 7 aprile 2012

Vietato criticare il salvatore dell'italia


MILANO - Botta e risposta tra il premier italiano Mario Monti e il quotidiano finanziario americano Wall Street Journal. Materia del contendere la riforma del lavoro.

L'AFFONDO DEL WSJ - «Un'opportunità rara per educare gli italiani sulle riforme economiche». Così aveva definito il Wall Street Journal la missione "pedagogica" di Monti alla cloche di comando del Paese. Per evitare di «sprofondare nell'abisso-Grecia» la riforma-principe è proprio quella del lavoro - secondo il prestigioso quotidiano finanziario - e l'abbandono della concertazione con le parti sociali che sembrava l'esito sorprendente della prima bozza del disegno di legge preparata dal governo aveva fatto presagire uno spartiacque fondamentale della storia repubblicana, in direzione di una presunta funzione taumaturgica del premier-tecnico: «Se a Roma sarà risparmiato il destino recentemente toccato ad Atene, segnatevi questa settimana come il momento della svolta», aveva scritto il quotidiano Usa.

IL TOTEM - Aveva argomentato il Wsj sottolineando come le leggi italiane sul lavoro fossero «fra le più restrittive nel mondo occidentale». Con «il totem dell'articolo 18 che vieta alle imprese con oltre 15 dipendenti di licenziare, indipendentemente dagli indennizzi offerti. Monti ha proposto di sostituire questo schema del posto fisso a vita con un generoso sistema di indennizzi garantiti quando i lavoratori sono licenziati per motivi economici», aveva proseguito il giornale Usa, aggiungendo che «nella gran parte del mondo libero questa sarebbe considerata una riforma utile anche se moderata».

IL CORAGGIO - «Sfidare i sindacati italiani richiede coraggio, e non solo di natura politica. Dieci anni fa questo mese l'economista Marco Biagi fu ucciso da terroristi di sinistra per il suo ruolo nella messa a punto di un'altra riforma del lavoro. L'azione di Monti ha spinto la Cgil, il più grande sindacato italiano, a proclamare uno sciopero generale», aveva poi segnalato il Wall Street Journal, accostando così il presidente del Consiglio alla Thatcher, la Lady di Ferro, che osò sfidare le trade unions ottenendo indiscutibili successi sul fronte della flessibilità sul lavoro, tanto da essere l'icona dei liberisti ultra-convinti e temuta e odiata dai laburisti oltranzisti.

LA DELUSIONE - Ma il dietro-front del governo sul lavoro, che ha rinunciato a eliminare tout court il reintegro nel caso di licenziamento economico illegittimo, sarebbe in realtà una «resa» a coloro che vorrebbero portare l'Italia vicina all' abisso della Grecia. Ecco che - scrive sarcasticamente il Wsj - «la migliore analogia con i britannici potrebbe allora essere con Ted Heath, lo sventurato predecessore Tory» della Lady di Ferro. Motivo del cambio di giudizio è l'aver ceduto alla sinistra della coalizione di governo sull'articolo 18. «Gli ottimisti in Italia - ebbene sì, ve ne sono ancora - dicono che una riforma limitata è meglio di niente. Forse».

LA REPLICA DI MONTI - Monti però ha deciso di non restare in silenzio e di replicare alle critiche del giornale americano. Il presidente del Consiglio ricorda che la riforma «è complessa» e merita «analisi approfondite» e non «giudizi sommari». Riforma, prosegue il premier in una lettera pubblicata proprio sul sito del Wsj che avrà un impatto «grande e positivo sull'economia italiana» e che getta le basi per «l'aumento della produttività e la crescita dell'economia e dell'occupazione». «Non ho mai cercato di essere la Thatcher dell'Italia, quindi non ho obiezioni se ritirirete quel titolo», prosegue Monti che entra nel merito delle critiche e ricorda come i maggiori costi per i contratti a termine «fossero già previsti dalla bozza (del 27 marzo) elogiata» dal Wsj la scorsa settimana. Per quanto riguarda l'articolo 18, «la riforma introduce procedure più veloci e prevedibili per i licenziamenti per ragioni oggettive economiche o di altra natura». Per il presidente del Consiglio elemento centrale è la nuova «veloce procedura extra-giudiziale», che, nel caso «la conciliazione dovesse fallire», consentirà comunque «al lavoratore di rivolgersi ad un giudice, come avviene negli altri Paesi». Solo «in casi estremi» il giudice potrà decidere per il reintegro o per l'indennizzo. In tutti gli altri casi in cui il giudice dovesse accertare che il licenziamento economico è semplicemente non giustificato, «l'indennizzo è fissato ad un massimo di 24 mensilità».

Fabio Savelli

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