lunedì 30 aprile 2012

Traveggole

A tale proposito, visto che in questo post si parla anche di RCA, intelligentemente, alcune provincie della mia terzomondista e terzomondistica regione, hanno deciso di aumentarle del 16% esattamente dal primo maggio. Le provincie sono Ascoli Piceno, Fermo e Pesaro. Quindi, non solo dobbiamo pagare la benzina a prezzi da capogiro (alcuni dicono che in questa regione la si paghi più caro che altrove), dobbiamo comprare gli pneumatici da neve e le catene per l'inverno e se sprovvisti fioccano multe costosissime come se nevicasse, curare la manutenzione delle auto e adesso, l'aumento della RCA senza un apparente motivo... perlomeno, io non l'ho capito e NON avere uno straccio di autobus o mezzo pubblico che ci porti da una cazzo di cittadina all'altra perchè gli autobus fanno solo orari scolastici. Eh, ma le liberalizzazioni di monti ci faranno risparmiare un botto.


Le misure di Monti e del suo governo commissariale sono tali e tante che alcune norme, spesso impacchettate tra le cosiddette liberalizzazioni, sono passate quasi inosservate.Tra queste ve ne sono alcune che solo ora stanno dispiegando il proprio effetto distruttivo o distorsivo. Non parlo dell’IMU, sulla quale sono già scorsi fiumi d’inchiostro, mi riferisco invece a quei provvedimenti “minori”, quali l’obbligo di azzerare le commissioni per rifornimenti di carburante fino a cento euro (analogo alla richiesta di conto corrente a zero spese per i pensionati), oppure il tentativo di equiparare i costi della RCA dal Brennero a Lampedusa. E’ noto che l’assicurazione auto ha costi molto diversificati, a seconda della residenza dell’assicurato, con un premio che cresce rapidamente per alcune aree del sud, Napoli in testa, rispetto al nord ed alla media nazionale. Con l’ennesima convulsione dirigistica, il governo Monti aveva statuito (art. 32 del decreto sulle liberalizzazioni!) che “Per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive e oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte”. Un chiaro obbligo per le compagnie, secondo le intenzioni dell’esecutivo, ad uniformare i trattamenti prescindendo dalla collocazione geografica dell’assicurato (purché “virtuoso” nel suo passato di guidatore). Un’altrettanto chiara follia era però pretendere che lo facessero veramente.

Poiché il premio assicurativo deve tener conto del rischio coperto, è onestamente assurdo non considerare il fatto, assodato, che in alcune aree del meridione, Napoli in testa, il rischio di incidenti è maggiore, proporzionalmente, che altrove, ed è altrettanto se non più vero che proprio molti di quegli incidenti sono risultati tentativi di truffa ai danni delle compagnie. Il desiderio del governo avrebbe perciò comportato un onere potenzialmente molto significativo per le compagnie che non avrebbero potuto fare altro che riversarlo sugli automobilisti del resto d’Italia, attirandosi mille critiche. Le compagnie hanno quindi puntato i piedi, sulle orme della Camusso, ottenendo l’ennesima retromarcia del governo. Ora viene al pettine un’altra questione: quella delle commissioni, da azzerare, sul rifornimento di carburante fino a cento euro. Ovviamente anche in questo caso qualcuno avrebbe dovuto farsi carico dell’onere, giacchè installare, mantenere e difendere le “macchinette” per il pagamento con carta di credito o Bancomat non avviene gratuitamente. Si tratta di un servizio che ha dei costi che, se non pagati dall’esercente e dal cliente, sarebbero interamente a carico dell’istituto di credito che peraltro si fa anche carico di eventuali truffe, rapine e quant’altro. Pur con tutta l’antipatia per le banche, soprattutto in questo periodo, non si può quindi negare anche in questo caso che la norma montiana ha un che di assurdo, ben oltre l’evidente dirigismo statalista che la ispira. Di nuovo, quindi, ci siamo trovati di fronte ad una reazione che, c’è da scommetterci, finirà per costringere il governo ad una retromarcia, esattamente come con le licenze di taxi e farmacie, coi conti correnti a zero spese, con la riforma dell’art. 18. Non possiamo pretendere che i professori al governo le azzecchino tutte, né che riescano in un batter d’occhio dove hanno sbagliato generazioni di politici, vorrei però sommessamente chieder loro di evitarci almeno tirate propagandistiche e voli pindarici. Alla luce di tali e tanti flop, sarebbe infatti opportuno smetterla di vantare iperboliche potenzialità di crescita del PIL, dovute proprio a queste “liberalizzazioni”.

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