mercoledì 4 aprile 2012
In risposta a napolitano
Caro Presidente siamo rimasti stupiti dalla sua frase un po' piccata su chi sventola gli striscioni in favore dei marò. Da un politico di lungo corso come lei, fin dai tempi dell'Unione Sovietica, non ce l'aspettavamo e confidiamo che in cuor suo non voleva provocare i tanti italiani mobilitati in difesa dei fucilieri di marina nelle carceri indiane. Per questo motivo cogliamo la palla al balzo e le sottoponiamo, come da sua richiesta, una serie di ideuzze che ci frullano per la testa. Idee che non possono prescindere dalla volontà di mostrare una volta tanto gli attributi e se necessario sbattere i pugni sul tavolo per far capire a tutti che non siamo la solita Italietta.
Prima di tutto ci chiediamo perchè la Farnesina non ha ancora preso in considerazione il ritiro dell'ambasciatore da New Delhi, che tra l'altro non ha combinato molto dall'inizio della crisi. Sarebbe un segnale forte e chiaro che non ci facciamo prendere a pesci in faccia dagli indiani di turno. Poi bisognerebbe cominciare a mettere sul piatto la nostra presenza a Herat con quattromila uomini e 50 caduti. Per il governo indiano il non lontano Afghanistan è una spina nel fianco manipolata dal Pakistan storico avversario. La presenza dei nostri soldati serve anche ad evitare all'India un nuovo 11 settembre come quello della strage di Mumbai. Se non vogliono mollarci i due marò, che vengano le truppe indiane a sputare sangue e sudore a Herat e dintorni al posto nostro. Non solo: la guerra con i talebani non la stiamo né perdendo, né vincendo, ma lo zio Sam ha già suonato la ritirata per il 2014. Minacciare di tornare a casa prima provocherebbe qualche mal di testa anche a Washington. Forse gli americani, sempre categorici nel processare in patria i loro uomini, compresi i cowboy volanti del Cermis, sarebbero invogliati a far maggiori pressioni sugli alleati indiani per i nostri due marò.
Se questa prima ideuzza le sembra esagerata non dimentichiamoci che siamo presenti in Libano con 1112 uomini e comandiamo la missione delle Nazioni Unite, che non si sono distinte in difesa dei fucilieri di marina nelle galere indiane. I caschi blu di New Delhi, sotto il nostro comando, sono circa 899. Molliamo la guida della missione e torniamocene a casa sempre invitando gli indiani a sostituirci. Poi staremo a vedere come si destreggeranno i caschi blu di New Delhi con gli Hezbollah. Se anche questa ideuzza suona come una rappresaglia troppo forte le ricordiamo, caro Presidente, che il 29 marzo, quasi un mese e mezzo dopo l'arresto di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, è partita da Taranto la fregata Scirocco. La nave della Marina militare andrà a schierarsi con la flotta della missione europea Atalanta, contro la pirateria, al largo della Somalia. Bruxelles non si è proprio strappata le vesti per i marò e la baronessa Catherine Ashton, che rappresenta l'Europa, aveva addirittura scambiato i fucilieri italiani per guardie private. Forse ritirare immediatamente la fregata Scirocco dallo schieramento anti pirateria farebbe capire a tutti, compresi gli alleati, che non scherziamo.
Eventualmente la Marina potrebbe solo continuare a monitorare la petroliera italiana Enrica Ievoli nella mani dei pirati somali da fine dicembre. A bordo ci sono 18 uomini di equipaggio: 6 italiani, 5 ucraini e 7 indiani. Se vogliamo mostrare gli attributi qualcuno farebbe bene ad informare l'ambasciatore di New Delhi a Roma che questa volta si occuperanno gli indiani di liberare i propri connazionali. Non come è successo con la nave precedente, la Savina Caylin, dove i 17 indiani di equipaggio sono stati addirittura liberati qualche ora prima degli italiani, per evitare che i pirati se li tenessero ancora qualche mese. Un'operazione avvenuta sotto gli occhi attenti della fregata Grecale con i marò a bordo pronti ad intervenire se qualcosa fosse andato storto. Neppure l'Onu, che pure pontifica contro la pirateria, ha preso molto in considerazione la causa dei due fucilieri italiani detenuti in India. Un motivo in più per scatenare la «guerriglia» diplomatica al Palazzo di Vetro contro l'India, che vuole da tempo diventare membro permanente del Consiglio di sicurezza. E fino a quando non mollano i marò ricordare come i caschi blu indiani in Congo, la più importante missione dell'Onu, siano noti per ruberie, stupri e amicizie con i locali signori della guerra. Il Giornale non proclama l'innocenza a priori o a qualunque costo di Girone e Latorre, ma solo il sacrosanto diritto di venir giudicati in Italia. Ci rendiamo conto che le nostre ideuzze per i marò non hanno il felpato tenore quirinalizio. Per questo auspichiamo che il capo dello Stato e delle forze armate ne smussi magari gli angoli, rendendole più diplomatiche, ma faccia qualcosa per evitarci la solita figura da Italietta. Oppure ne trovi altre per ridare fiducia a tutti i soldati che servono la patria facendo il loro dovere, come i due marò in galera in India.
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