mercoledì 25 aprile 2012
Accomodamenti...
Nei giorni della sobrietà, delle tasse e dei sacrifici, il governo tecnico di Mario Monti dovrebbe dare il buon esempio. Come sottolineano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, "Palazzo Chigi dovrebbe fare un passo dirompente: rinunciare all'autonomia assoluta per riportare il proprio bilancio sotto la verifica della Ragioneria". In soldoni, anche il governo dovrebbe ricominciare a rendere conto delle sue spese. Così facendo, la presidenza del Consiglio darebbe un clamoroso esempio: rinuncerebbe all'autonomia totale dei propri bilanci e permetterebbe alla Ragioneria Generale dello Stato e alla Corte dei Conti di vigilare sulle spese (e sugli abusi) di Palazzo Chigi.
Il decreto di D'Alema - Il punto è che i conti di Palazzo Chigi furono sottratti alle competenze del Tesoro nel 1999: era il 30 luglio quando con un decreto legislativo venne sancità l'opacità del bilancio governativo. Chi era il premier dell'epoca? Massimo D'Alema, che volle equiparare la posizione di Palazzo Chigi a quelle del Quirinale, Senato e Camera, che non erano soggetti al controllo delle spese. Il risultato del decreto voluto da D'Alema, come ha ricordato nei giorni scorsi il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli, è che "alcuni miliardi di euro vagano senza controlli sostanziali nei bilanci statli".
Spese impazzite - Rendere conto delle proprie spese renderebbe certamente più virtuoso chi amministra: sono i numeri a dimostrarlo senza margini di incertezza. Dal varo del decreto di D'Alema (ossia il 1999) al 2010 per esempio le spese del segretariato generale sono più che raddoppiate, schizzando da 348 miliardi di lire ai 488 milioni di euro. Come sottolinea il Corriere della Sera, l'aumento in termini reali e calcolata l'inflazione è pari al 116 per cento. Emblematico anche il caso di quanto accadde nel 2000, ossia nel primo anno di autonomia contabile, quando le spese, nell'arco di 12 mesi, schizzariono del 28,7 per cento.
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