sabato 7 aprile 2012

Altre tasse...


La relazione tecnica alla riforma del mercato del lavoro smaschera Mario Monti ed Elsa Fornero: per finanziare quella che il presidente del Consiglio ha definito «svolta epocale», su 1,7 miliardi di euro di coperture nel 2013 ben 1,1 miliardi arriveranno da maggiori entrate. Ovvero più tasse. Nel mirino del fisco finiranno soprattutto le imprese che usufruiscono di auto aziendali. Il prossimo anno il governo conta di incassare poco più di 800 milioni di euro dalla riduzione dal 40 al 27,5% della percentuale di deducibilità dei costi e delle spese relative alle autovetture destinate al trasporto di persone (fino ad un massimo di nove posti). Secondo la Cgia di Mestre, a causa della maggiore tassazione si arriverà a pagare fino a 442 euro in più all’anno per ogni mezzo.

La relazione tecnica svela nel dettaglio i contenuti della riforma che dalla prossima settimana sarà all’esame del Senato. Sull’articolo 18, tanto per cominciare, spetterà al lavoratore «provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari». A quel punto il giudice, accertata la «manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento», può decidere per il reintegro. Nelle altre ipotesi, invece, disporrà il pagamento, a favore del lavoratore, di un’indennità onnicomprensiva «che può essere modulata tra 12 e 24 mensilità di retribuzione». Sulla scorta di quanto disposto dall’articolo 2 della riforma, che delega il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, a definire l’«armonizzazione della disciplina» anche ai dipendenti pubblici, entro fine aprile dal tavolo tecnico convocato a Palazzo Vidoni con i sindacati di categoria dovrebbero arrivare le prime conclusioni. Ma i tempi saranno lunghi. «Stiamo discutendo con le organizzazioni sindacali, poi prenderemo le nostre decisioni che andranno condivise nel governo», mette le mani avanti il successore di Renato Brunetta.

Il disegno di legge messo a punto da Elsa Fornero ripristina anche «un periodo massimo di 36 mesi» per la stipulazione dei contratti a termine con lo stesso dipendente. Nel primo di questi contratti non sarà più necessario indicare la causale. E questo al fine di contrastare la tendenza ad utilizzare i contratti a tempo determinato in luogo di quelli a tempo indeterminato. La mancanza della causale, tuttavia, resta limitata ai contratti di durata non superiore ai sei mesi. I contratti a termine, però, costeranno di più: l’aliquota contributiva aumenterà dell’1,4%. Entrate da destinare al finanziamento dell’Aspi, i nuovi ammortizzatori sociali. In ogni caso, tra un contratto e l’altro dovrà trascorrere un tempo più lungo: 60 giorni in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi; 90 giorni in caso di durata maggiore. I contributi a carico del datore di lavoro, invece, saranno ridotti del 50% per un anno in caso di assunzione in somministrazione, con contratto di lavoro dipendente e a tempo determinato, di lavoratori di età non inferiore a 50 anni e disoccupati da oltre dodici mesi. Riduzione che si estenderà a diciotto mesi se il contratto di assunzione diventerà a tempo indeterminato. Novità anche per i papà lavoratori dipendenti: saranno obbligati ad astenersi dal lavoro per un periodo di tre giorni, anche continuativi, entro cinque mesi dalla nascita del figlio. La riforma depositata in Parlamento contempla anche l’erogazione alla madre lavoratrice di un voucher per l’acquisto di servizi di baby sitting da richiedere al datore di lavoro. I voucher saranno erogabili per gli undici mesi successivi al periodo di congedo di maternità.

di Tommaso Montesano

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