mercoledì 11 agosto 2010

La giustizia giusta


Cari amici, capisco che siate scoraggiati. Dallo stato della giustizia, voglio dire. Tante liti, tanti scandali, processi che non finiscono più, innocenti diffamati, colpevoli assolti – insomma un disastro. Per fortuna, contro ogni male ci soccorre la speranza. E per i bravi eurarabi, la speranza è la giustizia islamica: rapida, efficace, forse un tantino dura, ma certamente giusta. Prendete per esempio l'Iran, cui tocca oggi un ruolo guida anche in questo campo. Tutti conosciamo e naturalmente ammiriamo l'efficacia con cui la giustizia islamica sta reprimendo la sovversione delle spie dell'occidente che hanno avuto la faccia tosta di chiamarsi col colore dell'Islam, verdi. Ma pochi considerano a sufficienza l'azione della giustizia islamica iraniana su altri crimini. Per esempio, l'omosessualità. E' il caso di Ebrahim Hamidi, un diciottenne che conosce lo straordinario privilegio di essere stato condannato a morte per omosessualità, senza prove, senza avvocato, avendo lui la faccia tosta di dichiararsi non gay.  Il suo avvocato Mohammed Mostafaei è stato giustamente costretto a fuggire dopo aver provocato uno scandalo internazionale sul caso di un altro cliente, Sakineh Mohammadi Ashtiani anche lei giustamente condannata a morte per adulterio; arrivata in Turchia è stato giustamente arrestata; ma quel paese che forse sta tornando all'Islam è ancora fragile e dunque l'ha rilasciato per le pressioni del diavolo americano. Fatto sta che Hamidi non ha avvocato, ha confessato di essere gay sotto tortura, ma poi ha avuto subito la faccia tosta di rimangiarsi la verità: ma si può? che lealtà è smentire una cosa che hai appena ammesso solo perché non ti torturano più? E però nel diritto iraniano c'è il principio del "sapere del giudice": se un giudice sa per conto suo che le cose stanno in una certa maniera, può decidere senza bisogno di altre prove. E naturalmente senza neppure dover rispondere all'impertinente domanda di come ha avuto personale conoscenza degli orientamenti sessuali di Hamidi. Fatto sta che l'omosessualità può essere punita con le frustate, l'impiccagione o la lapidazione (anche chi fosse vittima di stupro può essere frustato, se il giudice ritiene che abbia "provato piacere"). Chissà se a Hamidi faranno scegliere come morire?

Fra le cose belle dell'Islam c'è anche la sua internazionalità, che mostra come i suoi pregi non siano costumi tribali, ma principi universali. In un altro paese con un altro sistema politico, infatti, l'Afghanistan degli studenti islamici di teologia (questo vuol dire talebani), una donna incinta è stata pubblicamente frustata – con duecento colpi, cioè ridotta a una polpetta umana - e poi finita con tre colpi alla testa per aver commesso la terribile colpa dell'adulterio. L'aspetto interessante è che la colpevole, Bibi Sanubar, 35 anni, del distretto rurale di Qadis nella provincia occidentale di Badghis – era vedova da tempo e dunque il suo adulterio era per così dire virtuale. Così ha spiegato il capo provinciale della polizia Ghulam Mohammad Sayeedi all'agenzia France Press. Ma la giustizia islamica ha questo di bello, che non ammette cavilli: a ogni mente lucida e fedele al diritto naturale è chiaro che la morte dell'onorato consorte dell'adultera non la esimeva dagli obblighi di fedeltà: il suo corpo era di lui per sempre, non vorremo mica ammettere che ci possano essere delle donne che fanno quel che gli pare, no? Onore dunque anche ai taliban, così simili ai giudici iraniani e a tutto l'Islam. E' da loro che ci viene la speranza in una vera giustizia, finalmente rigorosa e capace di individuare e punire efficacemente i reati più gravi.

0 commenti: