giovedì 24 febbraio 2011
Manipolazioni
Rivolte in Egitto e Libia, com'è facile manipolare la stampa... di Marcello Foa
Nei giorni scorsi ho sostenuto che le rivolte in Egitto e in Tunisia sono state ispirate e indirizzate da Washington. La mia, più che una tesi, è una constatazione. La stampa inglese e americana ha pubblicato, in ordine sparso, dei documenti, dai quali emerge il ruolo svolto dal governo americano, in particolare nei moti anti Mubarak. Si è scoperto che nell’autunno 2008 oppositori e blogger si sono riuniti al Dipartimento di Stato per promuovere un’Alleanza democratica allo scopo di rovesciare il regime di Mubarak proprio… nel 2011 e uno dei movimenti più attivi era quello del 6 aprile. Poi si è saputo che nel corso del 2010 Obama, in gran segreto, ha esaminato il ricorso alla piazza per imporre la democrazia in Egitto. E gene Sharp, un accademico di Harvard, che da anni teorizza il ruolo delle rivoluzioni pacifiche per rovesciare regimi autoritari ha ammesso di aver ispirato le rivolte nel mondo arabo, come aveva già fatto in Serbia, con gli studenti serbi del movimento Optor che rovesciarono Milosevic. Ieri mattina il Riformista ha messo a segno un bel colpo giornalistico, pubblicando un'intervista a Ahmed Maher, uno dei fondatori proprio del movimento 6 aprile. Uno scoop, anzi no. Uno scoop mancato, perché l’intervistatrice, del Riformista, Azzurra Meringolo, non ha posto le domande più significative. Sarebbe stata interessante, anzi doverosa, almeno una domanda sulla riunione di Washington del 2008, del tipo: lei partecipò? Chi prese l'iniziativa? Chi erano vostri referenti? Da allora qualcuno vi ha finanziato?
Nell’intervista Maher sostiene di aver partecipato, assieme a un altro attivista di Facebook, Wahel Ghonim, a "un seminario nel quale abbiamo studiato programmazione strategica". Come? Un seminario di programmazione strategica? Notizia strepitosa, la blogosfera e i social network sono popolati da molti internauti brillanti, spesso idealisti, ma difficilmente – tanto più in Egitto – esperti di programmazione strategica. Sarebbe stato interessante saperne di più. Ad esempio: chi ha organizzato quel seminario? Chi lo ha finanziato da chi? Ma nell’intervista l’affermazione fila via come un fatto banale e senza contraddittorio. E ancora: Maher rivela che lo scorso 18 gennaio si è incontrato a Doha con lo stesso Ghonim durante hanno “messo nero su bianco le nostre rivendicazioni”. A Doha? Perché lì? Come hanno fatto a pianificare e a pagare viaggio e soggiorno fino a lì? Comportamento anomalo per dei blogger presentati dalla stampa internazionale come giovani, idealisti e spontanei.
Insomma, il Riformista ha perso una bella occasione, eppure nessuno se ne è accorto semplicemente perché la stragrande maggioranza dei giornalisti si sarebbe comportata allo stesso modo. Non per incompetenza, ma perché i retroscena sul ruolo americano non sono stati strillati dalla grande stampa, ma andavano ricostruiti pezzo dopo pezzo. E' uscito quasi tutto, eppure i giornali, sono rimasti ancorati alle versioni più evidenti dei fatti e, anche avendo la possibilità di incontrare i protagonisti della rivolta, finiscono per ripetere la versione convenzionale dei fatti. L’intervista a Maher è significativa non per il suo valore giornalistico, ma perché testimonia come sia facile manipolare i media in occasioni di grandi avvenimenti. Basta che gli spin doctor al servizio di governi e istituzioni riescano a stabilire un "frame" ovvero una verità incorniciata nella coscienza collettiva. Quel “frame” funziona come un filtro che porta i giornalisti a recepire e trasmettere soltanto le notizie che confortano e riaffermano il giudizio già maturato nella nostra mente. Quelle discordanti vengono o non capite, o minimizzate e comunque rapidamente accantonate dall’opinione pubblica.
In questo modo la stampa, anche quando è libera come in Occidente, sprofonda sistematicamente nel conformismo. E i media finiscono per comportarsi come una mandria o – se preferite – un gregge che si muove sempre nella stessa direzione. E il paradosso è che i giornalisti non ne sono nemmeno consapevoli: ripetono verità acquisite ma sono convinti di essere originali, analitici, e preveggenti. Che disastro, la stampa...
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