mercoledì 23 febbraio 2011

L'aiuto concreto della Ue: 3 funzionari


Tre anime in pena mandate da Bru­xelles a Lampedusa. Si aggirano per l’isola e chiedono: «Va tutto bene con i riconoscimenti degli immigrati?». So­no i funzionari dell’Agenzia Frontex, inviati dopo le pressioni di Maroni e il rimprovero fatto all’Italia dal commis­sario europeo Cecilia Malmstroem, che accusava il nostro Paese di non aver avanzato richieste per l’emergen­za sbarchi, «in caso contrario, la Com­missione avrebbe attivato una missio­ne europea, che in poche ore avrebbe portato a Lampedusa uomini e mez­zi». Ma l’Ue, sul piano operativo, sta sfiorando il ridicolo. Sono arrivati solo tre funzionari. Lunedì. Senza mezzi, né propositi. Tanto che a mettere a punto un pia­no di intervento è il Viminale, che cura i contatti con i responsabili Affari Inter­nazionali di Bruxelles. Ancora ieri il portavoce della Malmstroem spiega­va che la missione «Hermes» si basa su 30 esperti provenienti da mezza Euro­pa, 4 aerei e 2 elicotteri per il pattuglia­mento. Ma dove sono? Sulla carta. Per­ché l’attivazione della missione euro­pea, lanciata due giorni fa dall’ Agen­zia Frontex, fa registrare alla Capitane­ria di porto «nessun mezzo inviato per le ricognizioni marittime». Intanto dal­la Guardia Costiera fanno sapere che neppure i tre si sono visti, dunque «la missione non è affatto iniziata come dicono». Un’amara constatazione che compatta gli operatori italiani a Lam­pedusa, impegnati invece al massimo. E che trova conferme anche allo Stato Maggiore della Difesa, dove si ironiz­za: «A meno che l’invio non sia immi­nente senza averci informato...». Non esiste dunque alcun piano “europeo” d’intervento,capace di muoversi subi­to; come comunicato con stizza dalla Commissione.

Ieri un’altra voce tutt’altro che soli­dale. Secondo una fonte diplomatica, i governi del Nord Europa sarebbero pronti a sostenere che il rimpatrio de­gli illegali, e la valutazione delle do­mande d’asilo, spetta solo al Paese in cui approdano. Dunque: «l’Italia non conti sullo smistamento in Europa». Ma su tre funzionari. Appiedati. Che al momento rappresentano i potenti mezzi dell’Ue. L’Italia si trova dunque a fronteggiare l’emergenza da sola. Lo ha chiarito ieri il portavoce della Malm­stroem, dicendo che la missione Her­mes «è ancora in corso di definizione». In mare ci sono solo mezzi italiani. Guardia Costiera, Marina, Finanza, ae­rei. Da Bruxelles un annuncio. Fumo­so. Tutt’altro che in grado di frenare l’ondata libica pronosticata. Il gover­no chiede assistenza soprattutto per le frontiere. Mezzi e denaro da impiega­re in operazione. Finora in acqua c’è solo l’Italia. E il supporto comunitario sembra ridimensionarsi sempre più. Ieri il centro di Lampedusa ospitava 1.001 migranti, quando potrebbe acco­gliere solo 700. E i tre funzionari Fron­tex non si sono neppure visti. La mio­pia europea non fa previsioni. Non ascolta gli allarmi dell’intelligence gi­rati a Bruxelles. E se da 48 ore la rottura del confine libico dove sono saltati i collegamenti con le autorità referenti è già una realtà, risponde con uno stand by. Perché alla Commissione «non risultano arrivi dalla Libia». Gli sbarchi complessivi sono stati circa 5.400. Sulle spiagge tunisine sono tor­nati i carri armati e le reti per impedire le partenze. Ma sulle coste libiche non ci sono più controlli. La Finanza parla di mancanza di interlocutori e la Cro­ce Rossa in Sicilia si prepara al peggio. Il suo Nucleo di Valutazione esamina le necessità di assistere i migranti del Residence degli Aranci di Mineo, nel Catanese. Dove potrebbero giungere centinaia di persone.

Tutti gli attori concordano con il mi­nistro Maroni: da soli non siamo in gra­do di fronteggiare l’emergenza umani­taria libica. Dal confine del sud, Niger-Ciad-Sudan, in migliaia premono per raggiungere il Vecchio Continente. Maroni ha chiesto all’Europa 100 mi­lioni. Cifra per cui si cerca almeno il sostegno di Spagna, Francia, Grecia, Cipro e Malta in una riunione prevista per oggi a Villa Doria Pamphili. Per convincere Bruxelles con le armi della politica, viste le prese di posizione di Germania e Finlandia, tutt’altro che solidali.
 

Roma - Occorre prepararsi a tutti i possibili scenari, apprestare piani di intervento e di emergenza, per essere pronti a un eventuale "flusso importante" di immigrati dalla Libia, ma senza alzare troppo i toni, per evitare che l’opinione pubblica abbia l’impressione di essere invasa. È quanto sostiene Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), commentando le parole del ministro degli Esteri Franco Frattini, che in un’intervista al Corriere della Sera ha dichiarato oggi che il crollo del regime libico potrebbe portare in Italia 2-300 mila immigrati. Boldrini precisa di non sapere quali siano le fonti del ministro, ma sottolinea come in situazioni simili le stime vengano fatte "sulla base di fonti diverse, quali osservatori locali, intelligence e ambasciate". Quindi ricorda che in Libia "ci sono rifugiati e richiedenti asilo provenienti da diversi Paesi del Corno d’Africa, che in questo momento si trovano in grandissima difficoltà, sia perchè i dimostranti sostengono che siano stati reclutati dei mercenari africani per sparare sulla folla, sia perchè lo stesso figlio di Gheddafi ha detto in televisione che dietro la rivolta ci sarebbero gli stranieri".

Le preoccupazioni della Boldrini. "La posizione dei rifugiati africani è particolarmente a rischio - sottolinea il portavoce dell’Unhcr - nel nostro ufficio sono registrati circa 11.000 tra rifugiati e richiedenti asilo, ma ci sono molte altre persone bisognose di protezione che non sono registrate presso di noi. E queste persone non hanno alcun riferimento nel Paese, da quando nello scorso giugno non possiamo più registrare nuovi richiedenti asilo". Di fronte a quanto sta accadendo in Libia, afferma, "ritengo sia giusto e importante apprestare piani di intervento, prepararsi a vari scenari, ma anche non alzare troppo i toni, per non generare ansia nell’opinone pubblica". Boldrini evidenzia anche come "in una situazione simile, a prescindere da quale sarà l’esito delle proteste, è prevedibile che ci saranno anche libici che non si sentiranno più al sicuro e cercheranno di uscire dal Paese". Un fatto "mai accaduto in passato". Boldrini ricorda infine come l’Italia abbia già vissuto in passato situazioni in cui "arrivavano via mare decine di migliaia di persone in fuga o da un crollo di regime, come nel caso dell’Albania, o da conflitti, come nei Balcani e nel Kosovo. Nel 1999 arrivarono 36.000 persone".

L'allarme della ricercatrice: 2 milioni di profughi. Oggi, dalle pagine del Messaggero, lancia l'allarme la ricercatrice dell'università di Oxford Emanuela Paoletti, suona la campanella d'allarme: "Due milioni di immigrati clandestini potrebbero riversarsi alle nostre frontiere".

1 commenti:

nuovopatriota ha detto...

A mare vanno buttati.
Tutti a mare.
A ingrassare i pesci.
Dessero carta bianca a me...

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+nuovopatriota+
[torneranno i crociati.. e saran mazzate!]