sabato 7 gennaio 2012
Roma, la mala, le cineserie e il multikulti
Qualcuno ha attaccato un biglietto accanto al portone macchiato del sangue di Joy, la bambina cinese di 9 mesi, uccisa dallo stesso proiettile che le ha trapassato il cranio e si conficcato nel cuore del papà che la cullava in braccio, durante una rapina sotto casa, al civico 26 di via Alò Giovannoli a Tor Pignattara. Su quel foglio c'è la data della mattanza, il 4 gennaio 2010. E la scritta vergata col pennarello blu: «L'Italia si vergogna, anche Roma è morta». Un mea culpa che ha sollevato l'ira dei romani, che piangono per le vittime, ma non ci stanno ad essere additati come assassini di bambini. «Vogliono scaricarci quelle morti» si sfogava ieri pomeriggio un omone che aveva appena letto il biglietto. «Ma gli italiani non ammazzano i bambini, nun s'è mai visto che la malavita romana spara ai regazzini. Qui a Tor Pignattara ce n'è di malavita - continua -. Ma questa non è roba nostra. È roba loro, ci vogliono mettere in mezzo». La sua rabbia è la stessa ira covata il giorno prima, quando insieme alle lacrime, ai fiori, alle candele accese sul marciapiede per la piccola Joy e per la sua mamma, Zheng Lian, 26 anni, ricoverata al San Giovanni, e che ancora non sa che la figlia è morta, più di un residente si era ribellato all'idea circolata: che gli autori dell'orribile delitto fossero italiani. «Rifiutiamo il marchio di infamia» avevano detto in molti al bar, o davanti al marciapiede dove don Claudio Santoro, uscito di corsa dalla chiesa di Santa Barnaba, di fronte a via Alò Giovannoli, era riuscito a dare l'estrema unzione alle vittime. «Non possono marchiarci così - aveva reagito il quartiere - solo perché la donna, unica superstite della mattanza, ha detto di aver sentito parlare i due banditi con accento romano». Magari bastasse un accento per prendere quelle belve. Il romanesco lo parlano anche gli stranieri a Parioletti, così si chiama la zona teatro della mattanza, «perché qui non siamo ancora a Tor Pignattara» ha raccontato Antonio, che abita nello stesso palazzo della famiglia sterminata, prima che scomparisse dal frasario degli abitanti. «E sfido - spiega Antonio - i residenti storici non ci sono più. Se ne sono andati via a Ponte di Nona in 30-40 mila quando sono arrivati i cinesi, perché l'Esquilino era una chinatown». Ma ora anche i cinesi stanno per andare via, racconta Antonio. «Si stanno spostando a via dell'Omo dove hanno i magazzini». Un travaso di persone ed etnie. Gli studenti che si dividono gli appartamenti a stanze al posto dei vecchi residenti. Ma le strade di Parioletti, a due passi da Tor Pignattara, una zona strategica tra Casilina e Prenestina, collegata con il centro, anche senza i cinesi resterà piena di stranieri. Alle 5 di pomeriggio ieri a via della Marranella e via Eratostene non si è visto un solo romano. Solo bengalesi e cinesi. Negozi aperti, anche se è un giorno di festa. Mini market, macellerie e barbieri bengalesi. E ancora video club, internet point. Chi non è cinese o bengalese si sente un pesce fuor d'acqua. «Anche io» ammette Anna, polacca, 37 anni, che vive con il marito e la figlia al quinto piano di un palazzo senza ascensore. Gli affitti costano un occhio della testa. «700 euro al mese per una stanza e cucina più le spese di condominio, più tre mesi d'anticio e uno all'agenzia. E quando a fine anno arrivano le bollette dell'acqua è un salasso perché i bangladesh vivono insieme anche 20 persone, e consumano più di tutti, ma paghiamo noi per loro». La convivenza non è facile, e non solo per l'odore di cipolle e sedano che invade le strade. «A via della Marranella affittano anche le cantine - racconta Anna - I proprietari danno una ripulita e ci fanno vivere la gente, con le bombole del gas che possono scoppiare e facciamo tutti la fine del topo, ma nessuno controlla». E circolano soldi che non si sa da dove vengono. «Le donne bengalesi non lavorano e sono piene di figli - continua Anna - hanno i passeggini originali della Prenatal, io e mio marito lavoriamo e non possiamo andare al bar. Invece qui ogni due metri ci sono negozi e parrucchieri bengalesi, ma come fanno? - si chiede - E anche i cinesi, cosa fanno?». Si guarda intorno e conclude: «C'è la mafia».
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5 commenti:
Noi ci facciamo ammazzare nelle nostre case dalla delinquenza straniera. Rubano, stuprano, rapinano e ammazzano e non ci sono abbastanza italiani a gridare a voce alta quanti crimini della globalizzazione e di Schengen abbiamo già dovuto sopportare. Ora basta con questa xenofilia che urla al martirio dello straniero dimenticando tutti i nostri martiri. E sono tanti!
Mi spiace per la piccola, ma smettiamola di sentirci in colpa per un fenomeno che siamo costretti a dover subire.
Tutti sanno cosa fanno o cosa non fanno gli stranieri in italia. Nessuno di loro fa le cose di nascosto... ma, chissà come mai, lo stato le lascia sempre passare chiudendo un occhio e molto più spesso chiudendoli tutti e due. Lì, è chiaro come il sole, c'è stato un regolamento di conti. Perchè i cinesi, si imbrogliano alla grande tra di loro. I cinesi, comprano capannoni, comprano stabili interi, auto di lusso, tecnologia di lusso e abiti di lusso coi CONTANTI. Ma da dove provengono quei contanti? Nessuno se lo chiede.
Sì però in compenso noi siamo monitorati fin nell'orefizio anale. Un poveretto che dopo aver prelevato i fatidici mille euro in contanti, se li è messi addosso per non lasciarli in casa, ma i carabinieri durante una perquisizione glieli hanno confiscati e ha dovuto ottenere il placet dalla sua banca per mostrare la transazione. A che punto ci hanno ridotti!
Ormai c'è la Sindrome di Firenze: è meglio vergognarsi di essere italiani e proclamarlo piuttosto che guardare in faccia la realtà, o sforzarsi di comprenderla senza paraocchi multikulti. A Torpignattara non ci sono caduti, non tutti: da quelle parti la realtà ce l'hanno sotto gli occhi e la conoscono bene, e la Sindrome di Firenze non attacca.
Se la mala romana è come la mala milanese sì, ai suoi tempi cercavano di non convolgere "civili". Poi sono arrivati gli altri, e un tipo nuovo a decennio per 50 anni fino all'agonia attuale. Non so se Roma sia a questo punto, mediaticamente pare meno esposta di Milano ma c'è sempre tempo...
I cinesi hanno voluto occupare tutto lo spazio possibile e impossibile con mezzi che non si possono dire...Hanno detto che gli europei stanno impazzendo per la povertà, beh, a loro la nostra povertà -e ricchezza materiale e di know how- ha fatto molto comodo finora. Qualche prezzo è da pagare, se stanno qui in massa sono bersagli come gli altri, ammesso che non si tratti di regolamenti di conti interni, e se venisse fuori che le cose stanno così e che la moglie ha mentito con la situazione di Roma quel bar non durerebbe a lungo. Giustamente.
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