venerdì 27 gennaio 2012
Strane storie... italiche
Possiamo compiacerci che il ministero degli Affari Esteri utilizzi per i propri funzionari gli stessi criteri di valutazione e di censura del Festival di Sanremo. Il problema che si è posto il ministro Terzi, incerto se indossare le vesti di Pippo Baudo o di Gianni Morandi, è come e cosa canta il console Vattani, in che genere si è misurato, melodico, rock o politico. Già l’anno scorso si era posta la questione per l’ammissione, in perfetta par condicio, di due interpretazioni di Bella ciao e Giovinezza giovinezza. Belle canzoni, ma d’ispirazione politica, una comunista, l’altra fascista. Eppure soltanto canzoni, non necessariamente corrispondenti alla fede politica manifestata con tessere o proclami. Io posso cantarle entrambe, e con me il ministro Terzi, senza essere né l’uno né l’altro, fascista o comunista. Sono orecchiabili, ovvero ci suonano nell’orecchio a me come a lui, e a tanti altri, non più giovanissimi.
Il nostro coetaneo Santoro canticchia Bella ciao in televisione, in una rete di Stato e in dichiarato antagonismo con il governo vigente. Nessuno gliel’ha proibito e nessuno ha minacciato sanzioni per questo. Il modello di Sanremo, più equilibrato di quello della Farnesina, ci insegna intanto che la ragione per cui è inopportuno canticchiare quelle due canzonette è perché esse sono espressione di regimi totalitari. E che nessuno può onestamente affermare che il comunismo con le violenze, le deportazioni, la mortificazione della libertà di parola e di stampa sia un regime più tollerabile del regime fascista. Sono equivalenti. Eppure non mi risulta che nessun ministro degli Esteri abbia sottoposto a inchiesta disciplinare o richiamato in Italia un diplomatico perché ha cantato Bella ciao o si è anche pubblicamente proclamato comunista. Sembra legittimo ed è certamente tollerato manifestare simpatie in quella direzione come nobile manifestazione ideologica. Ma il fascismo resta inopinatamente tabù nonostante i suoi effetti siano cessati molto tempo prima di quelli dei regimi comunisti, alcuni ancora in vigore e con cui la diplomazia italiana intrattiene importanti e convinte relazioni.
Parimenti, un’altra categoria, quella dei magistrati, ha dichiarati militanti che nelle espressioni delle loro convinzioni, nessuno ha stigmatizzato come se potessero essere di pregiudizio alle funzioni. Infatti, ci si chiede davanti al ragguardevole curriculum di Vattani: in che cosa le sue convinzioni politiche «cantate» hanno condizionato o alterato il suo compito - mi dicono esemplarmente svolto - in Giappone? In che cosa le canzoni cantate in Italia in una riunione di CasaPound, come un circolo dei tanti che i diplomatici frequentano, ha compromesso le funzioni di Console ad Osaka o ha messo in imbarazzo i suoi interlocutori giapponesi? Vattani è sempre stato attivo, conosce il giapponese, ha curato la regia di molti bilaterali di politici ed imprenditori italiani e giapponesi, è sempre stato capace ed efficace, per universale riconoscimento, a partire dal concorso dove nessuno gli ha chiesto che simpatie politiche avesse. Non doveva cantare? Non doveva cantare. Ma i grotteschi fervorini, le allusioni al padre Umberto che va in motocicletta, in tuta di pelle nera (sic), le illazioni sullo svolgimento del suo compito (espresse, per esempio, da Francesco Merlo) chiedevano che il ministero lo difendesse per il ruolo che svolge e per come lo svolge, e non si facesse influenzare da indiscrezioni giornalistiche su vicende totalmente private.
Nel commemorare Giorgio Bocca Merlo non ha ritenuto necessario ricordare il suo passato antisemita e la sua adesione al fascismo, che non hanno in alcun modo limitato, pur manifestandosi nella stessa professione, i meriti acquisiti dal celebre giornalista. Qualcuno può aver pensato che il suo valore si dovesse misurare su quel suo errore giovanile? Vattani fascista equivale a Bocca fascista; ma non sono ragioni sufficienti a contrastare la coerenza e il rigore professionale dell’uno e dell’altro. Io non ho visto, nei filmati incriminati, saluti romani, non ho sentito enormità diverse da quelle di certe canzoni di Vasco Rossi o di Lucio Dalla, e non capisco cosa debba sindacare la Farnesina rispetto a un incontro privato le cui immagini e il cui sonoro risultano rubati. Mi sarei aspettato che il ministro degli Esteri dicesse questo, elencando i meriti o stigmatizzando i demeriti professionali di Vattani. Per le prediche, o le questioni di opportunità, l’unico che ha podestà su Vattani, è il padre.
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