martedì 10 gennaio 2012
Monti e le bugie
Si deve credere a Monti? di Bartolomeo Di Monaco
Mi riferisco in particolare alla sua dichiarazione di (l'altro) ieri sera, fatta a Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa, secondo la quale non ci saranno altre tasse per gli italiani. Il presidente del Consiglio parlava come un professore, di quelli abituati a fare simulazioni in studio con computer e software che rispondono più a regole teoriche che pratiche, per cui ciò che ne risulta è ben lontano da ciò che in effetti accadrà. Monti, che per l’ultimo dell’anno ha voluto godersi, pur mangiando un modesto cotechino comprato da sua moglie, lo sfarzo e il prestigio di una stanza di palazzo Chigi, simbolo del potere, da mostrare agli strettissimi familiari ed amici affinché si compiacessero della meta raggiunta dall’anfitrione, e si guardassero intorno pieni di ammirazione, anche ieri sera ha lasciato qua e là il segno di una ambizione e di una boria (che si nascondono spesso sotto le spoglie di una falsa modestia), che molto probabilmente appartengono da sempre alla sua spigolosa personalità. Con sicumera ha dunque dichiarato che non ci saranno altre tasse. Dobbiamo credergli? Ne dubito. Se è vero che anche nei prossimi mesi avremo a che fare con uno spread bieco e cinico, mi domando dove troveremo i soldi per pagare gli interessi di quella parte mastodontica del debito pubblico che scadrà tra febbraio e marzo.
I soldi entrati in cassa in queste settimane, per effetto della straripante ed ossessiva tassazione di cui sono stati fatti oggetto le classi medio e medio basse, se ne sono già andati tanto nella voragine della spesa pubblica che nessuno al momento ha cercato di arginare, quanto negli interessi pagati alla speculazione per i titoli già scaduti in questi giorni. Le casse sono di già vuote, e a tal punto che, come ha scritto Franco Bechis, se lo Stato dovesse pagare le imprese creditrici, fallirebbe. Dunque, la speculazione è la vera padrona del nostro Paese ed essa decide il bello e il cattivo tempo. E, ahimè, ha deciso finora di puntare sul cattivo tempo e di mandare in malora un sacco di imprese che costituivano parte importante del tessuto produttivo di casa nostra. Difficile lanciare lo sviluppo in una situazione simile, quando una significativa quantità di aziende, anche del nord, si trova già in uno stato catatonico. I soldi non verranno da una migliorata produttività, che faticherà anzi a riprendersi. Si dirà che Monti agirà sull’Europa, visto che la situazione italiana è di per sé assai inquietante. Napolitano va proclamando che Monti ha il prestigio necessario per farsi ascoltare. Dubito anche di questo. La Francia e la Germania lo ascoltano e lo ascolteranno per cortesia e dovere istituzionali, ma continueranno a fare i loro interessi. Già l’incontro con Sarkozy si è risolto in una semplice stretta di mano. E allora? Allora Monti deve mettere nel piatto delle trattative una legge che dia certezza dei modi e dei tempi della vendita di una consistente fetta del nostro patrimonio immobiliare.
Finché non faremo questo, il ricatto al nostro Paese messo in atto attraverso l’enorme debito pubblico non avrà fine. Alla Francia e alla Germania, che peraltro hanno buone ragioni storiche per non nutrire fiducia e simpatia verso l’Italia, non interessano le piccole ed insufficienti manovre che Monti riuscirà a realizzare, se riuscirà. Davanti ai loro occhi ci sarà sempre un Paese che ha più di 1.900 miliardi di debito, la cui riduzione con il solo utile di bilancio richiederebbe un numero di anni difficilmente accettabile. O, per converso, una tassazione che il popolo non potrebbe sopportare. Quando Monti si presenta davanti al consesso europeo è questa immagine dell’Italia che si porta dietro, un’immagine sconsolante, assai lontana da quella gagliarda che Napolitano va invocando. Ieri Monti, poi, non ha speso una parola per sollecitare le riforme necessarie ad ammodernare lo Stato e le sue Istituzioni. Pur non essendo materia di sua competenza avrebbe ben potuto raccomandare al parlamento non solo di occuparsene (di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno) ma anche di decidere in tempi brevi. È inutile prendere provvedimenti economici, quando la macchina è arrugginita e perde i colpi. Spero di sbagliarmi, ma se nel corso di questa legislatura nessuna riforma strutturale dello Stato sarà varata, nemmeno la sospensione della democrazia (che c’è stata, eccome) sarà servita a qualcosa. E allora, becchi e bastonati, gli italiani, come sempre.
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