domenica 8 gennaio 2012

Civile convivenza (???)


Genova - L’amore può essere una fetta di prosciutto. Da servire nel piatto di Marco o accomodare nel panino di Laura, nomi di fantasia per due bambini, di cinque e tre anni, che il Tribunale dei Minori vuole assegnare a una famiglia adottiva. Il papà, l’artigiano edile Khalid, non ci sta: è musulmano, ma i figli che ha avuto da una donna italiana sono cristiani. La famiglia adottiva è invece islamica, con la mamma che si è convertita da poco ai precetti di Maometto. Khalid: «Dio è uno solo, ma io voglio che i miei figli crescano nella religione del Paese dove sono nati. E voglio che mangino il prosciutto a merenda e l’arrosto di maiale a pranzo, e la bambina non vada in giro con il velo ma faccia i bagni al mare, e il maschietto quando avrà l’età beva ogni tanto una birra con gli amici…». Una bomba, ad Albenga. Dove le due comunità convivono in pace, da quando gli italiani si sono stufati di fare i braccianti agricoli, e anzi i molti maghrebini hanno cominciato a chiedere la mano delle figlie dei fattori. Con il boom dei matrimoni misti, inevitabili le conversioni: e da qualche mese accanto alla Croce Bianca, alla Bocciofila e agli Alpini in congedo ha trovato sede pure l’Associazione delle donne musulmane, dove le convertite sono la maggioranza. Storico difensore dell’ecumenismo religioso il vescovo, Mario Oliveri. È riuscita a benedire i nuovi concittadini anche Rosy Guarnieri, il sindaco leghista dal volto umano.

«Voglio sapere perché», promette battaglia Khalid, «si è deciso di affidare due bambini cristiani a una famiglia musulmana. E perché i giudici arrivino ad accusarmi di maltrattamenti o disinteresse pur di riuscire a strapparmeli». Sulla delibera firmata dal Tribunale dei minori di Genova si fa riferimento, in effetti, agli articoli 333 e 336 del codice civile: «La potestà decade quando il genitore viola o trascura i doveri…». Non solo: il presidente Giampiero Cavatorta e i giudici Giuliana Tondina, Adele Montobbio ed Eugenio De Gregorio aggiungono che «pur sinceramente affezionato e animato da buone intenzioni, il padre non è in grado neppure di fargli regolarmente visita…».  Khalid non se la prende con la giustizia italiana. Tira fuori il documento che attesta la frequenza delle sue visite alla comunità di recupero dove i due bambini sono ospiti, assieme alla mamma ex tossicodipendente: «Mia moglie ha fatto qualche sciocchezza di troppo, in passato, e sono stato io stesso ad andare prima dai carabinieri e poi dalle assistenti sociali. L’aspetto, un giorno tornerà a vivere con me. Nel frattempo i miei figli possono rientrare a casa: ho un appartamento, un lavoro onesto e un fratello, sposato con una bambina, che può aiutarmi a seguirli». Perché il Tribunale dei minori non ha giudicato sufficienti simili garanzie? «Sfido chiunque a sostenere che tratto male o trascuro i miei bambini. Mi portino una denuncia, una testimonianza. Soprattutto mi spieghino perché tutta questa determinazione: dal Marocco si sta trasferendo in Italia anche mia madre, che è la loro nonna...».

Anche Eraldo Ciangherotti, assessore ai servizi sociali del comune di Albenga, vuole vederci chiaro: «Assieme a Khalid abbiamo presentato una nuova richiesta al giudice. Tra l’altro, siccome diamo alle famiglie affidatarie fino a 535 euro al mese, potremmo dirottare la stessa cifra sui parenti indicati da lui, così la sorveglianza sarebbe garantita anche nelle ore in cui il padre è fuori per lavoro». La famiglia interamente musulmana che vorrebbe adottare i bambini è mossa peraltro da ottime intenzioni, essendosi già occupata di Laura per qualche tempo. «Posso capirli», insiste Khalid, «ma i figli sono miei. Anche il parroco di San Michele mi ha detto che è un’aberrazione affidare due cristiani a una coppia di genitori musulmani: perché questo non conta niente per i giudici? E perché, se io non lo desidero, i miei ragazzi devono crescere nelle tradizioni e nella cultura del Marocco, e non giocarsi le chances che non ho avuto io»? La storia dei bambini contesi sta facendo rapidamente il giro della città, naturalmente, e minaccia di incrinare i rapporti fra le due comunità. Khalid: «Siamo in Italia. Grande affetto per il Marocco, le radici restano là, ma è accettando il modo di vivere del Paese dove si va che si conquista il futuro. Non accetterò mai che me lo portino via. Non rinuncerò mai ai miei figli».

2 commenti:

Maria Luisa ha detto...

la famiglia mussulmana è mossa da 535 buone intenzioni,e dalla possibilità di ricondurre all'islam dua bambini "sviati" dai genitori.
Maria Luisa

PS
Aggiungo che mi fanno schifo i giudici ed il loro comportamento.

samuela ha detto...

Accusano gli autoctoni sani di mente di razzismo ma questa è una sentenza che associa automaticamente una religione ad un'etnia. Arabo=musulmano. Alla faccia dell'ignoranza altrui.