mercoledì 11 novembre 2009

Fort Hood

La linea rossa con l’11/9. Fort Hood, dietro la strage in Texas c’è il network jihadista americano di Roberto Santoro

A una settimana di distanza dalla strage di Fort Hood inizia a delinearsi meglio il profilo del network jihadista a cui è collegato il maggiore Hasan, lo psichiatra dell’esercito americano che ha da poco ripreso conoscenza, dopo aver assassinato 13 commilitoni in un raid kamikaze. Per qualche giorno si è cercato di far passare la tesi del “lupo solitario”, Hasan, un cittadino americano di fede islamica che sarebbe impazzito per quello che il suo Paese ha fatto e sta facendo in Iran e in Afghanistan. Un folle isolato che non può rappresentare la gran massa della comunità musulmana, si dice, integrata pacificamente negli Usa. A ridosso della strage, Vittorio Zucconi scriveva su Repubblica “non sappiamo davvero nulla dell’autore”, se non “quel nome arabo che subito suscita pensieri sinistri” (detto ironicamente, nda). Oggi invece scopriamo qualcosa in più su Hasan e il network "Virginia 11". La moschea di Falls Church, prima di tutto. Il Dar al-Hijrah Islamic Center, la “Terra della Migrazione”, uno dei più grandi e influenti centri di preghiera musulmani degli Stati Uniti. Qui, a due passi da Washington, Hasan veniva a pregare con la sua famiglia. Siamo un quartiere con edifici abitati quasi interamente da famiglie arabo-musulmane, che hanno aperto ristoranti halal e negozietti di money transfer. Nel 2001, mentre Hasan ascoltava i sermoni, dalla moschea passavano i fratelli Nawaf al-Hamzi e Hani Hanjour, poco più che ventenni. Subito dopo i due parteciparono al dirottamento del volo American Airlines 77 che si andò a schiantare sul Pentagono l’11 Settembre (25 morti tra i passeggeri e altri 125 all’interno del Dipartimento della Difesa). Non sappiamo se all'epoca Hasan abbia conosciuto Hamzi e Hanjour ma, prima della strage di Fort Hood, l'FBI è venuta a conoscenza di uno scambio di e-mail tra lo stesso Hasan e Anwar al-Aulaki, uno degli imam della moschea che è considerato un luminare del jihad-fai-da-te. Al-Aulaki, il mentore di Hasan, ha incontrato di persona i fratelli Hamzi e Hanjour nel 2001. Il suo libello “Costanti nel Sentiero del Jihad” è chiaramente ispirato al materiale di propaganda bellica di Al Qaeda. Dopo la strage a Fort Hood, Aulaki ha pregato per di Hasan, definendo il suo gesto “eroico” e incoraggiando altri arabo-americani che servono nelle forze armate a seguirne l'esempio. Ipotizzare che esistano o possano formarsi delle “quinte colonne” jihadiste all'interno dell’esercito americano fa tremare i polsi. Il deputato repubblicano Hoekstra si è chiesto se l’FBI non abbia sottovalutato il carteggio tra Hasan e l’imam del Terrore (una ventina di e-mail in tutto): “Il fatto stesso che un maggiore dell’esercito americano abbia inviato dei messaggi di posta elettronica a un personaggio come Aulaki, ottenendo anche delle risposte, almeno in me avrebbe fatto scattare qualche allarme”. Ieri abbiamo pubblicato un pezzo di Mark Steyn in cui l’autore sostiene che Hasan non può essere considerato un operativo di Al Qaeda, controllato da qualche "mente" del Terrore che si sposta nei deserti dello Yemen o sulle montagne tra Pakistan e Afghanistan. Può essere che Steyn abbia ragione, ma forse ancora non sapeva che Aulaki vive proprio nello Yemen. E' da Sanaa che ha dialogato per e-mail con Hasan. (Lo scorso agosto, il suo sito è stato “bannato” dalle autorità inglesi perché faceva fundraising a favore dei detenuti di Guantanamo). Sempre nello Yemen, Aulaki ha insegnato alla Imam University, una scuola religiosa sunnita che alcuni accusano di fondamentalismo. Il suo fondatore, Abdul-Majid al-Zindani, è stato definito un "un affiliato di Al Qaeda" dalle Nazioni Unite. Tra gli studenti modello figura quel “Johnny Walker” che, ventenne, lasciò gli Usa dopo essersi convertito all’Islam, per andare a combattere a fianco dei Talebani (attualmente sta scontando una condanna a 20 di carcere). La moschea di Falls Church è il punto di riferimento per tutti i credenti e fedeli musulmani della East Cost. E dunque si potrebbe pensare ottimisticamente che le autorità religiose della moschea non siano altrettanto fondamentaliste di chi la frequenta con altri scopi. Che i maggiorenti della comunità si battano per espellere dai luoghi di culto gli estremisti. Dal 2001 l’imam Shaker Elsayyed è la voce più riconosciuta e autorevole della grande moschea. Nei suoi sermoni del Venerdì, ha detto che “Le richieste di riformare l’Islam sono innaturali”, perché “la gente che non può comprendere l’Islam non può neppure arrogarsi il diritto di cambiarlo”. Elsayyed è stato segretario della Muslim American Society (MAS), una costola della “Nazione Musulmana”, storica sigla della comunità islamica americana. Apparentemente, lo scopo della MAS è di “Costruire una società Americana in cui i musulmani non siano solo cittadini attivi, ma cittadini esemplari". In realtà: "I musulmani hanno elevato il significato della parola ‘Americano’, dando nuovo peso a termini come umanità, moralità, spiritualità, giustizia, perché esse derivano dai valori dell'Islam, e che a loro volta non vengono dalla limitata visione dell'Uomo, ma dalla vasta e infinita saggezza di Dio”. Elsayyed, che ha scelto di fare il portavoce non ufficiale della famiglia di Ahmed Omar Abu Ali (uno dei complottardi del fallito attentato al presidente Bush), è pure convinto che i palestinesi di Hamas siano uguali all’African National Congress di Mandela. Ai vertici della moschea è stato anche Johari Abdul-Malik, che oggi presiede il Coordinating Council of Muslim Organization e un'altra miriade di lobby e gruppi di pressione islamici degli Stati Uniti. Malik non solo ha difeso la designazione di Elsayyed alla guida di Falls Church, ma ha offerto sostegno morale ad Ali al-Tamini, il biologo condannato per aver incitato a scatenare una guerra civile negli Usa – reclutando elementi pakistani di Lashkar-e-Taiba nella costruzione di una cellula terroristica (Tamini si difende dicendo che “Oggi ci sono centinaia di persone di fede musulmana che vengono tenuti sotto controllo e sono indagati dal governo degli Stati Uniti”). Questo il background di Hasan. Nelle slides che il maggiore usava per le sue relazioni di lavoro una volta ha scritto: “Noi musulmani amiamo la vita più di quanto voi l’amiate. Combattere per stabilire uno stato islamico per far piacere a Dio, combattere anche con l’uso della forza, è una pratica accettata dall’Islam”. Sembra incredibile ma nessuno si è accorto che stava facendo propaganda per il network jihadista americano; nessuno l’ha interrogato, o si è preoccupato di capire quali fossero le sue frequentazioni abituali. “Se Hasan aveva lanciato dei segnali spiegando alla gente che era diventato un estremista islamico, l’esercito americano avrebbe dovuto mostrare ‘tolleranza zero’ nei suoi confronti, avrebbe dovuto cacciarlo”, ha detto a Fox News il senatore democratico Joe Lieberman, presidente della commissione per la sicurezza interna degli Usa e gli affari governativi. Ma questo non è accaduto. I suoi superiori si sono lasciati impietosire da questo ufficiale musulmano di origini palestinesi che chiedeva l’obiezione di coscienza per i suoi confratelli in partenza per l'Afghanistan. Un uomo che si sentiva tanto vittima del razzismo che lo circondava da prendere la pistola e uccidere più Infedeli possibile.

1 commenti:

Andrea ha detto...

Prima lo davano per pazzo, come lo pseudo-kamikaze, musulmanissimo, dell'attentato alla caserma Santa Barbara.

Minimizzano sempre... " so' ragaaaaazzi, giocavano coi petardi "... altre volte sono " compagni che sbagliano ".

Oppure la parola che va di moda oggi : " balordi ".
Non delinquenti, non assassini, non rom, ma balordi, a momenti diventano dei pittoreschi clochard.

Quando la verità inizia a venire a galla, la notizia regolaremente scompare dalle testate rosse filo-islamiche di casa nostra.