lunedì 25 aprile 2011

Parassiti ricattatori


Per comprendere perché è stato difficile, se non impossibile, trovare un accordo forte con la Tunisia che blocchi il flusso di clandestini su Lampedusa e ne permette il rientro in patria, e ne sia stato firmato ieri a Tunisi uno del tutto inadeguato, è indispensabile avere presenti due cifre: 150 milioni di euro a fronte di 5 miliardi di euro. La prima somma è quella messa a disposizione dal governo italiano a quello tunisino per risolvere il contenzioso. La seconda somma è quella chiesta dal governo tunisino per firmare un accordo cogente. Appare così alla luce del sole quanto è stato chiaro sin dal primo giorno, ma che non è stato messo in luce con chiarezza dai media. Il governo tunisino sta usando dei flussi di clandestini in una logica di filibustering. Non controlla cioè volutamente le sue coste per impedire ai trafficanti di carne umana di partire e si rifiuta di permettere il ritorno dei clandestini perché sa benissimo che questa è una forma vincente per ottenere dall’Italia quei consistenti aiuti economici (5 miliardi di euro, appunto) che giudica necessari per uscire dall’emergenza economica che ha già concorso alla fine del regime di Ben Ali. Nel secolo XVI°, Inghilterra e Francia concedevano delle “lettere di corsa” ai vari Francis Drake per autorizzarli a operare contro le potenze avversarie, con ogni mezzo. Passati cinque secoli, l’Albania, caduto il regime comunista del satrapo Enver Hoxa elaborò un più raffinato e moderno sistema di “guerra di corsa”: permise a organizzazioni senza scrupoli (gli “scafisti di Valona”) di riversare sulle coste pugliesi decine di migliaia di clandestini, fino a quando non riuscì ad ottenere da Roma quanto intendeva avere: consistenti aiuti economici per ricostruire il paese devastato (la “Operazione Arcobaleno”). Passati alcuni anni, Gheddafi, saltate nel 2008, durante il governo Prodi, le trattative con D’Alema per il trattato con l’Italia, ha replicato la stessa tecnica. Ha lasciato volutamente incustodite le sino ad allora super sorvegliate coste libiche a centinaia di imbarcazioni di tutti i tipi dirette a Lampedusa, e strada assolutamente libera sulla dozzina di carovaniere che permettevano di attraversare il Sahara ai convogli di decine di migliaia di profughi dell’Africa sub sahariana. Come per miracolo, non appena Berlusconi riuscì infine nel 2009 a concludere quel difficile e complesso trattato (va ricordato, garantendo appunto 5 miliardi di euro di investimenti alla Libia, a carico dell’Eni, non del contribuente italiano), il traffico di carne umana sul Canale di Sicilia cessò. Anche perché la saggia decisione italiana di effettuare i respingimenti in mare e di ricondurre –Gheddafi infine consenziente- le imbarcazioni sulla costa libica, convinse rapidamente le organizzazioni criminali che le armavano a desistere da un impresa ormai diventata non più redditizia. Nell’arco di tutto il 2010 furono 27, solo 27, i clandestini sbarcati a Lampedusa. Risultato clamoroso e indicativo che peraltro avrebbe dovuto zittire tutti i critici, Onu in testa, della “cinica” politica italiana dei respingimenti. Rendere non più redditizio il trasporto dei clandestini via mare, infatti, ha salvato la vita a centinaia, migliaia di loro che –come purtroppo si è visto ieri e in queste settimane- muoiono affogati prima che la flotta italiana –che opera in modo meraviglioso- li possa intercettare, salvandoli. Il dramma è che l’accordo siglato ora a Tunisi dal ministro Maroni, proprio a cagione del fatto che non si è trovata la mediazione tra i 5 miliardi richiesti e i 150 milioni offerti, è assolutamente inadeguato (“'E’ come se stessimo in un suk”, hanno dichiarato sconsolati gli “sherpa”, i diplomatici italiani). Questo perché l’Ue, unica istituzione in grado di mettere sul tavolo investimenti della portata di quelli richiesti dalla Tunisia mette la testa sotto la sabbia e rifiuta di prendere atto dell’evidenza: siamo di fronte all’anteprima di una emergenza epocale che, secondo quanto stima l’Onu, non appena cesseranno le ostilità in Libia, riverserà nel Canale di Sicilia non meno di 250.000 clandestini. Ennesima prova dell’inesistenza di una Europa politica e della cecità di un Ue che altri non è se non un eccellente mercato unificato con una forte moneta, ma che è diretta da burocrati e politici assolutamente inadeguati.

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