mercoledì 6 aprile 2011
I buffoni
All’Aquila ricostruzione difficile per gli sperperi. Colpa dell’inerzia del Pd di Gian Marco Chiocci
Oggi sono due anni dal terremoto dell’Aquila. E tra polemiche e ripicche lo scaricabarile impera. Laddove il governo nazionale ha fatto tanto e subito costruendo a tempo di record le new town intorno alla città devastata dal sisma, il governo cittadino di centrosinistra, delegato a fare altrettanto, s’è contraddistinto per un’inerzia senza precedenti, tra piagnistei politici, bizantinismi burocratici, pericolosi scivoloni finiti all’attenzione della magistratura. In questo bailamme il sindaco Pd, Massimo Cialente, ha mostrato segni di eccellenza. Giusto ieri in consiglio comunale è riuscito a mettere d’accordo maggioranza e opposizione per togliersi dalle scatole (in termine tecnico «per non avvalersene più») la Struttura tecnica di missione, ente di genesi governativa, riferimento della Regione Abruzzo, preposta al via libera - per legge - dei piani di ricostruzione del centro storico, osteggiati dal primo cittadino, cui sono ricollegati i soldi (4 miliardi di euro) che da due anni attendono di essere presi e spesi. La guerra personale tra sindaco e coordinatore della struttura tecnica ha portato all’impasse. Contestualmente, poi, Cialente ha pensato bene di mettere in piedi una «struttura speciale» formata da quattro esperti, pagati 100mila euro a testa, del costo di 620mila euro annui, soldi prelevati dai fondi per la ricostruzione. A due anni dal terremoto i detrattori del primo cittadino contestano svariate sue iniziative: per cominciare c’è da ricordare il maxi appalto da 50 milioni di euro, vinto dalla ditta «T&P», rinata solo qualche giorno prima l’affidamento, col risultato che l’appalto è stato revocato in fretta e furia dalla stessa giunta Cialente. E che dire del gran casino dell’amministrazione comunale sui 44 milioni di euro ottenuti per i «Mar», i moduli abitativi removibili, oggetto di scontri e veleni per le scelte dei terreni, sui quali la giunta, anche qui, ha poi fatto rovinosamente marcia indietro. Eppoi vogliamo parlare della corsia preferenziale riservata ai primissimi finanziamenti statali a carattere d’urgenza alla già disastrata (economicamente) Accademia dell’Immagine di cui, s’è appreso poi, il sindaco Cialente era presidente? Vogliamo ricordare il filone della «cricca» emerso dalle indagini fiorentine e confluito in accertamenti su ditte e imprenditori amici che - vedi il consorzio Federico II collegato agli indagati toscani Fusi e Di Nardo - lavoravano per i puntellamenti degli stabili pericolanti, con il Comune dell’Aquila? E come dimenticarsi delle polemiche scaturite per la sistemazione, in un resort extralusso di Tortoreto, di familiari e parenti del sindaco mentre i concittadini sfollati friggevano sotto le tende? Si potrebbe infierire ancora sul post terremoto targato Pd. Dalle recriminazioni antigovernative senza se e senza ma al popolo delle carriole ad uso tv: «Professionisti della protesta, senza idee, che mascherano le loro colpe» fu la definizione del Riformista. Le «non scelte» amministrative della giunta Cialente hanno portato quest’ultimo, giusto qualche giorno fa, a un passo delle dimissioni «vere e irrevocabili». Prima minacciate, poi attuate, quindi puntualmente ritirate allorché i ribelli interni sono scesi a più miti consigli. Cialente comanda e non comanda. Continua con la sua guerra col paraocchi. Insiste a prendersela con chiunque, e come un disco rotto attacca il governo per la mancata ricostruzione della sua città che avrebbe potuto iniziare a ricostruire lui attingendo ai 4 miliardi messi a disposizione dal governo. Politica. Solo politica. C’è da pensare al futuro, non dell’Aquila, ma al proprio. Con l’ex presidente della provincia, Stefania Pezzopane, Pd, impegnata a muovergli guerra e il parlamentare Giovanni Lolli, Pd, impegnato a soffiargli la poltrona di sindaco. Che fare allora? Casino. Perché all’Aquila, da due anni, è tutto un casino.
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