domenica 3 aprile 2011

Libia

Parto da questo commento: "E' l'Europa che parla di democrazia da esportare con l'omologazione (economica, sociale ed etica) delle nazioni, fatta passare per "democrazia" mentre, all'insaputa dei cittadini, essa è governata dai veri poteri mondialisti che operano come vogliono. Bildemberg, Club di Roma, fondazione Rockefeller, Massoneria, banchieri, petrolieri e le solite famiglie (Rockefeller, Roschild, Pakard) hanno iniziato da decenni il processo "illuminato" di destabilizzazione delle società occidentali: distruzione del concetto di famiglia, controllo delle nascite, aborto libero, empowerment femminile, abbattimento dei principi etici per promuovere la società nichilista del futuro, basata sul consumismo senza limiti in un mondo egoista e senza più stati nazionali. La cultura che ci domina sta imponendo anche nelle scuole statali e attraverso i media il lavaggio del cervello a tale scopo. L'Italia e il suo governo sono un'anomalia per EU e ONU e per questo dà fastidio ed è sotto attacco".


L’Europa è pro­prio marcia, e il potere ex co­loniale fran­cese, promotore del volo libero e bello sui cieli libici, è sul mar­cio che si muove. Ci siamo mezzo cascati in tanti, all’inizio, seb­bene l’Italia realista e lealista sia stata mol­to diffidente da subi­to. Ora l’impresa fata­le di Libia si sta rive­lando una nuova pic­cola Suez fondata sul­la viltà e sulla menzo­gna. Nel 1956 l’alzata di ingegno anglofran­cese, e la guerricciola bloccata dal solido presidente americano Ei­senhower, portò al ri­lancio del nazionali­smo arabo di Gamal Abdel Nas­ser, a un sempre maggiore insedia­mento sovietico in Egitto e in Medio Oriente, a un indebo­limento di Israele che sfociò nella guerra dei sei giorni, dieci an­ni dopo, con le conse­guenze che sappia­mo e che durano tut­tora. Fu un disastro, ma nel grande scena­rio della Guerra fred­da e della consunzio­ne imperiale d’Euro­pa. Questa aggressio­ne a un dittatore in pensione, per soli sco­pi di politica interna ed elettorale, è un pic­colo disastro, un pic­colo delitto e, peggio ancora, un grande er­rore. La vanità bellica europea è in un certo senso peggiore della paranoia annoiata del Colonnello, ex ter­rorista in terra e in cie­lo ridotto alla sua ver­sione commerciale dall’eroica liberazio­ne ­americana dell’Af­ghanistan e dell’Irak, che lo piegò a una re­sa furba, lui e la sua fa­miglia di finanziatori delle Università dove si conciona di diritti umani universali e si organizzano feste di laurea a tariffa piena per suo figlio Saif al Islam. C’è più verità nella video intervista del giornalista Amedeo Ricucci che nel di­scorso di Obama e nelle video interviste di D’Alema o nelle esi­bizioni del boulevar­dier dei droits de l’homme Bernard­ Henri Le­vy, questi guerrieri ri­luttanti dei miei stiva­li. E sono contento che la Chie­sa cattoli­ca si stia ti­rando fuo­ri dall’im­piccio, con quel suo vescovo di Tripoli che a Tripoli è resta­to, al contrario dei si­gnori ambasciatori e di molto altro perso­nale dei diritti umani occidentali. Per non parlare del Pentago­no e della Cia, che cer­cano di sanare i gua­sti dei portatori di ke­pì blanc e delle loro inutili frenesie, e se ne stanno tornando rapidamente a casa. Il marcio dell’Euro­pa è nel travestimen­to umanitario, a fini di politica interna e di vanità personale del­l­’Iperpresidente fran­cese, di una guerra fal­sa, che si vuole inodo­re, insapore, perfino aromatica, senza vitti­me civili dei bombar­damenti secondo i media arruolati voluttuosamente, senza ca­po né coda secondo chiunque eserciti il buon senso politico. Tut­to nasce da quella balla che l’in­viato di guerra Ricucci ha denun­ciato in solitario: le fonti di disin­formazione erano tutte dalla par­te dei ribelli ed erano piazzate tra Bengasi e Londra, i diecimila mor­ti fatti da Gheddafi non esistono, i bombardamenti del raìs contro il suo popolo sono un’invenzione macabra, le fosse comuni lancia­te in tv erano un piccolo cimitero marino d’antan, la solita emitten­te Al Jazeera imbrogliava le carte e voleva rifarsi non si sa quale ver­ginità sul terreno molle di un Gheddafi odiato dagli islamisti puri e duri, la piazza Tahrir libica era la decomposizione clanica della Cirenaica e una minaccia di guerra civile pendente su poteri insieme risibili e paranoici, che una politica di deterrenza fonda­ta sulla disponibilità all’uso della forza e su dure sanzioni commer­ciali avr­ebbe ridotto in breve a tor­nare nella normalità. I migranti ri­fugiati libici a sorpresa non ci so­no o sono in numero trascurabi­le, ci sono invece quelli tunisini, eritrei e somali, che segnalano una nuova crisi mediterranea tut­ta a spese dell’Italia, Paese aperto ma bloccato dallo scandaloso mu­ro europeo eretto dai cugini fran­cesi a Ventimiglia. Le false informazioni sulle armi di distruzione di massa di Sad­dam sono un incidente irrilevan­te rispetto alle balle di Bengasi, vi­sto che il reattore nucleare di fab­bricazione francese di Osirak, di­strutto nel 1981 dall’aviazione israeliana, non era un’invenzio­ne, e non erano invenzioni l’inva­sione del Kuwait, la sanguinosa guerra con l’Iran, il gas per i curdi e per gli sciiti a decine di migliaia e altri prodigi di destabilizzazio­ne saddamita dell’ordine politico negli anni intorno all’11 settem­bre. La guerra di Bagdad fu assun­zione di responsabilità tragica, cambio di regime e costruzione di una nuova misura costituziona­le per un Paese cardine del Medio Oriente. Fu una dura e necessaria scommessa da parte di una nazio­ne e di una presidenza che sapeva­no di pagare e far pagare un prez­zo tremendo per una sfuggente ma decisiva vittoria sul fronte del­l’islamismo politico e dei regimi canaglia. In Libia si vede il freddo speri­mentalismo politico on the che­ap, a costo ribassato, dello stesso ceto politico francese, anche allo­ra alleato del tribunale internazio­nale umanitario dei mass media, che divise l’Occidente alla sua ve­ra prova di volontà e di passione democratica, e sempre in stretta alleanza con la burocrazia delle Nazioni Unite, sportello per certi­ficati falsi di legalità e illegalità della guerra. La caduta di Ghed­dafi sarebbe una mezza buona no­tizia, da completare con la nasci­ta di qualcosa di serio e di respon­sabile nel governo di quel Paese, roba che non si vede nemmeno alla lontana, ma il modo scelto per combattere la sua declinante e periferica paranoia ha il retrogu­sto dell’esibizionismo e della truf­fa.

2 commenti:

samuela ha detto...

E Tremonti così inviso a Ferrara -ricordo ancora l'esilarante battibecco a Otto e Mezzo tra l'uomodel nord e l'elefantino atlantico- continua a proprorre soluzioni antimondialiste per il paese. Il suo, non quello altrui. Se parla ancora una volta di nazionalizzazione cerchiamoci un bunker perchè i prossimi ad essere bombardati saremo noi. Tanto lo siamo già.

Nessie ha detto...

Articolo confuso e farraginoso quello di Ferrara. Lui ci vede solo il marcio europeo dentro questo brutto affare libico. Ma quello americano? E l'Abbronzato del Nobel per la pace che si nasconde dietro al Sarkofago, non lo vede? E non dice niente dell'Abbronzato che è entrato in guerra senza passare dal congresso parlamentare, violando la costituzione dei Padri Fondatori?