lunedì 8 novembre 2010
(Magistratura) Facce come i culi
MILANO - Con le parole pronunciate a inizio ottobre in occasione del suo intervento alla festa del Pdl a Milano il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha leso il prestigio dell'ordine giudiziario e del pm del processo Mills Fabio De Pasquale: è questa la conclusione alla quale è giunta a maggioranza la Prima Commissione del Csm che, con il voto contrario del laico della Lega Matteo Brigandì, ha deciso di procedere con un intervento a tutela del magistrato milanese.
LE PAROLE DEL PREMIER - Nel suo discorso a Milano Berlusconi definì «famigerato» De Pasquale, parlò di «un'associazione a delinquere nella magistratura» e notò che «tre diversi collegi, quello di primo grado, secondo grado e la Cassazione hanno asseverato» la tesi del pm del processo Mills «dimostrando quindi che c'è un accordo fra i giudici di sinistra che vuole sovvertire il risultato delle elezioni». Inoltre il premier evidenziò che De Pasquale era «lo stesso pm che disse a Cagliari che il giorno dopo l'avrebbe messo in libertà e poi è andato in vacanza», ricordando che «il giorno dopo Cagliari si è tolto la vita». Affermazioni ritenute gravi dalla Prima Commissione che nei prossimi giorni redigerà un documento da sottoporre all'esame del plenum.
L'IMPEGNO DI NAPOLITANO - Erano stati tutti e 16 i consiglieri togati e il laico del Pd Glauco Giostra a chiedere l'apertura di una pratica a tutela del De Pasquale, dopo che era fallito il tentativo di arrivare a una presa di posizione comune anche con i laici del Pdl e della Lega. E a sollecitare il vicepresidente del Csm Michele Vietti a esprimere al capo dello Stato la loro «profonda preoccupazione» per le «ennesime gravissime dichiarazioni», di Berlusconi che - scrissero in quella occasione - minano la credibilità delle istituzioni e rischiano di delegittimare la magistratura tutta. Un timore espresso da Vietti nell'incontro del 13 ottobre scorso con il presidente della Repubblica nel corso del quale Napolitano ribadì il «suo costante impegno per l'esercizio rigoroso delle prerogative costituzionali del Csm».
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