venerdì 26 novembre 2010

Fli


Il giornalista e militante nelle file dell’antifascismo liberale Ernesto Rossi, figura eminente del Partito d’Azione prima e di quello Radicale poi, coniò la brillante definizione di “Padroni del vapore” in un suo famoso pamphlet omonimo scritto negli anni ’50. I padroni del vapore messi sotto accusa da Rossi erano tutti i grandi industriali che avevano favorito il regime mussoliniano e avevano fatto grossi affari nel corso del Ventennio. Se dunque la borghesia italiana e la grande impresa appoggiarono per questioni di interesse l’ex socialista rivoluzionario Mussolini divenuto dittatore fascista, quali sono invece i gruppi industriali ed i poteri più o meno forti corsi in aiuto di Gianfranco Fini, l’ex fascista che ha lanciato un’Opa sul centrodestra ammiccando alla sinistra? È indubbio che esista un “blocco sociale” che simpatizza per il leader di Futuro e Libertà, ne finanzia le iniziative, si dichiara pronto a votarlo e, talvolta, milita al suo fianco. Non certo suoi padroni, ma almeno padrini.

Per rimanere sull’argomento vapore, o meglio gas naturale, salta subito agli occhi un dato significativo: sul sito di Generazione Italia, il movimento nato la scorsa primavera per iniziativa di Italo Bocchino a sostegno di Fini, fa bella mostra di sé un annuncio pubblicitario della Sorgenia, operatore privato nel campo dell’energia elettrica e, appunto, del gas. È però noto che la Sorgenia fa parte del gruppo Cir, quello controllato da Carlo De Benedetti, meglio noto come presidente del Gruppo Editoriale l’Espresso. Non è quindi troppo strana la sponsorizzazione fatta da la Repubblica a favore del Presidente della Camera; soprattutto se si considera il fatto che abbia preso il largo dopo le prime rotture con il Pdl volute da Fini. Il quotidiano diretto ora da Ezio Mauro non è certo nuovo ad interventi decisi nel campo politico, soprattutto quando si tratta di tutelare gli interessi della famiglia o vendicare i torti subiti. Qualcuno ricorderà che la campagna contro Bettino Craxi si scatenò dopo che il governo da lui presieduto mise i bastoni fra le ruote a De Benedetti nell’acquisto della Sme messa in svendita da Prodi. Stesso copione fu quello con Berlusconi, in seguito alla tenzone per la conquista del gruppo Mondadori. È bene tenere conto di questi particolari leggendo e rileggendo i chilometrici editoriali di “Barbapapà” Scalfari che hanno suggerito a Fini il tentativo di detronizzazione. In fondo il nuovo vapore, ovvero il nucleo forte dell’industria postmoderna e postfordista, è la comunicazione.

Oltre a Repubblica, un altro giornale (un altro importante gruppo editoriale) tratta con molti riguardi l’uomo che neanche vent’anni fa proponeva il “fascismo del 2000”: il Corriere della Sera (gruppo Rcs) diretto da Paolo Mieli. Dimostrazione più lampante di questa comunione di interessi è il marchio Rizzoli impresso sul libro che da un anno a questa parte funge da manifesto finiano: “Il futuro della libertà”. Non è questa la sede per dilungarsi sulla superficialità dell’opera e sul suo carattere untuosamente bipartisan (per capirci, non ci si stupirebbe se fosse firmato da Walter Veltroni invece che da Fini). Ma è interessante notare che le precedenti opere dell’ex segretario di An furono pubblicate da case editrici meno prestigiose e distribuite.

“Un’Italia civile”, in realtà una lunga intervista fatta da Marcello Staglieno nel 1999 (molto utile da rileggere per prendere nota delle tante giravolte finiane su presidenzialismo, immigrazione, bioetica, rapporti con l’alleato di Arcore) fu edito dalla fiorentina Ponte delle Grazie. La seconda opera, “L’Europa che verrà”, (altra chiacchierata, questa volta con Carlo Fusi de Il Messaggero) uscì nel 2003 per ripercorrere l’avventura finiana nella Convenzione Europea (non troppo entusiasmante, per la verità) arrivò nelle librerie grazie a Fazi editore, marchio reso celebre più che altro dal best seller soft porno di Melissa P. Il libro sulla campagna europea era, tra l’altro, prefato da Giuliano Amato; quest’ultimo, resosi conto che Fini aveva fatto sua “la migliore cultura democratica, a partire da Norberto Bobbio”, lo accompagnò, mano sulla spalla, nei salotti buoni dell’eurocrazia. Così Fini passò dal dare del tu a Jean-Marie Le Pen al permetterselo con Chirac ed Aznar. Altri meno noti simpatizzanti di Futuro e Libertà si trovano nel gruppo bancario Intesa-San Paolo, in Confagricoltura e Confindustria. Soprattutto nel campo agri-alimentare: se si vocifera un interessamento da parte di Gian Domenico Auricchio (quello del provolone piccante), è manifesta la militanza di Francesco Divella (industriale della pasta). Nonostante l’omonimia, non risulta nella lista degli amici l’imprenditore dei tortellini Fini.

Fra chi presta la propria opera nel settore pubblico o a partecipazione statale rispondono all’appello finiano Pierluigi Scibetta (consigliere dell’Eni), Ferruccio Ferranti (amministratore delegato del Poligrafico della Stato) ed Emilio Cremona (della Gse, azienda che si occupa di servizi energetici controllati dal Ministero del Tesoro): tutti e tre sono membri del comitato esecutivo di Fare Futuro, la fondazione culturale presieduta da Fini “a tempo indeterminato” (così dice lo statuto).Per rimanere nel campo delle fondazioni, è bene ricordare che anche quella voluta da Luca Cordero di Montezemolo (“Italia futura”) ha riservato un posto nel comitato promotore ad Angelo Mellone, giornalista, dirigente Rai e ad altro intellettuale di punta in Fare Futuro. D’altronde non è un mistero che Montezemolo e Fini si guardino da un po’ con reciproco interesse, in dolce attesa del terzo polo. Siamo pur sempre in democrazia e quindi non possiamo tralasciare l’elettorato. Quale blocco sociale è pronto a votare Futuro e Libertà? Da recenti sondaggi emerge che i possibili elettori si definiscono ancora di destra, sono giovani e pensionati (insomma, le categorie non ancora o non più produttive) e soprattutto donne. Che Fini piaccia alle signore, in effetti, è stato rivelato da un altro sondaggio, lanciato la scorsa estate dal sito di incontri extraconiugali clandestini Gleeden. L’ex alleato di Berlusconi è risultato il più votato fra gli uomini politici con i quali si tradirebbe volentieri il marito.

4 commenti:

marshall ha detto...

Ho letto soltanto finora metà dell'articolo, e mi è balzato subito all'occhio quanto sia banderuola quaqquaraqquà Fini. Altro che leader, leader di se stesso, leader dei co... che lo seguono, leader dei miei stivali!: una persona ignobile e meschina che si vende a chi gli offre di più. Un gran furbone che sa il fatto suo in tema di portafoglio personale. Mi ricorda quei capitani di ventura del XV secolo che, al soldo di una data potenza, facevano il voltafaccia e passavano in forza dall'ex avversario e nemico, perchè questi lo pagava di più.
Tornando a Fini e alla sua combriccola dei 34 o quanti sono, dove stanno i suoi/loro ideali? Il suo mentore, Giorgio Almirante, si starà rivoltando nella tomba: "Ma chi ho allevato?? una serpe!"

marshall ha detto...

Letto tutto.
Visti i suoi continui mutamenti d'ideee e d'opinioni, l'idea che mi son fatto è di aver a che fare con un individuo meschino, voltagabbana, orripilante raccontafrottole: mi chiedo chi d'ora in poi ha tempo e voglia di starlo ad ascoltare, visto che è venuta ampiamente allo scoperto l'individuo che è.
Il mome che ha dato al suo movimento - Fare Futuro (che il nostro amico ha ribattezzato Fare Schifo) la dice poi assai lunga sulla bramosia dell'individuo di ingabolare la gente, con la sua forbita abile parlantina.
Persona infida da cui stare abbondantemente alla larga.
Ha fregato Berlusconi, mi chiedo allora chi si possa fidare ancora di lui!

Eleonora ha detto...

Ideali? Io credo che uno come lui di ideali non ne abbia mai avuti. O meglio, l'unico ideale è il miglior offerente a quanto pare.

Massimo ha detto...

Se Fini non avesse mai avuto ideali, si sarebbe iscritto alla Fgci (che non era la Federazione Italiana Giuoco Calcio, ma l'organizzazione giovanile comunista) e non alla Giovane Italia ("mamma" del Fronte della Gioventù). No, le aveva, ma le ha tradite perchè, raggiunto il potere, ha perso la testa e non è più il Fini che esisteva fino al 1994.