lunedì 1 novembre 2010

Europa e immigrazione


L’Europa si risveglia sotto il peso degli immigrati. L’ultima notizia arriva dall’Inghilterra. Nel 2009 è stato Mohammed il nome più usato per i bebè nati in Gran Bretagna; più popolare di Jack, Harry, Oliver. Ma l’Inghilterra non è sola e i Mohammed fanno paura in tutta Europa. Gli immigrati aumentano, si sentono, si avvertono sempre di più. Cresce la paura. In Italia lo ha registrato l’ultimo rapporto della Caritas. Gli stranieri sono cinque milioni, ma gli italiani ne percepiscono molti di più. Colpa dei fatti di cronaca, delle differenze sociali, culturali. Meglio di tutti lo ha spiegato Angela Merkel: «Il multiculturalismo è totalmente fallito». Angela lo sente il vento di populismo e ha aperto il dibattito sul multiculuralismo. E per questo va a destra, vuole contrastare il partito anti islamico. Sono partiti dibattiti, polemiche, mea culpa, rabbia. L’Europa ha fallito e se ne è accorge in ritardo. A perdere è stato il modello basato su una società aperta, dinamica. L’Europa poteva guardare gli Stati Uniti, ma l’Europa non è l’America e il sentimento europeo non ha appeal sui musulmani. La Germania degli anni Ottanta pensava a naturalizzare i figli degli immigrati nati qui. Oggi no. Oggi la Germania chiude, il governo studia misure per imporre corsi d’integrazione agli immigrati. È il segno che qualcosa non funziona, che la ricetta era sbagliata. Oggi corre a costruire soluzioni, a imporre limiti e cercare argini. È in questa prospettiva di inversione di marcia che la Merkel ha proposto una legge durissima contro i matrimoni forzati. Per questo ha previsto un reato specifico punibile con cinque anni di reclusione se l’unione è solo una forma di coercizione. L’iniziativa nasce dalla diffusione, soprattutto tra alcune comunità di immigrati islamici, di obbligare ragazze a sposare uomini scelti dalla famiglia. Oltre al progetto di legge, che dovrà ora passare in Parlamento, il governo dovrebbe approvare misure che rendano più difficile agli immigrati prolungare i loro permessi di soggiorno nel caso in cui non seguano i cosiddetti corsi di integrazione, che prevedono l’insegnamento della lingua e delle leggi tedesche.

L’Europa, come l’Italia, ha paura dello straniero. Cresce la voglia di identità, di nazionalismo, di difesa, spopolano le destre estreme, xenofobe. Vince il partito anti islamico di Wilders in un’Olanda sempre più diffidente. L’omicidio di Theo van Gogh ha lasciato un segno indelebile. Gli olandesi non hanno mai perdonato quel marocchino che in una strada di Amsterdam uccise il regista. Quel giorno qualcosa si è spezzato per sempre. L’Olanda si è sentita ingannata. La tolleranza e l’apertura sembravano all’improvviso temi vecchi, superati. Le regole hanno iniziato a cambiare. Nel 2006 una normativa ha imposto a tutti i nuovi arrivati la conoscenza della lingua e della società locali. Wilders non si ferma all’immigrazione e chiede sempre di più. Gli olandesi sembrano soddisfatti. Nel mirino della destra è finito naturalmente anche il burqa, da vietare negli uffici pubblici, nelle scuole, per le strade.

È la tolleranza zero che soffia sul cielo di tutta Europa. In Francia Sarkozy ha adottato la stessa linea: niente velo integrale. Ma gli applausi per Sarkozy sono arrivati anche per l’espulsione dei rom. Pugno di ferro nei confronti degli zingari, rimandati nel loro Paese d’origine. I politici di sinistra non hanno fatto resistenza. La linea Sarkò è piaciuta a molti. Ma la Francia non è sola: lo scorso 19 agosto la Germania ha deciso di espellere oltre diecimila rom kosovari, fuggiti alla fine degli anni Novanta. Il Consiglio d’Europa ha protestato, ma blandamente: «I Paesi dell’ Europa occidentale dovrebbero smettere di rinviare forzatamente i rom in Kosovo», ha affermato il responsabile dei Diritti Umani, Thomas Hammarberg. E la polemica è finita lì. Scricchiola anche il tipo di integrazione modello, quello svedese. Sotto accusa la nazionalità concessa troppo facilmente e la libertà nel campo del diritto d’asilo. È il risveglio degli svedesi. Ieri sera l’olandese Wilders ha parlato in Parlamento all’Aja: «Signora Merkel, lei ha ragione». E sono partiti gli applausi.

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