giovedì 11 novembre 2010

La politica? Meglio gli insulti...


Tutto fa brodo quando si è convinti che il nemico (politico) sia ormai moribondo. E poco importa la faccia o il nome dell’interlocutore che si ha davanti, specie se si sta nel salotto televisivo radical-chic di turno, meglio se dalle parti di ‘mamma Rai’. Basta solo che quella faccia, quel nome, sia targato Pdl e sia di comprovata fede berlusconiana. Perché è Berlusconi l’obiettivo finale e chiunque gli giri intorno non è che l’elemento contro il quale in quel momento ci si scaglia per fare in modo che il missile arrivi più in alto. Esercizio nel quale la sinistra post-comunista-piddina con ciò che resta (ben poco in realtà) degli ex margheriti è maestra da sempre, con evidenziato in grassetto nel proprio curriculum vitae un master sull’antiberlusconismo lungo sedici anni. Esercizio che adesso piace tanto anche ai futuristi finiani che di questo premier ne hanno piene le tasche, al punto da andare a ingrossare le fila sinistrorse nella marcia su Palazzo Chigi (come si è plasticamente visto in questi giorni durante le votazioni alla Camera e nelle Commissioni) .

Qui non si tratta della difesa d’ufficio del Cav. – non ci interessa e peraltro sa farlo da solo -, tantomeno di Sandro Bondi che martedì nel talk di Giovanni Floris (Ballarò) è diventato, suo malgrado, il bersaglio serale del tiro quotidiano al piccione sul quale i Di Pietro, i Giannini (direttore di Repubblica.it) e le prof. Saraceno in collegamento da Berlino, hanno puntato dritto. No, non è questo. Colpisce però un fatto: il disprezzo, il sottile dileggio, l’ironico sorrisetto che illumina i volti delle vecchie e nuove vestali del politically correct quando parla – o cerca di farlo – chiunque abbia a che spartire col Pdl e il Cav. Come è stato, per l’occasione, col ministro e coordinatore Pdl: il tentativo, cioè, di ridurre a banalità, smontare, confutare a prescindere, tutto ciò che Bondi argomentava.

Non importa cosa, conta farlo e farlo vedere davanti alle telecamere in modo che il messaggio ‘buchi’ il video e arrivi dritto nelle case e nelle teste dei telespettatori. Ma a colpire di più, è come lo stesso virus abbia ormai contagiato e attecchito anche a destra, in quella destra che Fini vuole e interpreta facendo il verso a Sarkozy (la differenza tra l’originale e la copia va da sé). La stessa prosopopea di superiorità – culturale e morale – tanto cara alla sinistra, si è rivista in diretta tv nelle espressioni, nelle battute, nelle sottolineature dell’ancora in carica viceministro allo Sviluppo Economico Adolfo Urso, seduto accanto (ironia della sorte) proprio al ministro Sandro Bondi. Emblematica da questo punto di vista la frase che a un certo punto ha regalato ai presenti guardando in faccia l’ex alleato: “Tu hai detto di aver lavorato per dieci anni ad Arcore. Io ad Arcore non ci sono mai entrato né c’entrerò mai”. Dov’è qui la politica? Dov’è la nuova destra, moderna, europeista, inclusiva, solidale che vuole costruire un futuro migliore e diametralmente opposto al presente berlusconiano?

Se il punto è scansare come la peste, ripudiare con quasi un senso di schifo qualunque cosa o persona abbia un minimo comun denominatore col Cav., vale la pena di ricordare a Urso (evidentemente ha la memoria corta e all’epoca non era poi così schifato) che nel 2001 è stato viceministro per le Attività Produttive con delega al Commercio Estero del governo Berlusconi. Dal 12 maggio 2008 all’8 maggio 2009 è stato sottosegretario allo Sviluppo economico nel Berlusconi-quater e un mese dopo Berlusconi lo ha nominato viceministro dello stesso dicastero. Ragion per cui, se il premier è diventato il male assoluto (la citazione finiana non è casuale) perché Urso sta ancora sulla poltrona di via Veneto? Per coerenza poteva togliersi dall’impaccio e risolvere il suo disagio molti mesi fa, quando è iniziata la “guerriglia” futurista, prima dentro poi fuori il Pdl. “Servo encomio e codardo oltraggio” direbbe Manzoni.

E che dire poi della “Granata” quotidiana? Le agenzie battono le frasi del pasdaran finiano ospite di “Un giorno da pecora” (Radio 2) e tutto – semmai ce ne fosse bisogno – appare ancor più chiaro e netto: “Anche con Vendola, pur di battere Berlusconi. Se si va alle elezioni subito, noi dobbiamo creare presupposti per allearci con chiunque ci stia a creare una condizione di governo diversa. Io non ho preclusioni verso Vendola. Però credo di essere tra i pochi di Fli a non averne”. Alla domanda su chi in Fli è più a sinistra, il vicepresidente della commissione Antimafia (candidato ed eletto nelle liste pidielle con ‘Berlusconi presidente’) risponde serafico: “A sinistra ci stiamo io e Briguglio, al centro c’è Bocchino”. E Fini dove sta?

Lucia Bigozzi

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