venerdì 19 novembre 2010
Piccoli litigi
MILANO - Mara Carfagna è sul punto di lasciare Pdl e governo. Quella che al momento è solo una indiscrezione dell'Ansa (la diretta interessata non conferma e non smentisce) rappresenta, comunque, l'ultimo colpo di scena del terremoto che da settimane scuote il Pdl, culminato nell'uscita dal partito e dall'esecutivo dei parlamentari finiani. L'intenzione del ministro per le Pari Opportunità sarebbe quella di aspettare la verifica parlamentare del 14 dicembre prima di dare le dimissioni. Alla base della sua scelta ci sarebbero gli insanabili contrasti con i vertici campani del partito e «l'incapacità» dei coordinatori nazionali di affrontare i problemi interni al Pdl campano. A chi ha avuto modo di sentirla, inoltre, il ministro ha spiegato di sentirsi «amareggiata» per «gli attacchi volgari e maligni» di esponenti del partito come Giancarlo Lehner, Alessandra Mussolini e Mario Pepe.
MARA E FLI? - Negli ultimi giorni, diversi esponenti del Pdl hanno accusato più o meno velatamente la Carfagna di guardare con interesse a Fli, anche in vista delle elezioni del sindaco di Napoli. Una ricostruzione che Ignazio la Russa non condivide. «Nessuno può avanzare il minimo sospetto che il ministro abbia mai avuto qualsivoglia cobelligeranza con esponenti di Fli» ha voluto subito commentare il ministro. Anche Stefania Prestigiacomo è scasa in campo per difendere la Carfagna. «Basta fuoco amico. Si sta alimentando un gioco assurdo ed irresponsabile per accreditare dissidi e distinguo inesistenti» ha detto, sottolineando che «non è vero che Mara Carfagna intende lasciare il governo». Solidarietà e vicinanza al ministro per le pari Opportunità anche da parte di Sandro Bondi e Franco Frattini. Più duro Giancarlo Lenher, che rispedisce al mittente le accuse di «attacchi volgari e maligni», invitando la Carfagna a rinunciare ai «colpi di teatro».
BOTTA E RISPOSTA BOSSI-FINI - Le notizie sulla Carfagna non fanno che rendere ancora più instabile l'equilibrio sul quale si regge l'esecutivo. Senza dimenticare che a creare scompiglio ha contribuito non poco l'appello alla responsabilità lanciato da Gianfranco Fini tramite un videomessaggio in Rete. I finiani hanno rimarcato con forza di non aver in mente nessun passo indietro né cambi di rotta e di essere pronti a votare la sfiducia al premier. Al contrario, il leader delle Lega Umberto Bossi ha accusato Fini e la sinistra di avere paura delle elezioni e ha spiegato di considerare il ritorno alle urne la strada migliore anche in caso di fiducia in parlamento. Per Bossi Berlusconi potrebbe fare come Fanfani: «Ottenne la fiducia ma si dimise comunque». «Non temo le elezioni, ma non servono al paese» ha replicato prontamente il leader di Montecitorio, invitanto ancora una volta alla responsabilità. «Non faccio il Gran premio, siamo al pit stop», aveva detto in precedenza sempre Fini, rispondendo a una domanda su una sua condotta nei confronti del governo contrassegnata da «stop and go», cioè fermate e fughe in avanti.
PREDELLINO BIS - Secondo Il Giornale, intanto, il presidente del Consiglio sarebbe colto in queste ore dalla tentazione di «rottamare» il Pdl e di creare un nuovo partito, per «dare vita a qualcosa di innovativo». «Boatos di palazzo - scrive il quotidiano - confermano che il Cavaliere avrebbe già incaricato una società di marketing di disegnare un nuovo logo e un nuovo nome per il sempre più probabile ex Pdl». Per Il Giornale «resta il mistero sul nome», ma «quel che è certo è che al premier Popolo della libertà non piace più. Lo trova poco diretto, poco efficace, poco immediato».
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