martedì 16 novembre 2010
Strettoia?
La strettoia in cui sta cacciando Fini di Jim Momo
Solo poco più di un mese fa avevano rinnovato la fiducia al governo sui cinque punti programmatici esposti dal premier in aula e nei prossimi giorni faranno passare uno degli atti più squisitamente politici di qualsiasi governo: la legge finanziaria. Eppure, ritirano ministro e sottosegretari e sono pronti a votare la sfiducia un minuto dopo la sessione di bilancio. Perché ormai non c'è più niente di "politico" che possa bastargli e le eventuali buone ragioni hanno lasciato il posto ad un unico reale obiettivo: far fuori Berlusconi. Domani sul Colle vedremo salire Fini non si sa bene in che veste, se da presidente della Camera o da leader di Fli. E comunque la si voglia pensare, difficilmente si può ignorare l'anomalia di un presidente della Camera che si presenta dal capo dello Stato a ragionare della crisi che lui stesso ha provocato. Le sue non saranno valutazioni da presidente della Camera. Punto.
L'impressione è che l'ipotesi avanzata da Berlusconi, di sciogliere solo la Camera, sia una mossa volta a serrare le fila dei suoi al Senato e quindi ad allontanare lo spettro di un governo "tecnico" (leggasi ribaltone) e ottenere il voto anticipato. E' vero, infatti, che l'artico 88 della Costituzione prevede che «il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Ma ciò appare superato da quando, dagli anni '50, i mandati di Camera e Senato non sono più sfalzati (cinque e sei anni) come inizialmente previsto dai costituenti. Allora perché, si potrebbe obiettare, anche dopo l'allineamento dei mandati delle due camere il legislatore ha ritenuto di mantenere la facoltà in capo al presidente della Repubblica di scioglierne una sola?
Insomma, se dal punto di vista giuridico la questione è quanto meno controversa, è irrealistico aspettarsi che Napolitano decida di sciogliere solo la Camera. Credo che neanche Berlusconi ci creda davvero, piuttosto prova a mettere la pulce nell'orecchio dei senatori. Da quali saranno i numeri con cui verrà sfiduciato, infatti, dipenderanno le chance di un ipotetico nuovo governo. Se, come pare probabile, Berlusconi otterrà la fiducia, anche striminzita, del Senato, Napolitano si vedrà costretto a sciogliere le camere, ed è anche possibile che prima lo incarichi di tentare un Berlusconi-bis. Per ora appare quasi impossibile che riesca a strappare la fiducia anche alla Camera dividendo i finiani, ma in ogni caso quanto più ci arriva vicino tanto più si allontanano ipotesi diverse dal voto.
Credevo che in caso di elezioni Fini sarebbe andato da solo, massimizzando la sua figura di leader, la coerenza programmatica del suo nuovo partito e la sua rivendicata identità di destra (moderna ed europea, s'intende). Pare invece intenzionato ad imbarcarsi in un'impresa terzopolista (con Udc, Api, e con l'Mpa dell'inquisito Lombardo!), che nonostante la pretesa di rappresentare un nuovo centrodestra, apparirà un'operazione centrista, centralista e meridionalista. Dovrà dividersi con Casini la leadership; dovrà spiegare ai propri simpatizzanti che l'agenda laica è rinviata a data da destinarsi; spiegare molto bene agli italiani cosa lo unisce oggi all'ex arci-nemico Rutelli; e infine spiegare come mai, dopo tutto questo casino, non sarà neanche questa volta lui (probabilmente) il candidato premier di questo Terzo polo.
Come se non bastasse, stando alle parole di Bocchino - che fino ad oggi si è rivelato il migliore interprete, persino anticipatore, della linea e degli umori del suo capo - non è da escludere una sorta di "unità nazionale" con il Pd, talmente disperato da rivolgersi anche a Fini per non rimanere isolato dai giochi terzopolisti (il duetto Fini-Bersani di stasera a Vieni via con me potrebbe rivelarsi un boomerang se apparisse quasi impossibile distinguere tra valori di destra e di sinistra). Un Cln antiberlusconiano avrebbe chance di vittoria in misura direttamente proporzionale alla sensazione di pericolo per la democrazia che avvertono gli italiani con Berlusconi, quindi piuttosto basse. A occhio e croce, è più probabile che gli elettori respingano una simile santa alleanza per quello che è: un inaccettabile e indecente guazzabuglio.
Ad un'attenta analisi, inoltre, le possibilità di Berlusconi di conquistare la maggioranza anche nel prossimo Senato con l'attuale legge elettorale sono molto maggiori di quanto si creda. E' vero, se la rischia più che alla Camera, ma perché si ritrovi con meno dei 161 seggi di cui dispone oggi senza i finiani, Fini e i centristi dovrebbe compiere un'autentica impresa. E' possibile, ma molto molto difficile. Che ne siano o meno consapevoli, è ovvio che Fli, Udc e Pd non chiederebbero di meglio che un governo 'ribaltonista' per cambiare la legge elettorale, contando nel frattempo sui soliti aiutini della Corte costituzionale e della magistratura. Un sistema senza premio di maggioranza, con soglie di sbarramento più generose, metà proporzionale metà uninominale, pure che mantenga l'indicazione del premier, permetterebbe a tutti di arrivare in Parlamento e mettersi insieme solo dopo il voto, escludendo Berlusconi. Su Di Pietro (che teme la concorrenza di tanto antiberlusconismo a destra), oltre che su Napolitano, può contare il Cav. affinché la via scelta sia quella delle urne.
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