giovedì 1 luglio 2010

Sentenze...

Due sentenze “esemplari” di Bartolomeo Di Monaco

La prima è quella che condanna Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa in relazione a vicende precedenti al 1992, mentre lo assolve per il periodo che va dal 1992 in poi perché i fatti non sussistono. Naturalmente la sentenza ha già aperto polemiche (qui). La prima osservazione da fare è questa: come è possibile che un uomo giudicato mafioso fino al 1992, dopo tale data non lo sia più? Quando ci si lega con la mafia, l’abbraccio è mortale. Vi si resta congiunti fino alla morte. La mafia non libera nessuno se non facendogliela pagare a caro prezzo. Invece Dell’Utri dal 1992 in poi risulta una santarellino. È una incoerenza che fa pensare che in realtà le accuse contro Dell’Utri (giudicato il tramite del pizzo pagato da Mediaset alla mafia in Sicilia) forse non erano così pesanti e che la condanna ha dovuto tenere conto delle pressioni esterne e perfino interne, se alcuni procuratori (tra cui Antonio Ingroia) vanno già proclamando che la questione non è finita qui. Questo vuol dire che i cittadini devono sottostare alle sentenze, mentre i pm non solo possono criticarle ma possono cercare altre strade per vanificarle e ridicolizzarle. È davvero uno strano mondo questo della giustizia italiana. Ditemi voi se, anche su questo versante, non siamo in presenza di una casta dotata di privilegi specialissimi. Come sappiamo, la Cassazione non potrà pronunciarsi sul merito delle questioni giudicate dal Tribunale, ma su questioni di procedure. Così che, se queste sono state rispettate, la sentenza diverrà definitiva, come pure la condanna, salvo prescrizione. Dell’Utri, dunque, è stato incolpato di aver fatto, fino al 1992, da tramite tra Mediaset e la mafia siciliana che esigeva il classico pizzo, come lo esigeva e lo esige nei confronti di tutte le altre aziende che mettevano e mettono piede nell’isola. Che Mediaset abbia pagato il pizzo è fatto molto grave. Chiunque paga il pizzo commette un reato. Ma viene spontaneo domandarsi se Mediaset sia la prima azienda in Italia che ha pagato il pizzo alla mafia. Non credo proprio e non ci crede nessuno. Dove sono le altre condanne, che dovrebbero essere innumerevoli? La conseguenza di questa sentenza dovrebbe essere quella di spingere i magistrati onesti ad aprire un’indagine a tappeto sul fenomeno del pizzo per sentenziare condanne a raffica del tipo di quella comminata a Dell’Utri. Credete che si farà? Manco a pensarlo. Non lo si è fatto prima e non lo si farà dopo. Mediaset è un’azienda di Berlusconi. È stato bastevole colpire quella. Le altre non lo sono, e quindi lavorino pure in pace. Così va il mondo. Anche quello della giustizia. La magistratura con questa sentenza in realtà accusa se stessa di non essere in grado di amministrare un giustizia che valga per tutti. Oggi Palermo esibisce la sentenza Dell’Utri, ma essa è lo specchio che le rimanda un’immagine molto molto triste. Ora, ovviamente, altri raccoglieranno il testimone e tenteranno l’impresa che non è riuscita in questo processo. Collegare la nascita di Forza Italia alla mafia. Chi sa che cosa uscirà fuori ancora, se ne vedranno delle belle. Ma gli italiani, già dalla desolante esibizione di Spatuzza in mondo visione, si sono vaccinati, e a certa giustizia politicizzata non credono più. La seconda sentenza è quella che assolve l’aggressore di Berlusconi, Massimo Tartaglia. Si sta rischiando di sottovalutarla, ma essa è una sentenza pericolosissima, che apre la strada a tutti coloro che volessero ordire degli attentati alle cariche dello Stato. Basterà assoldare uno psicolabile e il gioco è fatto. Questa sentenza indica la strada. Ora, se è vero che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge, non lo sono nel momento in cui ricoprono soprattutto alte cariche dello Stato. La Costituzione previde addirittura per loro la famosa immunità parlamentare, mai del tutto annullata. Perciò Tartaglia avrebbe dovuto essere condannato, sì alla reclusione temporanea in una casa di cura, ma anche, una volta guarito, ad essere trasferito in un carcere ordinario a scontare una pena ben più adeguata. Quella che gli è stata comminata è una condanna ridicola, e non scoraggia che voglia ordire un attentato alle massime cariche dello Stato, compresa la presidenza della Repubblica. Quando si tratta di attentati di questo tipo, anche se commessi da incapaci di intendere e di volere, la condanna deve essere sempre esemplare e tale da scoraggiare altre imprese dello stesso tipo. Era così difficile capirlo? No, ma attenzione, c’è un perché si è finto di non capire. Fateci caso: tutte e due le sentenze hanno un denominatore comune: Silvio Berlusconi. E allora la logica e la giustizia vanno a farsi friggere. Insomma, a seconda se c’è o non c’è di mezzo Berlusconi, la giustizia cambia faccia e colore, come succede ai camaleonti.

1 commenti:

Massimo ha detto...

Credo che ormai si sia commentato in tutti i modi questa caduta verticale della credibilità della magistratura. Purtroppo il Governo non è ancora riuscito ad intervenire con determinazione per ristabilire una vera Giustizia.