mercoledì 14 luglio 2010

Burqa e niqab


Roma - Il comitato per Islam italiano, presieduto dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha ribadito il divieto di indossare in luogo pubblico indumenti quali burqa o niqab che rendono irriconoscibile la persona: si tratta di un divieto motivato da ragioni di pubblica sicurezza e "presunte interpretazioni religiose" non sono "giustificati motivi per eludere tali esigenze di ordine pubblico". Ma visto che si tratta di indumenti per i quali in realtà non vi è un obbligo religioso, il comitato suggerisce di deconfessionalizzare la materia: ovvero "le leggi evitino ogni specifico riferimento all’Islam e a questioni che attengano al velo o alla condizione della donna musulmana".

"Il Comitato - spiega in una nota il Viminale - ha predisposto un parere sulle proposte di legge pendenti, intese a confermare che l’uso in luogo pubblico di indumenti che coprono interamente il volto e rendono la persona irriconoscibile (quali il burqa e il niqab) deve rimanere vietato per ragioni di pubblica sicurezza, né presunte interpretazioni religiose costituiscono ’giustificati motivì per eludere tali esigenze di ordine pubblico". Inoltre "il Comitato, intervenendo su queste proposte dal punto di vista dei rapporti con l’Islam, ha chiarito che quello del burqa e del niqab non è un obbligo religioso che derivi dal Corano, né è riconosciuto come tale dalla grande maggioranza delle scuole giuridiche islamiche". "La materia - prosegue la nota del Viminale - va dunque 'deconfessionalizzata', e il Comitato suggerisce che le leggi evitino ogni specifico riferimento all’Islam e a questioni che attengano al velo o alla condizione della donna musulmana, limitandosi a ribadire che persone travisate in modo da non essere riconoscibili - salvi giustificati motivi che attengono alla salute o alla sicurezza nella circolazione o sul lavoro - non possono essere identificate dalle forze dell’ordine, individuate dai conoscenti e se del caso descritte dai testimoni".

La riconoscibilità delle persone - si ribadisce - deve essere invece garantita, "tanto più a fronte del rischio internazionale - che non è scomparso - collegato al terrorismo". Il parere del Comitato è inviato dal ministro dell’Interno al presidente della Commissione affari costituzionali della Camera, davanti alla quale si è avviata la discussione di varie proposte di legge in materia. Il presidente Bruno - ricorda il Viminale - nei giorni scorsi aveva formalmente chiesto di conoscere il parere del Comitato, una volta elaborato. Inoltre, il Comitato per l’Islam italiano ha dato atto che il diritto dei Paesi Islamici si fa carico delle esigenze del minore, che non sia adeguatamente assistito dalla famiglia naturale, attraverso l’istituto della Khafala, cioè attraverso l’affidamento del minore ad adulti in grado di provvedere alle sue necessità.

Il Comitato ha riconosciuto l’opportunità che - nella legge di recepimento della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, che lo Stato italiano è tenuto ad approvare in tempi stretti - venga emanata una disciplina degli effetti della Khafala. Tale disciplina - si sottolinea - nel rispetto delle peculiarità dell’istituto - dovrà assicurare la massima tutela del minore, specie quando sia in stato di abbandono, e ne garantirà la permanenza in Italia, finchè dura l’affidamento, in base alle medesime regole che disciplinano il diritto di permanenza dell’affidatario. Il Comitato - sottolinea la nota - ritiene che l’emanazione di una legge specifica e organica sia opportuna per "superare le incertezze cui ha finora dato luogo il riconoscimento, in via meramente giudiziaria, di taluni effetti della Khafala". Anche "per assicurare un penetrante controllo del tribunale dei minori, meglio definire il rapporto tra l’affidatario e il minore e garantire i diritti dell’affidato".

1 commenti:

Maria Luisa ha detto...

Spero che Maroni non ceda sulla questione della khafala...l'Italia non è uno stato islamico ed ha le proprie leggi,
Rischiamo di vedere arrivare barconi pieni di bimbi abbandonati...